mercoledì 31 dicembre 2014

Giacomo Leopardi, Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere

Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi? 
Passeggere. Almanacchi per l'anno nuovo?
Venditore. Si signore.
Passeggere. Credete che sarà felice quest'anno nuovo? 
Venditore. Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere. Come quest'anno passato?
Venditore. Più più assai.
Passeggere. Come quello di là?
Venditore. Più più, illustrissimo.
Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb'egli che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore. Signor no, non mi piacerebbe. 
Passeggere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore. Saranno vent'anni, illustrissimo.
Passeggere. A quale di cotesti vent'anni vorreste che somigliasse l'anno venturo?
Venditore. Io? non saprei.
Passeggere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore. No in verità, illustrissimo.
Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore. Cotesto si sa.
Passeggere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent'anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste? 
Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore. Cotesto non vorrei.
Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? La vita ch'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore. Lo credo cotesto.
Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore. Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Venditore. Appunto.
Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.
Passeggere. Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete.
Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere. Ecco trenta soldi.
Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

Le note di Leo/ Fine e inizio

Un appuntamento occasionale con la musica classica e non.


di Leonardo Castellucci*


Chi non è più bambino ricorderà gli albori della Rai TV, quando le trasmissioni iniziavano e chiudevano con grandi nuvole che scorrevano dall'alto in basso, rimandando un senso di forte evocazione. Per l'inizio delle trasmissioni era stato scelto un brano musicale di grande spiegamento sonoro, il Finale del Guglielmo Tell di Rossini, ma ridotto soltanto in chiave strumentale. 
Per la Chiusura delle trasmissioni invece un breve pezzo di un compositore contemporaneo, sconosciuto ai più ma in grande stima fra gli addetti ai lavori, il milanese, poi 'naturalizzato' fiorentino, Roberto Lupi (1904-1971). Lupi fu per molti anni apprezzatissimo insegnante di composizione al conservatorio Cherubini di Firenze tanto che formò futuri compositori del calibro di Paolo Renosto e Sylvano Bussotti. Affiliato alle idee filosofiche di Rudolf Steiner, Lupi fu compositore di musica evocativa, tanto semplice nella costruzione formale, quanto simbolica nel sotteso messaggio filosofico spirituale. Come nel pezzo che chiudeva, appunto, le trasmissioni Rai, titolato: Armonie del Pianeta Saturno.


FINE TRASMISSIONI. ARMONIE DEL PIANETA SATURNO
(Roberto Lupi)





INIZIO TRASMISSIONI: GUGLIELMO TELL - FINALE 
(Gioacchino Rossini)




*Leonardo Castellucci, fine conoscitore di musica, giornalista, scrittore, oggi direttore editoriale di Cinquesensi Editore.

martedì 30 dicembre 2014

Di chi è questa poesia?

G. Luca Chiovelli

Di chi è questa poesia?
O meglio: a quale poesia appartiene questo verso:

La prima notte di quiete

La prima notte di quiete ... è il titolo del film omonimo di Valerio Zurlini, uscito nel 1972. Interpreti: Alain Delon, Lea Massari, Giancarlo Giannini, Alida Valli, Renato Salvatori, Salvo Randone e una bellissima, ventenne, Sonia Petrovna.
A tre quarti del film Giannini (interpreta un vitellone riminese, Spider) scopre un libretto di poesie composto dal protagonista, il professor Daniele Dominici (Delon); il libretto è titolato, appunto, La prima notte di quiete.
Una notte che simboleggia la morte. 
"Perché la morte è la prima notte di quiete?" domanda Spider.
"Perché finalmente si dorme senza sogni" risponde Dominici.
In un'intervista del 1977 il critico francese Jean A.Gili domanda a Zurlini:
"Da dove viene il titolo del film?"
E lui: "Un verso di Goethe. Tradotto dice pressappoco: 'La morte, la prima notte di pace'".
Già, ma da quale lirica proviene tale verso di Goethe?
Tutta la pletora di critici, studiosi, detrattori, cineasti e cinefili si sono sempre accontentati di tale risposta.
Dopo quarantadue anni a nessuno dei suddetti è sorto l'interesse, il desiderio erudito, la curiosità o lo scrupolo filologico di controllare in quale poesia del vate germanico sia incastonato tale verso ... per carità, inutile sperare. Gli intellettuali italiani hanno l'ansia di conoscenza di un gatto morto ... d'altra parte: 42 anni, non vorrei mettergli fretta ... o infierire: il film di Zurlini (e Zurlini stesso) sono una Caporetto della valutazione critica ... il film, nonostante il successo di pubblico, fu sminuito, sbeffeggiato, quasi ridicolizzato ... oggi, passati gli eroici furori della stroncatura mentula canis, sta assumendo i netti contorni di un capolavoro. Del film ne riparleremo.
Sul verso chiedo il vostro aiuto.
Io, per me, ho tre opzioni:
1. Il verso è di Goethe (ma non si riesce a trovarne la fonte)
2. Il verso non è di Goethe (e Zurlini, uomo colto, ci ha ingannati)
3. Il verso è di Goethe, ma non letterale. Forse è il sunto concettuale (zurliniano) di una lirica che abbiamo già esaminato, Il canto notturno del viandante:

