Versioni di Mario Marchiori
Nonna
Ragno ruba il sole (Cherokee)
I Cherokee abitavano la parte sud orientale degli Stati Uniti (Georgia,Carolina, Tennessee). A partire del 1800 furono costretti a emigrare negli stati centrali, fra Missouri e Arkansas.
In
principio c’era soltanto oscurità, e nessuno riusciva a veder qualcosa. Gli
uomini continuavano ad urtarsi l’un l’altro ed a brancolare alla cieca. Essi
dissero:”Ciò che occorre a questo mondo è la luce”.
La
Volpe disse che conosceva certa gente dall’altro lato del mondo che aveva una
grande quantità di luce, ma che era troppo avida per dividerla con gli altri.
L’Opossum disse che sarebbe stato felice di rubarne un po’.”Io ho una coda
folta”, disse.”Posso nascondere la luce dentro tutta quella pelliccia”. Quindi
si avviò verso l’altro lato del mondo. Là trovò il sole appeso ad un albero che
illuminava ogni cosa. Strisciò su sino al sole, prese un pochino di luce e la
stivò nella sua coda. Ma la luce era calda e bruciò tutta la pelliccia. La
gente scoprì il suo furto e si riprese la luce, e per sempre da allora la coda
dell’Opossum fu pelata.
“Lasciatemi
tentare”, disse la Poiana.”Io conosco qualcosa di meglio che nascondere un po’
di luce rubata nella coda. La metterò sulla testa”. Volò all’altro lato del
mondo e, tuffandosi dritta sul sole, afferrò un suo raggio. Se lo mise sulla
testa, ma quello le bruciò le piume. La gente le acchiappò il sole e per sempre
da quel momento la testa della Poiana rimase pelata.
Allora
Nonna Ragno disse:”Lasciatemi tentare!”. Con la creta fece innanzitutto una
pentola ben spessa. Poi filò una ragnatela sino a raggiungere per tutto il
tragitto l’altro lato del mondo. Era così piccola che nessun individuo tra
quella gente notò il suo arrivo. Velocemente Nonna Ragno raccolse il sole, lo
mise nel vaso di creta e si arrampicò indietro verso casa lungo un filo della
sua ragnatela. Ora il suo lato del mondo aveva la luce ed ognuno si rallegrava.
Nonna
Ragno portò ai Cherokee non solo il sole, ma con esso anche il fuoco. Ed oltre
a ciò insegnò al popolo dei Cherokee l’arte di fare i vasi.
Il
fratellino prende al laccio il sole (Winnebago)
I Winnebago, della famiglia dei Sioux, vivevano presso il lago omonimo, nel Wisconsin, stato del nord al confine col Canada (da winipig, acqua sporca: Dirty Water Lake). Durante la guerra d'indipendenza si schierarono con gli inglesi. Costretti a continue migrazioni, oggi popolano il Nebraska, in numero di circa mille individui.
All’inizio,
quando la terra era nuova, gli animali erano i capi. Erano più potenti degli
esseri umani, che cacciavano, uccidevano e mangiavano. Alla fine uccisero tutta
la gente ad eccezione di una fanciulla e del suo fratellino, che vivevano in un
nascondiglio. Il fratello era molto piccolo, non più grosso d’un bimbo appena
nato, ma la ragazza era di taglia normale. Poiché lei era molto più grande, si
prendeva cura di lui e faceva tutti i lavori.
In
un giorno d’inverno la fanciulla dovette andar fuori a raccoglier cibo nei
boschi. Per tener occupato Fratello Minore, gli diede il suo arco e le frecce.”Nasconditi
sino a che non arriva un fringuello bianco”, gli disse.”Aspetta sino a che non
si metta a cercare larve in quell’enorme albero morto. Quindi uccidilo con una
freccia”.
Lei
partì ed il fringuello bianco arrivò, ma le frecce di Fratello Minore lo
mancarono.”Non importa”, disse la sorella quando arrivò a casa.”Provaci ancora
domani”. Il giorno dopo lei andò di nuovo nella foresta. Ancora una volta
l’uccello arrivò, e questa volta la freccia del bimbo lo colpì e lo uccise. Con
orgoglio mostrò l’uccello alla sorella quando ritornò di notte.
