venerdì 27 dicembre 2013

Caro Michele, ci sono sdraiati e sdraiati

G. Luca Chiovelli

Ci sono libri
Ci sono libri scritti male, libri inutili, libri irritanti, libri che non centrano il bersaglio, libri consolatori, asessuati, libri che si formano con la schiuma delle onde del consenso universale, di quella Zeitgeist che, pur immateriale, imbeve ogni cosa e atto del vivere.
Gli sdraiati, storia della relazione fra l'autore e il figlio, giovane neghittoso del ventunesimo secolo, si tiene miracolosamente in equilibrio su un crinale grazie a una maestria da equilibrista derviscio: riesce, infatti, a essere tutto questo, contemporaneamente: inutile, irritante, fuori tempo massimo, consolatorio, asessuato; e pure declinato secondo quella neolingua perbenista che tiene insieme, come una sorta di gotico internazionale, tutti gli scrittori responsabili e innocui: quelli appartenenti alla massoneria del potere occidentale.
Lettura del libro
Mi ha assorbito, giovedì 26 dicembre, in due battute: dalle ore 01.13 alle ore 02.04; dalle ore 04.22 alle ore 04.37.
Tema
L'autore si lagna, per 115 pagine su 116, del comportamento del figlio diciottenne. Il tardo adolescente vive il tempo liquido del capitalismo attuale (“Tutto rimane acceso, niente spento. Tutto aperto, niente chiuso. Tutto iniziato, niente concluso”), un'esistenza interconnessa, mai definita, privi di appigli ideologici; sciatto nella persona, trascurato nell'igiene casalinga, indifferente al passato e alla natura, lasco negli amori, ghiotto di high tech, cartoni animati e mode idiote, irriducibile a qualsiasi ordine sociale maturato negli ultimi secoli dell'umanità, amorfo; né felice né infelice. Papà Serra, per centoquindici pagine, si dispera quietamente e gli oppone ideologicamente le proprie madelaines (“Ai miei tempi caro mio ...”) e alcune goffe elucubrazioni mentali: addirittura una distopia in cui lui, Serra, si veste dei panni di Brenno Alzheimer, immaginifico duca dell'esercito dei Vecchi contrapposto a quello dei Giovani, in una incombente e inevitabile Guerra Finale e Totale.