Su tutte le vette
è pace;
In tutte le cime degli alberi
Senti un alito
Appena;
Gli uccelli son muti nel bosco.
Attendi ora. Presto
Avrai pace anche tu. 

Un notturno silente che è la prefigurazione della morte quale pace assoluta, beatificante.
Una soluzione, questa, che vedo con immenso favore.
Per quanto riguarda la risposta di Dominici (La morte è quiete poiché è il primo sonno senza sogni), qui non ho dubbi.
Questo è Socrate, come ce lo tramanda Platone nella celeberrima Apologia:

"Se [la morte] è un precipitare nel nulla e un cessare di ogni sensazione, quasi come un sonno in cui nulla si vede, neppure il sogno, gran guadagno allora è la morte. Se si considera infatti una di quelle notti in cuisi è dormito profondamente senza nulla vedere, neanche lo stesso sogno, e si raffronta alle altre notti e giorni della propria vita e si dovesse decidere, dopo aver riflettuto, per stabilire quante notti e giorni si sono vissuti meglio e più dolcemente di quella, immagino che non solo l’uomo comune, ma lo stesso grande Re in persona, troverebbe queste ben poco numerose rispetto alle altre. Se tale dunque è la morte, gran guadagno essa è, perché allora l’infinito tempo è una sola e unica  notte".

Una sola e unica notte ... un sentire lucreziano, quindi catulliano (ma quando muore il nostro breve giorno/una notte infinita dormiremo). Anche Catullo già esaminato, in due parti, qui e qui ...
Nel film di Zurlini i rimandi colti, peraltro, sono numerosi (Stendhal, Dante, Piero della Francesca, Shakespeare).
Questo è un piccolo enigma, forse risolto, forse no.
Fatemi sapere, confido in voi.

domenica 28 dicembre 2014

Nella cucina di Monteverdelegge: il ragù napoletano

Decantato da Eduardo de Filippo in una sua poesia ("'O rraù ca me piace a me / m' 'o ffaceva sulo mammà...") il ragù è uno dei piatti più famosi della cucina napoletana. A Monteverdelegge ha regalato la sua versione Egi Volterrani, uomo di grande sapienza e di innumerevoli attività: è scrittore, architetto, organizzatore culturale, traduttore, scenografo e anche - appunto - cuoco (autore tra l'altro di un volume intitolato Frattaglie. Ricette dell'amor perduto, Edizioni Blu 2009).

Egi Volterrani
La ricetta del ragù me la diede molti anni fa un magistrato del tribunale minorile di Napoli e Salerno. Una persona speciale che ora non c’è più e si chiamava Paolo Giannino. A lui è stato intitolato il Centro Nazionale di Studi Minorili.
Tradizionalmente, il ragù si dovrebbe fare in una marmitta di coccio già “fatta”, cioè frequentemente usata. Ormai è difficile trovarne. Non può essere rimpiazzata con pentole di alluminio o di rame: col pomodoro acido, rilasciano “veleni” indigesti e scassafegato. Esistono pentole professionali di materiali stratificati ad alta conduzione termica, ma sono carissime. Si ricorre allora all’acciaio pesante, dove il ragù “attacca” facilmente e richiede moltissima attenzione e solerte, continuo uso del cucchiaio di legno.
In una pentola di acciaio con il fondo pesante, che – con qualche inconveniente – può rimpiazzare il coccio tradizionale, con un po’ d’olio buono e – per rispettare la tradizione – un po’ di strutto, su cipolla affettata abbondante, rondelle di canna di sedano, peperoncino piccante a piacere e una o due papaccelle dolci, saporite e mature, disporre tre o quattro pezzi di carne di manzo non magri. Tradizionali: punta di petto, rosa, scaramella, muscolo, collo … disossati. Ogni pezzo del peso tra g 400 e g 600. Mezzo kilo di tracchie“umide”di maiale, quelle “del collo” (facoltativo, non ammesso dalle comunità israelita e islamca). Usando la punta di petto con il suo grasso, non è utile aggiungere cotiche e cotenne, usate tradizionalmente perché addensano il sugo con grassi e gelatine, riducendone però le fragranze. Se tuttavia questo effetto organolettico untuoso piace, le cotenne, magari in involtini farciti di aglio, uva passa e prezzemolo, sono anch’esse ingredienti tradizionali, come del resto le polpette.
Fare rosolare il tutto lentamente e a lungo fino a quando le carni siano ben colorite e il fondo di cottura (cipolle, eccetera) sia completamente disfatto.