“Sorella,
voglio che tu speli il fringuello bianco e stendi la pelle”, disse.”Ucciderò
altri uccelli e quando avremo pelli a sufficienza mi potrai fare un vestito di
piume”.
“Ma
che cosa ne faremo della carne?”domandò la fanciulla. A quel tempo gli esseri
umani mangiavano soltanto bacche ed altri vegetali, perché non cacciavano;
erano gli animali che cacciavano loro.
“Fanne
un brodo”, disse Fratello Minore, che malgrado l’età era intelligente. Ogni
giorno per dieci giorni uccise un fringuello bianco e con le pelli la sorella
gli fece un bel vestito di piume.
“Sorella,
non c’è altra gente in questo mondo?”domandò un giorno.”Siamo i soli?”.
“Potrebbe
essercene dell’altra”, disse lei,”ma non possiamo arrischiarci ad andare a
cercarla. Animali terribili ci inseguirebbero furtivamente e ci ucciderebbero”.
Ma
Fratello Minore era roso dalla curiosità. Così, quando la sorella uscì di nuovo
a raccoglier cibo, si avviò alla ricerca di altri esseri umani. Camminò a lungo
ma non incontrò né gente né animali. Divenne così stanco che si fermò per
riposare in un posto dove il sole aveva sciolto la neve. Mentre stava dormendo,
il sole sorse e colpì Fratello Minore con i suoi raggi ardenti. Svegliatosi, il
fanciullo si accorse che il suo vestito di piume s’era bruciacchiato e gli si
era così attaccato al corpo ch’egli non poteva muoversi. Per liberarsi dovette
strapparlo da ogni lato, rovinandolo.
Agitò
il pugno e gridò:”Sole, lo riavrò! Non pensare d’essere così alto che non possa
prenderti! Mi ascolti lassù?”.
Arrabbiato
e triste, Fratello Minore ritornò a casa. Piangeva mentre raccontava alla
sorella come il sole gli aveva rovinato il vestito di piume. Si coricò sul lato
destro per dieci giorni e si rifiutò di mangiare o bere. Sempre digiunando, si
coricò sul lato sinistro per altri dieci giorni. Dopo venti giorni si alzò e
disse alla sorella di fargli un laccio per prendere il sole. Lei aveva soltanto
del nervo secco di daino non molto lungo, e con quello fece un cappio.”Non
posso prendere il sole con questa piccola cosa”, disse lui.
Così
la fanciulla gli fece una corda con i suoi capelli, ma lui disse:”Questa non è
lunga o forte abbastanza”.
“Allora
dovrò fare un laccio con qualcosa di segreto”, disse lei. Uscì e raccolse molte
cose segrete e le attorcigliò sino a farne una robusta fune. Nel momento in cui
la vide, Fratello Minore disse:”Perfetta!”. Poi per far divenire la fune sempre
più lunga, la inumidì passandola più e più volte tra le labbra.
Allora
Fratello Minore attese sino a metà della notte, quando è più buio. Uscì e trovò
il buco attraverso il quale il sole sarebbe sorto, ed all’entrata sistemò il
suo laccio. Quando alla solita ora il sole spuntò, lui l’afferrò e lo tenne
saldamente e quel giorno non ci fu il giorno. Non ci fu né luce né calore.
Anche
se gli animali avevano ucciso e mangiato la gente, ora essi avevano paura.
Tennero un consiglio di tutti i loro anziani e parlarono a lungo. Alla fine
decisero che il più grosso ed il più terrificante di tutti gli animali dovesse
andare a rosicchiare la fune che teneva il sole per tagliarla. Questo animale
era Ghiro, che non era piccolo com’è oggi, ma grosso come una montagna.
Ciononostante, Ghiro aveva paura del sole.”Quello che volete ch’io faccia è
pericoloso”, disse,”ma tenterò”.
Ghiro
si recò nel luogo dove il sole sorge e lo trovò nel laccio. Divincolandosi per
liberarsi, il sole era divenuto più caldo. Come Ghiro si avvicinò, i peli sul
suo dorso cominciarono a fumare e furono strinati, ma lui si rannicchiò e
cominciò a rodere la fune. Masticò e masticò e dopo molto tempo riuscì a
tagliarla in due.
