Nelle puntate precedenti: si perde e si ritrova il manoscritto in corso dell'ultimo romanzaccio seriale di Teo Marlo, ma quello che lo scrittore non sa, è che il suo eroe, il Capitano Giona Missing, sta riscrivendo il proprio destino.
Franca Rovigatti
EXULTET
Il ritorno a casa fu un
trionfo, il Magnificat, l'Exultet. Mongo sembrò a Teo il Paradiso: i
rari passanti, cherubini e serafini. Tutto il percorso fu scandito
dalla esultante affabulazione di Teo, che ormai ruscellava senza più
argini, invadendo i marciapiedi, inondando i lastricati, risalendo
scale e clivi.
"Benedett'uomo,
Capitano! Fu solo un sogno, o è vero che tu m'hai chiamato?! Sì,
sì, è vero! E io ti ho ritrovato, libro mio, mia salvezza, amato
scritto, che riscatterai la grama esistenza di Teo Marlo... Ah, su di
te, mio Capitano, lo giuro: d'ora in poi vedrai che storie! Spingerò
i pensieri fino in fondo... Lo so, l’ho sempre saputo che devono
volare, partire dal loro primo fiato e andare liberi dove gli piace,
seguendo il proprio istinto... Lo so, finora ho sussurrato solo
pensierini stenti, rachitici, asmatici, cachettici... Se non la
smetto, mi sa che un giorno o l'altro ci resto secco pure io, di
questa ritenzione e stipsi... Devo imparare da te, mio Capitano!
Generosità, ci vuole! Cuore, fegato, coraggio, nervi saldi..."
Teo s'ubriacava.
Gesticolava, parlava forte, ansimando nelle salite.
Giunto al Basso, salendo
i quattro piani, aprendo l'uscio, Teo cantava a gola spiegata parole
in libertà sull'aria di "Là ci darem la mano". Entrò in
casa facendo giravolte, le mani sudaticce strette alla cartellina
come fosse un salvagente. Inciampò sul comodino che da anni
stazionava temporaneamente in corridoio, cadde sul linoleum sudicio
ridendo, nonostante lo stinco gli guaisse.
Si buttò nello studio.
Sedette alla scrivania, accese la vecchia lampada ministeriale e si
dispose a leggere.
Sfogliò il primo
capitolo (quello scorrendo le cui pagine la sera prima Zeitmerde
aveva detto: "Hai rivisto anche questi?").
Non c'era dubbio, era
riscritto, con lo stesso piglio ardito di nove e dieci, i capitoli
che gli avevano rivelato la sua bravura. Andò avanti, lesse il
secondo. Trasecolava, nel vedere come il suo personaggio, Giona,
fosse, in quelle pagine, diventato una persona. Si innamorò di Gea.
Era colmo di miracolata gratitudine per se stesso. Così, esultante,
passò al terzo capitolo.
E quella fu una frenata
brusca. Un colpo. Mollò di botto, come se si fosse scottato il
cervello. Il confronto rendeva insopportabile lo stile.
Vabbè, calma! Tranquillo
Teo, si disse. Vuol dire che qui non ci sono ancora arrivato, a
riscrivere. Che c’è di così terribile?
Su dieci, cinque capitoli
erano buoni. E cinque da rifare.
Messa così in cifre,
nella serale discesa di adrenalina, la situazione gli apparve meno
allegra.. Si sentì (vecchia, nota sensazione!) impotente, infelice,
incapace. Le vecchie, note sensazioni (e anche, a volerla dir tutta,
i postumi della sbornia) lo insonnolivano. Le palpebre si fecero
grevi, la testa gli cadde sulle pagine, proprio sull'incipit del
terzo capitolo, dove la sua quieta scritturina diceva:
‘I Twins svettavano su
Wall Street con rapace, superba alterigia. Giona, mentre a buon passo
ne raggiungeva l'ingresso, promise a se stesso: "Io li
conquisterò!"‘.
Teo dorme. E’ entrato
nel regno della consolazione. I cuccioli di cane, i gattini gli fanno
festa, lo spingono, lo precedono, lo tirano verso il letto in mezzo
alla radura. Il sontuoso baldacchino è sormontato da due coroncine
d'oro intrecciate. Le tende, di un'allegra stoffa a righe e fiori,
serrate fino all'ultimo. Finché Teo non ci viene spinto contro e
allora il sipario si spalanca: dentro il letto giace la sua Bella.
Melograno, susina, fico, acino d'uva, pesca, goccia d'oro, cachi, la
bionda carne nuda sembra traspirare gli umori maturi dei frutti di
tutte le stagioni. Come sempre… Ora Teo se lo ricorda: come sempre,
grazie a dio! La Bella dorme. Teo le si stende accanto, le prende le
mani. Sussurra: "Eccomi, amata, son tornato...". Lei, come
tutte le altre volte che s'erano sognati, apre gli occhi e sorride.
Dice: "Teo, proprio adesso ti stavo sognando". Lo bacia
sospirando, ogni sospiro cancella a Teo il dolore. Se lo prende
dentro lentamente, chiedendogli di durare a lungo, di non uscire mai,
mai più da lei, perché troppo era stato il tempo in cui l'aveva
atteso. I gattini sono saliti sul letto: gli occhi socchiusi, fanno
in coro fusa da diesel. I cagnetti scodinzolano nel sonno.