La poesia della domenica - Leonard Cohen, La canzone dello straniero

La canzone, assieme ad altre due (Sisters of mercy e Winter lady), può essere ascoltata nel film di Robert Altman I compari (McCabe and Mrs. Miller, 1971). I compari è una delle tante gemme dei Settanta americani variamente dimenticate. La storia è presto detta: un avventuriero, McCabe (Warren Beatty), cerca di impiantare un bordello nello sperduto centro minerario di Presbiterian Church, situato in un imprecisato nord del vecchio West. Prima mette insieme tre prostitute di basso rango, poi, con l’aiuto dell’ambiziosa maîtresse Mrs. Miller (di cui s'innamorerà; Julie Christie), diviene proprietario di una casa di piacere di prim’ordine. Gli affari prosperano, il paese si arricchisce. L’attività di McCabe e Mrs. Miller entra, perciò, nelle mire di una grossa compagnia mineraria: alle prime proposte d'acquisto McCabe oppone un rifiuto (non per orgoglio: in realtà cerca di mercanteggiare per alzare il prezzo); a tali offerte, tuttavia, non farà seguito un rilancio, come sperato, ma l’invio di tre bounty killer della compagnia.
L'epilogo sarà fatale per tutti.
Il film si può variamente gustare: l’ascesa e la sconfitta di McCabe (scambiato per un sanguinario assassino è, forse, solo un cialtrone) appare simile a quella di molti controeroi degli anni Settanta, a cominciare da Barry Lyndon; il duello conclusivo è uno dei più antiepici che il genere ricordi; il paesaggio e i colori (il direttore della fotografia è il grande Vilmos Zsigmond) costruiscono lentamente il film fotogramma dopo fotogramma: difficile dimenticare gli scorci innevati, la calda consistenza dei materiali (gli interni del bordello, il legno, le pellicce), alcune inquadrature (la croce della chiesa in costruzione stagliata contro la luce del tramonto), alcune scene (l’assassinio sul ponte, di insensata crudeltà).
La canzone di Cohen (maestro di quasi tutti i cantautori italiani) entra in simbiosi perfetta con la pellicola di Altman: entrambe si illuminano a vicenda, perfettamente.



Certo, tutti gli uomini che conoscevi
Erano giocatori che dicevano di farla finita
Col gioco, ogni volta che davi loro riparo.
Lo conosco, quel tipo d'uomini,
È difficile tenere le mani di qualcuno
Che le mette in alto solo per arrendersi,
Che le mette in alto solo per arrendersi.

Poi, raccattando tutti i jolly che s'è lasciato dietro,
Scopri che non t'ha lasciato molto, neanche le risate.
Da buon giocatore stava cercando quella carta
Così alta da esser buona per ogni giocata,
Da non dover mai più giocarne un'altra:
Non era che un Giuseppe in cerca di una mangiatoia,
Non era che un Giuseppe in cerca di una mangiatoia.

E poi, sporgendosi al tuo davanzale,
Un giorno ti dirà che sei stata tu
A indebolirlo col tuo amore, e il calore, e il rifugio.
Tirerà fuori dal portafoglio
Un vecchio orario dei treni, e ti dirà:
Te l'avevo detto, al mio arrivo, che ero un straniero
Te l'avevo detto, al mio arrivo, che ero un straniero.