Finalmente
liberato, il sole sorse all’istante e fece di nuovo brillare ogni cosa. Ma il
calore aveva fatto divenire Ghiro piccolo com’è attualmente, ed i raggi del
sole l’avevano mezzo accecato. Così gli fu dato il nome di Kug-e-been-gwa-kwa,
Donna Cieca.
Benché
il coraggioso Ghiro avesse liberato il sole, ognuno comprese che Fratello
Minore, che aveva preso al laccio il sole, era l’essere più saggio di questo
mondo, e quello con il più grande potere. Da quel tempo gli esseri umani sono
stati i capi degli animali, i cacciatori invece che i cacciati.
Un
tiro giocato alla luna (Snoqualmie)
Tribù che abita la Snoqualmie Valley e Lake Sammamish, presso lo stato di Washington, al confine col Canada e lungo la costa pacifica (da non confondere con Washington DC).
Molto
tempo fa, Snoqualm, o Luna, era il capo dei cieli. Un giorno disse a Ragno:”Fai
una fune di corteccia di cedro e tendila tra la terra e il cielo”.
Ben
presto Volpe e Ghiandaia Blu trovarono la fune e vi si arrampicarono. A notte
inoltrata arrivarono alla parte inferiore del cielo nel luogo dov’era legata.
Ghiandaia Blu volò su un albero e Volpe si ritrovò in un lago. Là si mutò in
Castoro. Luna aveva messo nel lago una trappola, e Castoro rimase preso nella trappola.
Il mattino seguente Luna tirò Castoro fuori dalla trappola, lo spellò, stese la
sua pelle fuori a seccare e gettò il corpo in un angolo della casa ove si
affumicavano le carni.
La
notte seguente Castoro attese sino a quando Luna non fosse addormentata e
russasse profondamente. Quindi si alzò, prese la sua pelle dal posto dov’era
stesa e se la rimise. Mentre Luna stava ancora russando, ispezionò la casa ed
il cielo del mondo.
All’esterno
trovò una grande foresta di abeti, pini e cedri. Ne sradicò alcuni e poi,
usando i suoi poteri di folletto, li rimpicciolì abbastanza da portarli sotto
un braccio. Sotto l’altro braccio mise gli utensili che Luna usava per fare la
luce del giorno. Prese del fuoco da sotto il buco del fumo, mise intorno ad
esso delle ceneri, delle foglie e della corteccia e lo portò in una mano.
Nascosto nella casa di Luna trovò il sole e lo portò via nell’altra mano.
Quindi
Castoro trovò il buco che Ghiandaia Blu aveva fatto, si mutò di nuovo in Volpe
e scese giù sulla terra lungo la fune. Là diede il fuoco alla gente. Dispose
gli alberi. Fece la luce del giorno. Mise il sole al suo posto in modo che
potesse dare luce e calore a tutti. La gente era felice per tutte le cose che
Volpe aveva portato dal cielo.
Nel
frattempo Luna si era svegliata. Quando si accorse che la pelle di castoro era
sparita e che il sole era stato rubato, si arrabbiò molto. Comprese che
qualcuno del popolo della terra le aveva giocato un tiro. Notando delle
impronte intorno alla casa, le seguì sino alla cima della fune che Ragno aveva
fatto.
“Lo
seguirò nel mondo terreno”, pensò Luna.
Ma
come fece per scendere giù, la fune si ruppe. La fune e Luna caddero entrambe
giù su un cumulo e furono trasformate in una montagna.
Oggi
il picco è chiamato Monte Si. La faccia di Snoqualm, Luna, si può ancora vedere
su una delle sue pareti rocciose. Gli alberi che Volpe portò giù dal cielo e
che piantò sono divenute le grandi foreste delle montagne delle Cascate.
I Flathead vivono nel Montana, vicino al confine col Canada, verso la costa pacifica. Il loro nome, teste piatte, gli fu dato dai colonizzatori bianchi che li videro indossare copricapi conici. Il loro vero nome è Salish, "popolo". Dal 1936 i Flathead vivono in una riserva assieme ai Kutenai ed ai Pend d'Oreille.
Un
giorno Coyote stava passeggiando quando incontrò Vecchia Donna, che lo salutò e
gli chiese dove fosse diretto.
“Stavo
soltanto vagabondando a caso”, disse Coyote.
“Faresti
bene a non andare in quella direzione, od incontrerai un gigante che uccide
tutti quanti”.
