mercoledì 11 marzo 2020

Gruppo "Al cinema con MVL": Alice e il sindaco di Nicolas Pariser




Maria Vayola

Il sindaco di Lione, Paul Theraneau, è come svuotato di idee in prossimità di una tornata elettorale, per stimolarlo viene assunta una giovane donna studiosa di lettere e filosofia con lo scopo di infondere nel sindaco un nuovo spirito vitale.

Theraneau non ha più idee perché il mondo in cui ha vissuto ha virato verso un modello che non tiene conto del pensiero, della riflessione, della elaborazione intellettuale del presente tramite la conoscenza e le speculazioni mentali; la società viaggia in superficie, dietro le parole che la descrivono c'è il vuoto, la politica è soggetta all'improvvisazione maldestra di chi vuole stare, in ogni modo, sulla cresta dell'onda e ottenere un qualsivoglia potere; lo scopo non è il bene comune, ma il predominio sulle persone, la loro manipolazione, tutto è governato dagli interessi finanziari ed economici senza la prospettiva di rendere la società luogo di convivenza responsabile.

Il sindaco è prostrato, Alice ancora no, giovane tra i tanti che si barcamenano tra lavori precari nel tentativo di dare compiutezza alla loro vita, si rende disponibile a qualsiasi orario le venga richiesto, ricavato tra le pieghe degli impegni spasmodici del sindaco. Come primo impulso propone una riflessione sulla modestia quale guida morale per ordinare le azioni nella gestione di se stessi e anche della cosa pubblica, la modestia in antitesi all'arroganza e al vacuo compiacimento di se stessi senza  basi che lo giustifichino.


Insieme, il sindaco e Alice, cercano di ridare all'azione politica la visione prospettica che essa dovrebbe contenere, di dare nuova sostanza alle parole come veicolo di idee, di rigenerare la comunicazione affinché non sia un mero mezzo per ottenere consensi ma veicolo carico di significato valoriale.
Ben presto, Alice, sarà fagocitata dalla macchina burocratica dell'amministrazione comunale tanto da arrivare al punto di non riconoscersi più, l'unico rapporto valido che riesce a creare da questa sua esperienza è proprio quello con il sindaco, appartengono a due generazioni ma sono alla ricerca delle stesse cose, non c'è gap tra le loro età ma è al loro esterno tra l'esercizio del pensiero e la mediocrità.
Theraneau, stimolato dalla giovane, avrà un  colpo di coda nell'elaborazione del suo discorso per le elezioni, in cui manifesta un forte dissenso verso il mondo della finanza riappropriandosi così delle sue idee e concezioni.


Tra le figure minori, forse l'unica ad avere un aspetto realmente drammatico, si staglia quella di Dalphine,  che cerca di comunicare il grave problema ecologico mondiale senza che alcuno le dia credito; si preoccupa del futuro a scapito dei grandi interessi economici, ma, come per una novella Cassandra consapevole e inascoltata, conscia dei pericoli che abbiamo di fronte e della cecità, sciocca o dolosa, con cui non vengono affrontati, può trovare sollievo solo che nella follia.

La fine del film può essere soggetta a più interpretazioni, a mio parere, una è quella di una pacata melanconica resa allo status quo in un ritiro personale, l'altra contiene invece uno spiraglio di ottimismo in cui lo spirito critico di ciascuno "preferisce dire di no" solo alle cose che non contemplano uno spirito comunitario. Dopo un periodo di tempo non specificato, ma comunque significativo, Alice va a trovare il sindaco e gli porta un libro in regalo, se vogliamo dare un significato alla conclusione del film, secondo me si trova nel libro stesso.

Il film ha una patina di tristezza e sconforto accennati delicatamente, è un film politico nel senso più ampio della parola, con i toni simili a quelli di un acquerello indefinito che le note del Chiaro di luna di Debussy in sottofondo evocano, carico di un atmosfera in cui si respira la perdita del senso di armonia ma anche, al contempo, lo sforzo di riconquistarla, come le note di Bach alla fine ci suggeriscono.


sabato 7 marzo 2020

Gruppo di lettura "Libri Nuovi" I ragazzi della Nickel di Colson Whitehead



Maria Vayola

Colson Whitehead ci regala un altro potente libro per raccontarci un altro pezzo di America e un altro pezzo del razzismo americano. Lo spunto lo prende dal ritrovamento di un cimitero segreto dove venivano sepolti corpi di cui non si voleva render conto, provenienti da quella che una volta era la "scuola" Dozier, in realtà un centro di detenzione per adolescenti, in cui  venivano perpetrati soprusi e violenze fino all'omicidio, e su questa storia vera, dopo essersi documentato in modo approfondito, costruisce un racconto e dei personaggi completamente plausibili.

Florida anni '60, in pieno periodo di segregazione e di lotta per i diritti civili, Elwood, nero, adolescente, coscienzioso, ha il desiderio di andare al College per uscire fuori dal ghetto, luogo così descritto, nel 1962, da James Baldwin* in una lettera al nipote, (che potrebbe benissimo essere Elwood stesso) - "Questo paese innocente ti ha confinato in un ghetto, e in questo ghetto è stabilito che tu marcisca........tu sei nato dove sei nato e hai di fronte il futuro che hai perché sei nero, per questa e nessun altra ragione. Per loro è scontato che i limiti alle tue ambizioni siano definiti una volta e per sempre. Sei nato in una società che con brutale limpidezza, e in tutti i modi possibili, ha messo in chiaro che sei un essere umano senza valore. Non ti si riconosce il diritto di aspirare all'eccellenza: hai diritto soltanto di accontentarti della mediocrità. Da qualunque parte tu sia rivolto, nella tua breve vita su questa terra, ti è stato detto dove potevi andare e cosa potevi fare (e come dovevi farlo) dove potevi vivere e chi dovevi sposare".

Elwood ascolta i discorsi di Martin Luther King e fiducioso nelle sue parole e nei cambiamenti che prospettano, inizia a partecipare alle lotte per diritti civili e attende il momento in cui potrà entrare nel ristorante dove lavora la nonna non come lavorante ma come cliente. La sua bravura a scuola e la sua volontà ferrea di progredire gli forniranno un'opportunità di entrare al college e proprio mentre sta per andarci si trova nella situazione sbagliata al momento sbagliato e il colore della sua pelle lo rende subito colpevole e finisce alla Nickel (leggi Dozier) luogo di sopraffazione, umiliazione e dolore fisico e morale per i ragazzi che lì vengono rinchiusi.