Ma ora sembra che un altro straniero
Voglia che tu ignori i suoi sogni
Come fossero il fardello di qualche altro.
L'hai già visto prima, quell'uomo
Che dava le carte col suo braccio d'oro
Ora arrugginito dal gomito alle dita,
Vuole scambiare la sua mano di carte con un rifugio,
Scambiare la mano di carte conosciuta con un rifugio.

E detesti vedere un altro uomo stanco
Posare giù le sue carte
Come abbandonasse il sacro gioco del poker.
E mentre dice ai suoi sogni di andare a dormire
Ti accorgi che c'è una specie di autostrada
Che si snoda come fumo sopra la sua spalla,
E all'improvviso ti senti un po' più vecchia.

E gli dici di entrare, di mettersi a sedere
Ma c'è qualcosa che ti fa voltare,
La porta è aperta e non puoi chiudere il tuo rifugio.
Provi la maniglia della strada,
Si apre, non avere paura,
E sei tu, amore mio, la straniera,
E sei tu, amore mio, la straniera.

Bene, ti aspettavo, ero sicuro
Che ci saremmo incontrati fra i treni che attendevamo,
Credo sia tempo di salire su un altro.
Ti prego di capire, non ho mai avuto una mappa segreta
Per arrivare al cuore di questa o quella cosa;
E quando ti parla così non sai che stia cercando,
Non t'importa nulla di che cosa stia cercando.

Incontriamoci domani, se ti va,
In riva al mare, sotto il ponte
In costruzione su qualche fiume infinito.
Poi lascia il binario
Per il calore d'un vagone letto
E capisci che non fa che réclame a un altro rifugio,
E capisci che non era mai stato un straniero,
E dici: va bene il ponte o un altro posto, dopo.

Poi, raccattando tutti i jolly che s'è lasciato dietro,
Scopri che non t'ha lasciato molto, neanche le risate.
Da buon giocatore stava cercando quella carta
Così alta da esser buona per ogni giocata,
Da non dover mai più giocarne un'altra:
Non era che un Giuseppe in cerca di una mangiatoia,
Non era che un Giuseppe in cerca di una mangiatoia.

E sporgendosi al tuo davanzale,
Un giorno ti dirà che sei stata tu
A indebolirlo col tuo amore, e il calore, e il rifugio.
Tirerà fuori dal portafoglio
Un vecchio orario dei treni, e ti dirà:
Te l'avevo detto, al mio arrivo, che ero un straniero
Te l'avevo detto, al mio arrivo, che ero un straniero.

Traduzione di Riccardo Venturi (con varianti).

sabato 27 dicembre 2014

Le note di Leo/ Pyotr Ilyich Chaikovsky tra le dita di Lang Lang

Il pianismo di Lang Lang gioca sull'enfasi e sulla sottolineatura degli accenti. Lang Lang non segue, a mio parere, la strada (molto europea) di un'interpretazione in senso interiore, introspettivo; non cerca di utilizzare il proprio sentire per ridonarcelo attraverso un'emozione personale(questa è la strada seguita da tutti i pianisti europei, strada possibile, interessante ma non l'unica). Lang Lang si interessa unicamente al suono cercando di diventare uno strumento a servizio dello stesso. Fa, in un certo senso, un'operazione opposta, molto 'orientale' diventando un sollecitatore per la partitura che affronta, quasi fosse un mezzo per farla risuonare al meglio possibile. 
Molti lo accusano di indulgere in manifestazioni  fisiche di eccessivo trasporto, che si esprimono con un'agitazione che a noi europei, abituati a un pianismo in cui il solisti sono composti e apparentemente più 'sofferenti', appaiono eccessivi, quando non irritanti ma, credo, che queste facciano parte del suo approccio musicale, derivato dal suo mondo culturale.

E poi quell'enfasi di cui dicevamo è difficile, è fatta si accenti, di spezzature, di sospensioni, di anticipi, di imprevedibilità. Non è mera e ruffiana retorica, piuttosto, un modo diverso di entrare in velocità sul battere, un anticipo costante e impercettibile, quasi un motore sempre acceso, che permette di prendere una partitura e lanciarla oltre i limiti del pentagramma.