“Oh,
i giganti non mi fanno paura”, disse Coyote (che non ne aveva mai incontrato
uno).”Io li uccido sempre. Combatterò anche questo e la farò finita con lui”.
“È
più grosso e più vicino di quello che pensi”, disse Vecchia Donna.
“Non
me ne importa”, disse Coyote, pensando in cuor suo che un gigante poteva essere
grosso all’incirca come un alce maschio e concludendo che avrebbe potuto
ucciderne uno facilmente.
Così
Coyote disse addio a Vecchia Donna ed andò avanti, fischiettando un’aria. Sulla
sua strada vide un grosso ramo che era caduto e che somigliava a una clava.
Raccogliendolo, disse tra sé:”Colpirò il gigante sulla testa con questo. È
abbastanza grosso ed abbastanza pesante per ucciderlo”. Proseguì ed arrivò ad
un’enorme caverna che era proprio nel centro del sentiero. Fischiettando
allegramente, entrò.
All’improvviso
Coyote incontrò una donna che andava carponi lungo il terreno.”Che hai?”domandò.
“Sto
morendo di fame”, rispose”e sono troppo debole per camminare. Che cosa stai
facendo con quel bastone?”.
“Con
questo sto andando ad uccidere il gigante”, disse Coyote e le chiese se sapeva
dove si stava nascondendo.
Debole
com’era, la donna rise.”Tu sei già nel ventre del gigante”.
“Com’è
possibile che io sia nel suo ventre?”chiese Coyote.”Non l’ho nemmeno incontrato”.
“Tu
probabilmente pensavi che fosse una caverna quando gli sei entrato nella bocca”,
disse la donna, e sospirò.”È facile entrarci, ma nessuno ne esce mai. Questo
gigante è così grosso che non puoi abbracciarlo con i tuoi occhi. Il suo ventre
occupa un’intera valle”.
Coyote
gettò via il bastone e continuò a camminare. Che cos’altro poteva fare? Ben
presto incontrò dell’altra gente che giaceva tutt’attorno mezza morta.”Siete
ammalati?”domandò.
“No”,
dissero quelli,”stiamo soltanto morendo di fame. Siamo stati presi in trappola
dentro il gigante”.
“Siete
stupidi”, disse Coyote.”Se siamo realmente dentro questo gigante, allora le
pareti della caverna devono essere l’interno del suo stomaco. Basta tagliare un
po’ della sua carne e del suo grasso”.
“Non
ci abbiamo mai pensato”, ammisero quelli.
“Non
siete intelligenti come me”, disse Coyote.
Coyote
prese il suo coltello da caccia e cominciò a tagliare dei pezzi dalle pareti
della caverna. Come aveva supposto, erano davvero grasso e carne del gigante,
ed egli li usò per nutrire la gente che moriva di fame. Tornò persino indietro
per dare della carne alla donna che aveva incontrata in precedenza. Allora
tutta la gente imprigionata nel ventre del gigante cominciò a sentirsi più
forte e più felice, ma non completamente felice.”Tu ci hai nutrito”, dissero
quelli,”e ti ringraziamo. Ma come faremo ad uscir fuori di qui?”.
“Non
preoccupatevi”, disse Coyote. Ucciderò il gigante trafiggendogli il cuore. Dove
ha il cuore? Dev’essere in qualche posto qui attorno”.
“Guarda
quel vulcano che ansima e che batte laggiù”, disse qualcuno.”Forse è il cuore”.
“È
così, amico”, disse Coyote e cominciò a tagliare in quella montagna.
Allora
il gigante parlò.”Che sia tu, Coyote? Ho udito di te. Smettila di trafiggermi e
tagliarmi e lasciami in pace. Puoi uscire attraverso la bocca; l’aprirò per te”.
“Me
ne andrò ma in verità non subito”, disse Coyote, colpendo ripetutamente il
cuore. Disse agli altri di prepararsi.”Non appena lo farò entrare negli spasimi
della morte, ci sarà un terremoto. Egli aprirà le mandibole per esalare
l’ultimo respiro, poi la sua bocca si chiuderà per sempre. Così siate pronti a
correr via in fretta!”.
Coyote
eseguì un buco profondo nel cuore del gigante e la lava cominciò a fluir fuori.