Il demi-monde di Michele Serra
L’autore vanta una biografia sonnacchiosa: frequenta Veltroni, Fassino, D'Alema, i tre principali liquidatori della politica di sinistra, più che del grande partito della sinistra italiana; d'altra parte lui non è da meno: diverrà famoso per le scempiaggini dell'inserto satirico Cuore (un cascame delle sciocche ribalderie del Movimento del '77), sintomo evidente e causa non secondaria della liquidazione ideologica del fu giornale di Antonio Gramsci.
Innocuo già allora, Serra si concederà un unico atto sovversivo: nei primi anni Novanta, davanti a Fassino, prende la tessera del Partito Radicale (allora la doppia tessera era proibita). Pannella, Fassino: dev'esserci voluto un coraggio da leone. Dopo questa bruciante sortita lo spirto guerrier del Nostro s'attenua di molto; inizia a discettare di varia umanità sulla comatosa Unità, su La Repubblica, su Epoca, su L'Espresso. Scrive per la televisione e il teatro; sciorina sceneggiature, libri; collabora a DVD. Celentano, Gaber, Bisio, Fazio. Dal 1990 la tombola: si insedia, prepotente, nella vita economica e poi politica dell’Italia, un mediocre tycoon milanese: il Girolimoni della destra gli assicura una serie ventennale di facezie, scandali, articoli, sbeffeggiamenti, indignazioni. Un contratto d'occupazione a tempo quasi indeterminato, una maniera comodissima di continuare le piccinerie satiriche di Cuore con aspirazioni, stavolta, da cittadino preoccupato, responsabile, borghese, montanelliano, quasi da padre della patria. Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare; scrivere di Berlusconi o delle espettorazioni di Bossi è sempre meglio che occuparsi delle rogne della realtà, id est della marcescenza cancrenosa e inarrestabile dell'Italia; oppure del serpente maledetto che, sottopelle, agita la superficie degli eventi universali. Quelli importanti; quelli veri.
Borghese di sinistra
Michele Serra è un borghese di sinistra: lo dice, testualmente, nel librino in esame: “Io sono un borghese di sinistra”. O si sbaglia o mente. Diciamo che si sbaglia: borghesi lo siamo tutti: basta avere l'IBAN. Di sinistra: qui iniziano i guai. Le sfumature della sinistra: sinistra goliardica, sinistra barricadera, sinistra di lotta, sinistra pensosa, sinistra filosofica: numerose nuances o variazioni di tono: tutte però ricomprese nella categoria dell'impegno innocuo, della carineria intellettuale. I filosofi, i vignettisti, gli attori televisivi, i cineasti, I presenzialisti, gli scrittorucoli, i deputati.
Tutti garbati. Ingabbiati dalla correttezza. Immemori. Vaselineggianti. Di sinistra controllata. DOC.
Fra loro Michele Serra: un goliarda che, cogli anni, si è fatto pensoso, ma non troppo. Diciamo che è invecchiato.
Struttura del libro
Episodi di vita quotidiana, lievi arrabbiature, aneddotica varia.
Parecchi capitoli sono chiusi da un refrain/invito: caro figlio, vieni con me in escursione a Colle della Nasca, a godere della Natura, a verificare la compatibilità dei nostri cuori, noi due, padre e figlio, viaggiatori spirituali, al cospetto dell'immensa bellezza del Creato, solo noi, io che sto col vecchio ordine e tu, invece, liquida epitome del tempo attuale et cetera et cetera.
A metà circa del libretto Serra inchioda, inoltre, una insopportabile distopia in cui, come detto, immagina una guerra del futuro fra giovani e vecchi: lui è il comandante dei vecchi, Brenno Alzheimer.
Brenno Alzheimer. Capito? Minchia, che risate.
È il nadir del libro, se fosse possibile un nadir in assenza di zenit.
La prosa
Peccato. Michele Serra possiede qualità letterarie superiori alla media. Avrebbe potuto maturare uno stile. Personale, proprio. Purtroppo - questa l'amara legge - nessuno stile matura e si concreta se la propria vita scorre nel senso voluto dalla corrente. E Serra Michele non ha l'istinto dei salmoni; scivola via, gramellinianamente, a favore di flusso. Il tono cerca sempre di salire: egli, in fondo, prova un’acuta nostalgia per i padri nobili del Novecento: Calvino, Gadda, Pasolini, Moravia, Savinio; sospetto ch'egli rechi in sé anche la vergogna della colpa: quella di non essere all'altezza di cotanti modelli; ma la gravezza della propria formazione teppisticamente giocherellona brucia qualsiasi anelito all'altezza e capitombola la scrittura giù verso l'incedere d'una compiacente fecalità narrativa. Esempi? Eccone due: "Quante volte invece di mandarti a fare in culo avrei dovuto darti una carezza. Quante volte ti ho dato una carezza e invece avrei dovuto mandarti a fare in culo"; oppure, valutando la ragazza del figlio: "Compatibilmente con il tatuaggio da calciatore sulla spalla destra e la pettinatura da attinia, e piuttosto carina". E via esilarando.
Non è neanche colpa sua. È questione di pathos. E il pathos si forma consacrandosi totalmente a certi autori. A certe istanze. Senza compromessi.
I compromessi, però, sono il pane del postmoderno. E così sia.