Non sono qui a tessere le lodi di questo singolare funambolo della tastiera. A lungo ho avuto perplessità, ogni tanto trovo che faccia l'errore(chi non lo fa, del resto!) di farsi prendere dal piacere di strafare, ma nel suo tempo interno c'è qualcosa che pochi hanno. Un ritmo/tempo, perfettamente osservante, che non esce mai da ciò ch'è scritto ma che si svela in una cadenza ogni volta sorprendente e che gli permette di analizzare la partitura in un modo spesso rivelatore.
Questa 'lettura'/ esecuzione del 1° concerto di Caikovaky mi ha assolutamente estasiato. La passionalità del tormentato musicista russo si trasforma in una corsa esaltante verso un altra possibilità di leggere Chaikovsky. Forse quella vera?


Pyotr Ilyich Chaikovsky : Piano Concerto No. 1 in B-flat minor, O.23
  
Verbier Festival Orchestra
Direttore.Yuri Temirkanov
Al piano Lang Lang




mercoledì 24 dicembre 2014

Auguri di Natale a tutti


Gioachino Belli, La viggija de Natale

Ustacchio, la viggija de Natale
Tu mmettete de guardia sur portone
De quarche mmonziggnore o ccardinale,
E vvederai entrà sta priscissione.

Mo entra una cassetta de torrone,
Mo entra un barilozzo de caviale,
Mo er porco, mo er pollastro, mo er cappone,
E mmo er fiasco de vino padronale.

Poi entra er gallinaccio, poi l’abbacchio,
L’oliva dorce, er pesce de Fojjano,
L’ojjo, er tonno, e l’inguilla de Comacchio.

Inzomma, inzino a nnotte, a mmano a mmano,
Tu llí tt’accorgerai, padron Ustacchio,
Cuant’è ddivoto er popolo romano.

sabato 20 dicembre 2014

Caro Benigni, non puoi farmi pagare in Auditel?

Roma, 20 dicembre 2014

Caro Roberto,
Non ho seguito la tua trasmissione su I Dieci Comandamenti, e mi dispiace, ma lavoravo.
Sono sicuro, però, che è stata una bella trasmissione.
Sono molto affezionato ai Dieci Comandamenti. Me li hanno fatti studiare al catechismo. Mi piacciono tutti, a parte il nono che, mi sembra, ha un suo limite grosso. A Primavalle, dove ho fatto la Comunione e la Cresima, c'era pure l'undicesimo comandamento, ma questo non credo ti interessa.
Piuttosto, volevo dirti che mi ha piaciuto proprio il modo in cui ti hanno pagato.