Era il sangue del gigante. Il gigante emise un gemito ed il terreno tremò sotto
i piedi della gente.
“Svelti,
adesso!”urlò Coyote. La bocca del gigante si aprì e tutti loro corsero fuori.
L’ultima fu la zecca del legno. I denti del gigante si stavano chiudendo su di
essa, ma Coyote riuscì a tirarla fuori all’ultimo momento.
“Guardami”,
gridò la zecca del legno,”sono tutta piatta!”.
“È
accaduto quando ti ho tirata fuori”, disse Coyote.”Sarai sempre piatta d’ora in
avanti. Sii contenta di essere viva”.
“Immagino
che mi ci abituerò”, disse la zecca del legno e fu così.
Cacciatore
di cervi e fanciulla grano bianco
(Tewa)
Tribù stanziata fra Arizona e New Mexico, appartenenti alla famiglia amerindia dei Pueblo.
Molto
tempo fa nell’antica dimora della gente di San Juan, in un villaggio le cui
rovine si possono vedere al di là del fiume dall’attuale San Juan, vivevano due
giovani dotati di magia. Il ragazzo si chiamava Cacciatore di Cervi perché,
anche se solo ragazzo, era l’unico che non ritornava mai dalla caccia a mani
vuote. La ragazza, il cui nome era Fanciulla Grano Bianco, faceva il vasellame
più raffinato e ricamava i vestiti con i più bei disegni, meglio di qualsiasi
donna del villaggio. Questi due giovani erano la coppia più bella del villaggio
e non era una sorpresa per i loro genitori che cercassero sempre la compagnia
l’uno dell’altro. Vedendo che erano favoriti dagli dèi, gli abitanti del
villaggio supposero che erano destinati a sposarsi.
Col
tempo lo fecero e, contrariamente alle aspettative degli anziani, passarono
ancor più tempo nello stare l’uno con l’altro. Fanciulla Grano Bianco cominciò
a trascurare il lavoro del vasellame e del ricamo, mentre Cacciatore di Cervi
abbandonò la caccia, in un momento in cui avrebbe potuto risparmiare a molta
gente di patire la fame. Cominciarono persino a dimenticare i loro obblighi
religiosi. Su richiesta dei genitori preoccupati della coppia, gli anziani
della tribù convocarono un consiglio. Quella giovane coppia stava ignorando
tutte le tradizioni che avevano consentito alla tribù di vivere e prosperare, e
la gente temeva che gli dèi adirati potessero arrecare carestie, inondazioni,
malattie o qualche altro disastro al villaggio.
Ma
Cacciatore di Cervi e Fanciulla Grano Bianco ignorarono le argomentazioni del
consiglio e divennero ancora più uniti, giurando che niente li avrebbe mai
divisi. Una sensazione di rovina pervase il villaggio, anche se era primavera
avanzata e tutta la natura s’era dischiusa in una nuova vita.
Poi
all'improvviso Fanciulla Grano Bianco si ammalò ed entro tre giorni morì. Il
dolore di Cacciatore di Cervi non ebbe limiti. Si rifiutava di parlare o
mangiare, preferendo vegliare accanto al corpo della moglie sino a che non fu
seppellito di buon’ora il giorno successivo.
Per
quattro giorni dopo la morte, ogni anima vaga nel e intorno al suo villaggio e
cerca il perdono di coloro i quali può aver offeso quand’era in vita. È un
momento di ansia per i viventi, poiché l’anima può apparire nella forma di un
vento, di una voce disincarnata, di un sogno, o persino in sembianze umane. Per
prevenire una tale visita, gli abitanti del villaggio vanno dalla persona morta
prima della sepoltura e pronunciano una dolce preghiera di perdono. Ed al
quarto giorno dopo la morte, i parenti si riuniscono per eseguire una cerimonia
d’addio all’anima che si appresta ad andare nel mondo degli spiriti, dal quale
non ritornerà mai più.
Ma
Cacciatore di Cervi non si rassegnava ad accettare la morte della moglie.
Sapendo che poteva vederla
durante
l’intervallo dei quattro giorni, cominciò a vagare tutt’attorno al villaggio.
Ben presto fu sospinto più lontano fuori nei campi e fu qui, al tramonto del
quarto giorno, proprio mentre i suoi parenti stavano radunandosi per la
cerimonia dell’addio, che rinvenne un piccolo fuoco vicino ad un gruppo di
cespugli.