Affascinato, incredulo,
Giona sbirciava dentro il sogno, non riusciva a staccare gli occhi.
Borbottava tra sé, attento a fare piano:
Allora, è così! Che
sorpresa! Teo è il principe, e c'è la Bella Addormentata, qui, che
lo aspetta nel bosco...
Poi si riscosse,
sentendosi guardone. Beh, pensò, sarà ben ora di rimboccarsi le
maniche, s’è perso fin troppo tempo! Sarà ben ora di rimettersi
al lavoro!
Riscrisse il terzo
capitolo: evitandosi le inutili lividure dei broker, inserendo nel
dialogo con il vecchio computer temi quali la speranza, la curiosità,
il coraggio di lasciare che le idee imbocchino le strade loro
destinate.
Destinate da chi? chiede
il computer.
‘"Da se stesse a
se stesse" risponde Missing "Le idee hanno la loro vita,
del tutto autonoma da chi le pensa. Sono visioni. Pensare in realtà
significa accorgersi che un'idea sta passando: e contemplarla senza
stancarsi, fino in fondo. Il problema è che pochi al mondo lo
fanno..."‘.
In quel momento,
dannazione, squillò il telefono. Teo Marlo, miseria, fu strappato
alle amate braccia.
Singhiozzò: "Pronto".
"DOVE CAZZO SEI
STATO, FANNULLONE, TUTTO QUESTO TEMPO!!?"
Merda, era Giudecca Troni
(sua seconda ex moglie nonché madre delle sue quattro figlie). La
voce era tanto acuta che Teo appoggiò la cornetta (come faceva
sempre quando c’era lei al telefono) sul tavolo, quanto più
lontano lo consentiva il filo. Anche così lo strepito si sparò
nell’aria, insopportabile.
"PARLA, IDIOTA!
PUZZONE! SONO DUE GIORNI CHE TI CERCO! VAGABONDO! LE BIMBE HANNO
BISOGNO DI ABITINI RICAMATI E DI SCARPETTE DI VERNICE!"
A Teo (come sempre quando
lei, purtroppo, telefonava) veniva da piangere. Quelle urla gli
toglievano la vita. Così, invece di rispondere per le rime, mugolò
qualcosa tipo "...avuto molto da fare, Giudecca...".
Ma la voce non concedeva
tregua: "COGLIONE! NON CE L'HAI LA LINGUA?! PARLA, IDIOTA!"
Il Capitano, furente,
soffiò un po' di rabbia nelle orecchie a Teo Marlo. Che cominciò ad
urlare.
Urlò: "VACCA SCEMA,
TACI! CICCIONA TROIA! CERVELLO DI PULCE ZECCOSA! NON TI PERMETTERE
MAI PIU’! TI AMMAZZO, CAPITO!? TI FACCIO FUORI! BUCO QUEL TUO
PANCIONE SCHIFOSO! TIRO FUORI UNO PER UNO TUTTI I TUOI MERDOSI
INTESTINI! CHIARO?!”
E sbatté giù la
cornetta.
La suoneria riprese
subito a strillare, ma Teo staccò la spina del telefono.
E poi, lui che non
sorrideva mai, sorrise.
Sorrise. E Giona vide
come sarebbe stato solo che, al momento giusto, qualcuno l’avesse
amato. Bello, sarebbe stato. Perché, nascendo, il suo cuore era
stato dotato della possibilità di essere felice, cosa che non a
tutti è concessa. Solo che, almeno un poco, la felicità va
coltivata. Allora (tanto e tanto tempo prima) ci sarebbe voluta una
madre, per esempio, che qualche volta fosse stata contenta di tenerlo
in braccio, che almeno una volta ogni tanto l'avesse trovato bello.
Bello come era ora, che
sorrideva.
Libero.
Libero, pensava di se
stesso Teo. Posso essere libero da lei, Oscena Voce che mi
perseguita, vacca avida e cretina. Non devo proprio nulla a quella
troia!
Sospirò di sollievo. Si
fece un buon caffé.
Era sceso il buio, un
vento leggero entrava dalla finestra. Teo Marlo pensò che sì, ora
poteva riprendere a lavorare con animo leggero.
Mise gli occhi
sull'inizio del quarto capitolo, e trasecolò. Ancora! Pazzesco!
Attaccò a leggere:
‘La mattina era grigia,
ripida. Il vento attraversava le strade di Manhattan con piglio
veloce e regale, spazzava gelido i suoi possedimenti. Giona procedeva
a spalle curve, rabbrividendo, e chiedendosi da dove mai venisse
quell'aria, per essere tanto erta e infuriata, dove volesse andare,
per muoversi così in fretta. Vento artico, che s'era congelato nel
cielo di Groenlandia, che correva al Messico, attratto dal calore
latino... Sciocchezze. Ma l'idea di respirare un'aria viaggiatrice lo
mise di buon umore. Così, quando entrò nella sede della Compu
Associated Ltd., la testa era leggera, vagamente ilare.’
Altro che: "Io li
conquisterò!"! Proprio altra aria!
E' perché le pensa il
Capitano, per lui le parole hanno davvero senso: si disse piano Teo,
senza rendersi conto di quanto fosse vero quel che si diceva.
Poeta, artista visiva, organizzatrice culturale, Franca Rovigatti ha fondato nel 1997 il festival RomaPoesia e nello stesso anno ha pubblicato per Sottotraccia il "romanzo di viaggio immaginario" Afàsia.
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