domenica 15 dicembre 2013

mvl Cinema: Blue Jasmine, due fragili sorelle sotto la lente di Woody Allen

Blue Jasmine
Regia e sceneggiatura: Woody Allen
Interpreti: Cate Blanchett, Sally Hawkins, Alec Baldwin

 

Patrizia Vincenzoni
Woody Allen torna a fare cinema come ci aveva abituato, a proporre ritratti umani tratteggiati con capacità, profonda, d'analisi e ironia amara, riuscendo a far emergere anche il lato tragico che li caratterizza.
L'ultimo film ruota attorno alla storia di una donna, Jasmine: nella scena iniziale è in aereo e sta andando da New York a San Francisco. E' impegnata a raccontare in modo compulsivo parte della sua vita a una sconosciuta seduta accanto, ma il suo è un parlare a vuoto, rivolto solo a sé stessa, come sottolinea lo sgomento dell'altra. 
Jasmine (Cate Blanchett), il cui vero nome è Jannette, ha deciso di cambiare città, ospite della sorella Ginger (Sally Hawkins), dopo che il tracollo finanziario del marito Hal (Alec Baldwin) e la scoperta dei suoi tradimenti l'hanno investita in tutta la loro devastazione economica e psicologica.
L'aspettativa di cambiamento legata al trasferimento verso occidente resta comunque avviluppata al suo bisogno di non cambiare nulla, in realtà: Jasmine è troppo calata nel suo personaggio e questa identificazione la rende vulnerabile e incapace di dismettere i panni della donna viziata e ricca, unica condizione attraverso la quale sente di potere recuperare la propria realizzazione. In tal senso, anche gli abiti e gli accessori che indossa (la giacca Chanel le sta attaccata addosso come una seconda pelle) appaiono come reliquie di un glorioso passato dal quale non vuole abdicare. Gli psicofarmaci, che assume in modalità sregolata, non riescono più a tamponare le continue crisi d'ansia e dissociative che si susseguono, e che trovano nei flashback a cui fa ricorso una memoria che alimenta ulteriormente la sua vulnerabilità psichica.
Al ritratto di Jeannette/Jasmine si affianca quello di un'altra donna, la sorella Ginger, anche lei adottata, altra presenza femminile caratterizzata da fragilità e insicurezza, ma in modi totalmente diversi e, nel suo caso, esibite e diventate cardini dai quali muove la sua ricerca di un rapporto rassicurante con gli uomini. Ginger sembra votata a quello che ha sempre pensato essere il suo destino, in quanto meno dotata dell'altra: aspirazioni personali pressoché nulle, un'adesione forte e inconsapevole a quello che è il suo personaggio di donna “volgarotta”, condizionabile, rinchiusa e quasi protetta da questa grossolanità. La convivenza delle due è contrassegnata dalla distanza emotiva di sempre e dall'atteggiamento critico di Jasmine verso Ginger e i suoi partner. Per ambedue, gli uomini con cui hanno a che fare, mariti e non, hanno in comune l'incapacità di comprenderle, condividono - da posizioni diverse - una mediocrità che si configura in diversi modi e situazioni.  Il suo bisogno di restare nella finzione, intesa come dimensione identitaria, induce Jasmine a mentire rispetto al suo recente passato a Dwight, un uomo danaroso, vedovo, che incontra a una festa e con il quale sta per contrarre quello che si dice un 'buon' matrimonio, occasione che non si realizzerà. La scena finale ci restituisce l'immagine di Jasmine  lasciata sola e senza nessun appoggio da parte di alcuno, isolata e immersa in  una disperazione che, forse, è senza ritorno.

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