domenica 29 dicembre 2013

L'incipit della domenica, Il misantropo

Il misantropo, la sconfitta totale, irrimediabile, della purezza e della coerenza oltre ogni compromesso. Una sconfitta letteraria celeberrima che si aggiunge a quelle di altri eroi che si compiacciono del cocciuto e incomprensibile (agli altri) piacere di non recedere: a costo della propria disfatta; come il napoleonico Gabriel Feraud de I duellanti di Joseph Conrad; il nichilista Bazarov in Padri e figli di Turgenev; Michael Kohlhaas nell'omonimo racconto di Heinrich von Kleist; e l'impassibile Takeshi Kitano nel film, da lui diretto, Sonatine. 

Molière

ATTO PRIMO

Scena I

Filinte, Alceste.

FILINTE
Cosa c'è? Che vi prende?

ALCESTE
Lasciatemi, vi prego.

FILINTE
Volete dirmi, insomma, quale bizzarro umore ...

ALCESTE
Lasciatemi, vi dico, non voglio più vedervi.

FILINTE
La gente la si ascolta, e senza risentirsi.

ALCESTE
Io voglio risentirmi, e non voglio ascoltare.

FILINTE
Non so capire i vostri malumori improvvisi.
Anche se siamo amici, io stesso per il primo...

ALCESTE
Io vostro amico? Prego, toglietemi dal mazzo.
Invero, ho ritenuto d'esserlo fino ad oggi;
Ma dopo quel che or ora mi avete palesato,
Vi dico chiaro e tondo che non lo sono più.
Non voglio avere posto in un cuore corrotto.

FILINTE
Ho dunque, Alceste, colpe tanto grandi per voi?

ALCESTE
Avreste già dovuto morire di vergogna;
Un atto come il vostro non merita perdono,
Fa inorridire affatto ogni uomo d'onore
Io vi vedo colmare un uomo di carezze,
Testimoniargli ancora un infinito affetto;
Con mille attestazioni, giuramenti, promesse,
Esaltate il furore delle vostre espansioni;
E quando vi domando chi è mai quelle persona
Appena mi potete dire come si chiama;
L'entusiasmo si spegne quando lo abbandonate
E con me lo trattate con somma indifferenza.
Questo è indegno, perbacco! è cosa vile, infame,
Abbassarsi a tal segno da tradir la sua fede;
Se avessi per disgrazia fatto la stessa cosa,
Andrei per il rimorso a impiccarmi all'istante.


FILINTE
Non mi pare un frangente degno di impiccagione,
E vorrei supplicarvi di avere per gradito
Ch'io faccia un po' di grazia alla vostra sentenza,
E col vostro permesso non corra ad impiccarmi

ALCESTE
Con che cattivo gusto vi mettete a scherzare!

FILINTE
Andiamo! Seriamente, che volete che faccia?

ALCESTE
Che da uomo d'onore siate sempre sincero,
Né diciate parola che non venga dal cuore.

FILINTE
Quando un uomo con gioia mi viene ad abbracciare,
Lo devo ripagare con la stessa moneta;
Rispondo come posso a tutte le premure;
Rendo grazia per grazia, promessa per promessa.

ALCESTE
Non posso sopportare le pavide maniere
Che ostenta la gran parte della gente alla moda;
Nulla v'è ch'io detesti come le contorsioni
Di quegli eccezionali inventori d'inchini,
Porgitori garbati di frivole carezze,
Cortesi dicitori d'inutili parole,
Che fanno ostentazione di civiltà con tutti
E trattano ad un modo l'uomo serio e il melenso.
Qual profitto si ha mai che un uomo vi festeggi,
Vi giuri fede, stima, zelo, affetto, amicizia,
E componga di voi un elogio stupendo,
Quando al primo facchino dice le stesse cose?
No, no, non c'è davvero anima un po' per bene
Che consenta a una stima così prostituita;
Per gloria che ne abbiate, è un regalo da poco,
E poi vi si confonde con l'universo intero.
La stima ha fondamento su qualche preferenza
E stimar tutti è come non stimare nessuno.
No, se ai vizi del tempo così vi abbandonate,
Del mio mondo, perbacco! non farete mai parte.
Io rifiuto di un cuore l'estrema compiacenza
Che al merito non pone differenze di sorta.
Voglio mi si distingua; e parliamoci chiaro,
Non fa per me chi ama tutto il genere umano.

FILINTE
Ma in società vivendo, bisogna pure usare
Qualche buona maniera che il costume richiede.

ALCESTE
No, vi dico, e dovremmo senza pietà punire
Colui che fa commercio d'una finta amicizia.
Voglio che l'uomo sia uomo, che in ogni incontro
Nei discorsi egli mostri fino in fondo il suo cuore,
E sia questo a parlare, e i nostri sentimenti
Non vengano nascosti da complimenti vani.

…..

FILINTE
Volete proprio male alla natura umana!

ALCESTE
Per essa ho concepito un odio spaventoso.

FILINTE
Questa vostra avversione si estende a tutti quanti
I poveri mortali senza alcuna eccezione?
Ci sarà pur qualcuno nel tempo in cui viviamo ...

ALCESTE
No, no, non c'è nessuno, odio gli uomini tutti:
Gli uni perché malvagi e di cattive azioni;
Gli altri perché ai malvagi mostrano compiacenza,
E non hanno per essi quell'odio vigoroso
Che il male deve sempre destare negli onesti.
Di tale compiacenza si vedono gli estremi
In quello scellerato col quale sono in causa:
Sotto la superficie si scorge l'imbroglione;
Dovunque è conosciuto per quello che può essere,
E i suoi sguardi imploranti, quel suo tono dolciastro,
Convincono soltanto chi è nato in altri luoghi.
Si sa che quel cialtrone, che merita la gogna,
Si è sempre fatto strada con azioni nefande,
E che la sua fortuna, di splendore ammantata,
Al merito fa torto e la virtù arrossire.
Gli si danno dovunque titoli vergognosi,
E nessuno in lui vede una traccia d'onore;
Lo puoi chiamare scaltro, infame, scellerato,
Tutti sono d'accordo, nessuno contraddice;
Eppure quel suo ceffo è ovunque bene accetto,
Riceve dei sorrisi, s'insinua in ogni dove,
E se c'è da brigare per avere qualcosa
T'accorgi che ha la meglio su ogni galantuomo.
Accidenti! è davvero un insulto mortale
Vedere che col male si osservano riguardi,
E talvolta mi prende sùbita tentazione


Di fuggir nel deserto ogni contatto umano.

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