Serra, Carlo Conti, Massimo Giletti e la Littizzetto appartengono alla stessa legione. Non a caso suggono insieme il nettare radiotelevisivo nazionale, quello, insomma, ricapitalizzato ogni anno dalle leggi di stabilità e dal centone e passa sganciato dai mammalucchi come me.
Sguardo antropologico
Quello di un ronzino coi paraocchi. Alle soglie del 2014, all'acme di una guerra ideologica che sta travolgendo centinaia di milioni di persone, Serra ancora crede che lo scontro sia generazionale. Adolescenti apatici son sempre esistiti: Moravia scrisse Gli indifferenti, Svevo impostò la propria poetica su uno schiaffo paterno dato al figlio incapace. E Hanno Buddenbrook?
Eppure il Nostro, in alcune righe, va vicino alla rivelazione: “[Come se] qualche radicale cambiamento nell'assetto neuronale avesse prodotto ... una separazione definitiva tra il passato e il futuro degli umani … Ora ho il sentore - il sospetto? Il terrore?- di una mutazione così radicale che, difficilmente, potremo riconoscerci, un giorno, tu e io, nello stesso piacere …”.
Una mutazione radicale, ben detto; quella turbocapitalista, che si basa ancora sullo sfruttamento e che ora, dopo averci regalato trent’anni da Lucignolo, si prepara al redde rationem.
Ma Serra lascia cadere l’intuizione.
Lo scontro, infatti, come sempre, è fra alto e basso (stavo per dire fra ricco e povero). Invece Serra e i suoi sodali, ormai liberi dai bisogni materiali per merito dei padri dei padri, ha barattato tale stella polare, l'ingiustizia sociale, con quella dei diritti civili. Difendo il tuo diritto (di minoranza, di parola, di espressione), quindi sono di sinistra. Ma non è così. Per una ragione semplice: perché di tali diritti si è da tempo impossessato il capitalismo liberista e difenderli ora significa difendere il capitalismo, la finanza, la way of life intravista e detestata proprio nei comportamenti filiali. Democrazia e plutocrazia coincidono. Aggressione e capitalismo anche. Destra e sinistra pure. Sulle guerre di Bush sono tutti bravi a starnazzare, ma il via libera della guerra in Kossovo venne da chi diede via libera a Cuore.
Per questo Gli sdraiati spara a salve. Di cosa si lamenta l’autore se l’autore è complice? Suo figlio non è un alieno; solo un Golem partorito dalla negligenza e dall’insipienza politica del pensiero debole della sinistra (debole? Debolissimo, sfiancato, svaporato).
Per questo la sinistra, questa che conosciamo oggi, è morta e sepolta. E si prepara a essere soppiantata, nelle rivendicazioni sociali, dal populismo e dal fascismo. Alto-basso, altro che destra e sinistra. Si è mai chiesto, Serra, perché il PCI fosse così alieno dal democraticismo? Perché andasse pochissimo d'accordo col sinistro filoamericano Pannella Giacinto? Pertini era di sinistra? E Robespierre? Pancho Villa? Tupac Amaru? Albert Schweitzer? Tutti obamiani?
De consolatione Serrae
Il finale del libro è conseguente al suo sguardo antropologico di respiro cortissimo. Alla fine il papà convince il figlio a seguirlo nell'escursione a Colle di Nasca, simbolo del vecchio ordine e dell'incomunicabilità intergenerazionale. Una sorta di petrarchesca e spirituale ascesa al Monte Ventoso. All'inizio il giovine annaspa scoglionato, coi suoi pantaloni a vita bassa e le scarpe sformate da rapper losangelino, poi, miracolo! Supera persino il padre e arriva entusiasta e sorridente alla vetta. “Sono quiiiii! Papààààà!” grida il marmocchio degenere. E l’inconsolabile matusa: “Eri troppo lontano perché potessi vederti in
faccia, ma so che sorridevi … Finalmente potevo diventare vecchio”. Ah, sì? Manca solo Tom Hanks e le gnagnera strappacuore, ma virile, di Bruce Springsteen in sottofondo. Centoquindici pagine in cui si relaziona lo sfascio generazionale e poi la chiusa improvvisa e diabetica da telefilmetto americano (quelli che Serra denigrava alcune pagine poc'anzi: “serie da acronimo tipo Pi En Iu o Ai Ti Si o Uai En Ti”).
Carinerie da IBAN solido
Il fatto è che Serra, e quasi tutti i suoi sodali e utenti, non soffrono. Stanno bene. Bisogna soffrire, non c'è dubbio. Non solo i rovesci della fortuna, inevitabili, ma, empaticamente, l'universale condizione umana e quella, terribile, degli ultimi. Questo il filtro doloroso che forgia l'acciaio della prosa, mica le scuole di scrittura.
Gli sdraiati veri
