G. Luca Chiovelli
A
volte, in contesti inaspettati, si scoprono documenti sociologici di primaria
importanza.
Uno d’essi, che qualche cinefilo già conoscerà - una filastrocca
disillusa e lunare recitata davanti al manifesto di un incolpevole Berlinguer truccato da
indiano metropolitano - compare in Maledetti
vi amerò (1980), primo film di Marco Tullio Giordana.
Eccone il testo integrale (i nomi diranno ancora qualcosa a qualcuno):
“…
Perché quello che conta sono le definizioni:
Di
Vittorio è di sinistra, quindi su questo non ci piove
Lama,
invece, è di destra ... con quella pipa ...
Enrico
coi segni di guerra è come Carlo Marx che legge Hölderlin
Pecchioli
è di destra
Trombadori,
eh beh Trombadori è meglio che non ne parliamo
Terracini
invece è di sinistra, come il té, il riso integrale e la cucina macrobiotica
Il
caffè invece è di destra, anche il bagno con la vasca è di destra
La
doccia, invece, è di sinistra
Il
Portogallo è di sinistra, insieme alle isole greche, al Marocco e
all'Afghanistan
Vienna,
Venezia e Praga sono di destra
Visconti
era di sinistra, e Pasolini, invece, prima di morire, a quanto mi si dice, era
un irrazionale populista di destra, poi, dopo morto, è diventato un compagno
della Madonna, eh ...
L'erotismo
è di sinistra, la pornografia è di destra
Anche
la penetrazione è di destra mentre i preliminari, invece, sono di sinistra tranne
che per il pompino che, invece, è di destra
La
norma è di destra, la follia di sinistra
L'eterosessualità
è di destra, l'omosessualità, invece, ha un profondo valore trasgressivo,
quindi è di sinistra
Marocchino,
afgano, erba e fungaia varia sono di sinistra, mentre anfetamine, ero e cocaloide,
beh, sono robe da fascisti, eh ...
In
quanto a Nietzsche è stato rivalutato, cioè adesso è di sinistra Marx è di
destra ... Orco due, compagni, non facciamo casino, ah!
Bisaglia
è di destra, Basaglia è di sinistra ... Cosa vuol dire una vocale ...”
Maledetti vi amerò è il miglior film sul
declino della sinistra storica alla fine dei Settanta. Riccardo ‘Svitol’, il
protagonista (interpretato da un Flavio Bucci da Palma d'Oro), rientra a Milano
dopo una latitanza di sei anni.
L'aria
che ritrova è quella della smobilitazione politica e del disimpegno. Si
preparano tempi nuovi. I nostri. Quelli che viviamo ancor adesso, in
putrefazione. Nell'Italia alle soglie del simbolico 1980 egli intravede solo
ruderi ideologici: di uomini, pensieri, azioni.
Si
ritrova solo. I compagni sono in fuga, Chi è morto, chi si droga, chi si vende.
Svitol ha il rilievo di un samurai senza padrone, di un ronin.
L'unico
suo contraltare è un altro ronin, un Commissario di Polizia. Anch'egli senza
patria.
Entrambi
comprendono d'essere reduci da una partita truccata in cui chi ha prestato fede
è stato sconfitto.
A
un certo punto della pellicola Svitol legge il commento all'esagramma 12 dell'I
Ching, Il ristagno:
“Quando nella vita
pubblica regna reciproca diffidenza in seguito alla influenza esercitata dagli
ignobili, ogni operare fecondo diventa impossibile, perché il fondamento è
sbagliato. Perciò il nobile sa che cosa deve fare in simili circostanze. Non si
lascia sedurre da brillanti offerte a prender parte ad opere pubbliche, il che
per lui sarebbe soltanto pericoloso, visto che egli è incapace di partecipare
alla bassezza degli altri. Perciò nasconde i suoi pregi e si ritira in
segretezza”
Per
l'ex combattente politico Svitol ecco un'alternativa. Ritirarsi, restare
nell'ombra, non muoversi, come il finto condottiero Kagemusha. Ma Svitol è coerente:
egli dice: ho vissuto da soldato senza paga, e ora sento che è meglio esser qualcosa, sia pure
uno stereotipo, che non essere niente. E, nel finale, durissimo, egli si
riappropria del proprio ruolo, a fronte del nemico che il potere (quello vero) gli ha precostituito, ovvero il Commissario, altro pedone
sconfitto e ingannato, il solo che Svitol consideri suo pari.
Maledetti vi amerò è l’inventario, gonfio di mestizia, d'una resa epocale.
Un
mezzo capolavoro.
In tempi di confusione, e
di elezioni da disonorare, sarebbe bene rimeditarlo.
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