Cacciatore
di Cervi si portò più vicino e trovò la moglie, bella com’era in vita ed
abbigliata in tutta la sua eleganza, che si preparava per l’ultimo viaggio
pettinandosi i lunghi capelli con una spazzola di cactus. Egli cadde piangendo
ai suoi piedi, implorandola di non partire ma di ritornare con lui al villaggio
prima che il rito dell’addio fosse consumato. Fanciulla Grano Bianco pregò il
marito di lasciarla andare, perché lei non apparteneva più al mondo dei vivi.
Il suo ritorno irriterebbe gli spiriti, disse, ed, in ogni caso, ben presto lei
non sarebbe più bella e Cacciatore di Cervi l’eviterebbe.
Egli
ignorò le argomentazioni garantendo il suo imperituro amore e promettendo che
non permetterebbe a nessuno di dividerli. Alla lunga lei s’intenerì, dicendogli
che l’avrebbe obbligato a mantenere la promessa. Entrarono nel villaggio
proprio quando i loro parenti erano in marcia per la tomba con l’offerta del
cibo che avrebbe lasciato partire l’anima di Fanciulla Grano Bianco. Quando la
videro, ne furono atterriti, e di nuovo loro e gli anziani del villaggio
pregarono Cacciatore di Cervi di lasciarla andare. Egli ignorò la richiesta ed
un’atmosfera di sinistra attesa calò sul villaggio.
La
coppia ritornò alla propria casa, ma non erano passati molti giorni che
Cacciatore di Cervi notò che la moglie cominciava ad avere uno sgradevole
odore. Poi vide che il suo bel viso era divenuto color cenerino e la sua pelle
secca. All’inizio le voltò soltanto la schiena mentre dormivano. In seguito
cominciò a rimanere alzato tutta la notte sul tetto, ma Fanciulla Grano Bianco
lo raggiungeva sempre. Col tempo gli abitanti del villaggio si abituarono alla
vista di Cacciatore di Cervi correre tra le case ed attraverso i campi mentre
veniva inseguito da Fanciulla Grano Bianco, ora ridotta a solo pelle ed ossa.
Le
cose continuarono in questo modo sino a che un nebbioso mattino una figura alta
ed imponente apparve nel piccolo cortile di danza nel centro del villaggio. Era
abbigliata con un vestito di pelle di daino bianco immacolato e portava il più
grosso arco che nessuno avesse mai visto. Sulla sua schiena era gettata una
grande faretra con le due più grandi frecce che nessuno avesse mai visto.
Rimase ritta al centro del villaggio e domandò, con una voce che penetrò
all'interno di ogni cosa, di Cacciatore di Cervi e di Fanciulla Grano Bianco.
Tale era la sua autorità che la coppia avanzò docilmente e stette ritta di
fronte a lei.
L’imponente
figura disse alla coppia che era stata inviata dal mondo degli spiriti perché
loro, Cacciatore di Cervi e Fanciulla Grano Bianco, avevano violato le
tradizioni del loro popolo ed irritato gli spiriti; ed essendo stati così
egoisti, avevano arrecato dolore e quasi una calamità al villaggio.”Poiché
insistete a voler stare insieme”, disse,”il vostro desiderio sarà appagato. Vi
rincorrerete l’un l’altro per sempre attraverso il cielo, come ricordi visibili
per il vostro popolo che deve vivere secondo la tradizione se vuole
sopravvivere”. Detto ciò mise Cacciatore di Cervi su una freccia e lo lanciò in
basso nel cielo occidentale. Ponendo quindi Fanciulla Grano Bianco sull’altra
freccia, la collocò proprio dietro suo marito.
Quella
sera gli abitanti del villaggio videro due nuove stelle ad ovest. La prima,
grande e molto brillante, iniziava a muoversi verso est attraverso i cieli. La
seconda, una tremolante stella più piccola, seguiva dietro da presso. E così è
ancor oggi, secondo i Tewa; la brillante è Cacciatore di Cervi, posto là nel
fiore degli anni. La stella più pallida è Fanciulla Grano Bianco, messa là dopo
morta; tuttavia lei inseguirà suo marito per sempre attraverso i cieli.
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