Vieni, caro Michele. Ti porto a fare un giro. Ti faccio vedere altri sdraiati. Uno eccolo qua: guardalo prima che la foto scompaia nel flusso web. Uno sdraiato,di quelli veri, uno dei tanti. Disoccupato o inoccupato. Un lavoricchio a centinaia di chilometri da casa per poche centinaia di euro. Un euro a chilometro. Qualche giorno prima erano passati a chiedergli i soldi della tariffa dei rifiuti e lui aveva risposto che non li aveva i soldi dell’imposta; anzi, perché pagarla? I rifiuti, lui, manco li produceva. Dopo, solo dopo, gli hanno trovato nel cestino qualche buccia di mandarino, unico pasto e unico rifiuto di tre giorni di vita. Chissà cosa è successo in quei tre giorni, prima che egli decidesse per la sorte più benigna. Qui, caro Michele, c'è una guerra, e non è il conflitto tra giovani bisunti e vecchi tradizionalisti nostalgici: inesistente; e neanche quella tra chi nega diritti civili e chi li reclama. La guerra è sempre la stessa, ma a te piace perdere tempo. C'erano più diritti in Afghanistan dieci anni fa oppure adesso? Aveva più diritti mio nonno nei suoi campi più di mezzo secolo fa o un lavoratore dei cessi degli aeroporti con regolare contratto sancito dalle leggi del centrosinistra e vagliato dai sindacalisti di punta della nazione? Rifletti. Prenditi tutto il tempo che vuoi per la risposta.
Vieni via con me
Lascia stare le piccinerie. Gli adolescenti apatici ... Qui c'é altro in ballo ... Una guerra implacabile per stringerci in un eterno presente (quello che vive tuo figlio), in cui ogni rivendicazione fallisce perché la storia è, di fatto, finita. E se la storia finisce, la lotta tra il bene e il male si riduce al bene e al male che hanno deciso loro. Riesci a capire? Esistono sulla terra individui che hanno il PIL di intere nazioni e decine di milioni di sdraiati, identici a quello della foto. E a nessuno parrà vergognoso tutto questo, e nemmeno strano e sospetto, perché la storia è finita, il passato abolito, i sentimenti scaduti in mediazioni sentimentaliste in cui l'inaccettabile diviene accettabile.
E tutti, tuo figlio e, inconsciamente, pure tu, trovate questo naturale.
Oppure non ve ne curate. Persi nei problemini psicosociali da tinello alla periferia del Basso Impero.
Vi pare naturale, in fondo, che un tizio abbia più soldi dell'Algeria o della Birmania e che qualcuno, invece, non abbia più neanche il controllo della propria vita.
Ti sembra naturale, Michele mio, altrimenti non scriveresti sciocchezze da strenna/regalo come queste.
Te lo dico io che sono desossiribonucleicamente di sinistra.
Capisci cos'è la sinistra? Cos'è l'inganno democratico?
Capisci, Michele, figlio mio? La vita di un uomo è un abisso. E nessun uomo, per quanto valoroso, vale il doppio di un altro. Forse sì, ma molto raramente. Figuriamoci milioni di volte di più. Nessuno merita di avere tanto, nessuno demerita tanto da non avere niente. Alto, basso, destra, sinistra.
Capisci, caro Michele, figlio mio? Non vedi l'ingiustizia? Figlio mio, tu non mi capisci. Io sono vecchio, molto vecchio, vecchio come le pietre, perché a me le pietre parlano, e gli alberi e le spade sussurrano cose terribili. Lascia tutto e seguimi. Ci sono tanti servi della gleba da liberare. Ripudia queste sciocchezze. Studia, vivi, soffri, immergiti nella melma della realtà. Fuggi dalla televisione, dai giornali, dalle case editrici. Olia i percussori ideologici. Fai trecento flessioni al giorno. Come credi che avrebbero chiamato Guevara oggi? Insurgent. E Brecht? Populista, terrorista. Perché la storia è finita e tutto ciò che vediamo va bene e non deve essere revocato in dubbio. Mai.
Ti dico questo per salvarti. Telefona a Fazio: digli che sei disgustato e tronca il rapporto incestuoso. Poi vai da Scalfari, bestemmia, urla, buttagli i fogli della scrivania in aria, e quindi, davanti all'esterrefatto Mauro, licenziati, e, prima di uscire, ammolla pure uno sganassone a qualcuno della redazione: così, per sfregio. E per tagliare tutti i ponti. Liberati, prima che il mondo vero si liberi di te.
Smetti di oggettivare la vanità, i finti problemi, il ciarpame dell'Impero, le preoccupazioni politiche di un demi-monde sinuoso e bifronte, supponente, venduto, inutile, consustanziale  allo spirito d’una democrazia falsa.
E poi smetti di scrivere.
Tanto tutto ciò che hai scritto è ormai cenere.
Fai una cosa di sinistra.
Vieni nella vita vera, fra gli sdraiati.

5 commenti:

  1. Quanto livore! tutta questa rabbia, ma siamo proprio sicuri che c'entri con Serra? mah...

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  2. Tenero, struggente, profondo, capace di strappare più di un sorriso anche a chi con gli "sdraiati" a a che fare ogni giorno. Da leggere.

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  3. anche se non sono del tutto d'accordo con la lettera dell'articolo, lo trovo, come anonimo (ma perché è anonimo, che cosa teme?) tenero, struggente, profondo e aggiungerei divertente e anche "disperato". G.L. Chiovelli, perché non lo spedisci a Michele Serra, se non altro per vedere "l'effetto che fa"?

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    1. E' lui che deve venire da noi.
      Questo il succo dell'articolo.
      Altrimenti si preparano brutte cose in Italia, come ho già scritto.

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  4. Pero'! Contenta di leggere un così energico digusto. MasLaura

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