Quattro milioni di svanziche per due serate, urca!
Non voglio mica obiettare, non sono soldi miei, e neanche degli italiani.
Mi piaci parecchio, non voglio dire nulla contro di te.
Sono soldi pubblicitari, cioè delle aziende.
Non c'era pubblicità nel tuo spettacolo mi hanno detto, ma i soldi pubblicitari arrivano lo stesso e sono tanti. Mi hanno pure spiegato che più l'Auditel va su, più la RAI guadagna. Insomma, la RAI i quattro milioni se li è ripresi con gli interessi senza che ce li deve chiedere a noi e questo mi va bene. Sono soldi privati, della pubblicità, mica nostri.
Quello che mi è piaciuto è il modo in cui sono calcolati.
Più ti vedono, più le aziende guadagnano, più la RAI guadagna, più tu guadagni.
Cioè, è un sistema perfetto, in cui tutti guadagnano, anche noi alla fine, dato che la RAI è pubblica e quello che guadagna la RAI lo guadagnamo noi.
Solo che vorrei, anzi, se tu volessi ... cioè vorrei applicare questa cosa anche a me.
Anzi a noi, a tutti gli italiani, che, di questi tempi, non se la passano mica bene.
Tanto non costa nulla, come mi hanno spiegato ci guadagnano tutti.
Ecco qua. Mettiamo che uno fa il guardiano, no? Guadagna poco, 1300, 1400, 1500, un po' di più se è più vecchio.
E te lo dico, a fare 'sto lavoro ci si gela il culo come pochi. E qualcuno rischia pure la pelle.
Si può vivere bene con questi soldi? No, te lo dico, anche se tu già lo sai, che sei vicino a noi, a noi del popolo.
Allora, un guardiano fa la sicurezza. Cioè, protegge la ricchezza degli altri. Un supermercato, una banca. E quelli sono ricchi.
Giorno dopo giorno li protegge, cioè non gli fa perdere la roba con furti rapine taccheggi assicurazioni eccetera.
Io mi chiedo: non si può chiedere una percentuale sulla ricchezza che si protegge?
Incassi milioni, miliardi, e dammi uno 0,00001, no? Come con l'Auditel. Più ti proteggo più incassi più guadagni. Ti faccio risparmiare su tutto, e dammi qualcosa, no? Perché solo 'sto fisso a fine mese?
Capito? Dovete pagarci con l'Auditel. Come è successo a te. Mi ha spiegato un professore, uno di sinistra come te, che così non ci perde nessuno, l'abbiamo visto. Il sistema perfetto. Ma mica solo me devi pagare così, le biologhe pure, che non c'hanno una lira, quelli che puliscono, i baristi, pure le commesse, poverine, e gli studenti che gli tocca lavorare, e quelli che lavorano al telefono, che, scusa, è un lavoro di merda, che ti insultano tutto il tempo. Fanno fare milioni alle aziende e gli danno il fisso. Anzi il prefisso, 500, 600 euro. E i muratori. I muratori tirano su palazzi che poi ci vanno le banche e quelli che tirano su i soldi con la Borsa e gli danno il fisso pure a loro.
No, li devono pagare in Auditel, il sistema giusto che è perfetto.
Tu che sei potente e anche vicino al popolo lo devi dire a Papa Francesco, che anche lui è una brava persona vicino ai poveri, lo dice sempre dalla finestra. Ti ha pure telefonato, siete pappa e ciccia. E lo devi dire pure a Renzi, che è amico tuo, che parla toscano come te, che bisogna pagarci in Auditel. Il sistema perfetto che non ci perde nessuno, anzi ci guadagnano tutti. Capito? Così pure noi possiamo comprarci qualcosa di meglio e vivere senza le preoccupazioni che tutti i giorni c'è da pagare qualcosa. Me lo fai questo favore?
Ti seguo sempre. Continua così, mi raccomando.
Ti faccio i migliori auguri di Natale e di Buon Anno, e non solo a te, ma anche a Nicoletta che è tanto una brava attrice che a Simona piace tanto.

Un saluto

Tuo

Oreste

Le note di Leo/ Maria Luisa Anido e la sua chitarra

Una piccola donna, appartata, che ha dedicato la sua vita alla chitarra classica e all'insegnamento della stessa. che non si trovava a proprio agio sul palco per  i concerti(nella sua lunga vita ne fece un numero piuttosto limitato), adorata da Segovia che ebbe a dire di lei " Io sono stato colui che ha riportato la chitarra classica all'antico splendore, Maria Anido colei che meglio di ogni altro ne ha rintracciata l'alma più segreta e delicata". Maria Luisa Anido (1906-1996)


Dal Dona Giovanni di Wolfi Mozart. Minuetto delle Maschere



Concerto/intervista


venerdì 19 dicembre 2014

Tanti auguri da Plautilla!

Quale può essere l'albero di Natale di un'associazione che si chiama Monteverdelegge? La risposta la potete vedere con i vostri occhi nella fotografia qui a fianco e di persona se verrete a trovarci in via Colautti 28, da Plautilla, la nostra bibliolibreria gratuita, che presto, a fine gennaio, compirà due anni. Lunedi 22 dicembre, dalle 17 alle 19, sarà l'occasione per uno scambio di auguri (e magari per prendere qualche libro che ci terrà compagnia durante le feste). Poi Plautilla chiude e riapre l'8 gennaio. Intanto, buon Natale e uno splendido 2015 a tutte e tutti!

domenica 14 dicembre 2014

La poesia della domenica - Li Po, I corvi che gracchiano la sera

Li Po (701-762) è considerato uno dei più grandi poeti cinesi; fiorì nel mezzo della dinastia T’ang (618-905), periodo felicissimo della lirica e della pittura nazionali.
L’arte dei poeti T’ang s’intrecciava, infatti, proprio alla pittura (alcune composizioni sembrano resoconti di loro dipinti), nonché alla calligrafia, tanto che è impossibile definire i confini estetici delle tre discipline.
Il nostro apprezzamento nei loro confronti, al netto della difficilissima resa nella traduzione, risulta, perciò, mutilo, così come avviene per la tragedia greca, spogliata della sua ricchezza musicale, interpretativa e simbolica, e da noi gustata solo sul versante della parola.
Nonostante tale perdita irreparabile, la poesia che segue ci sorprende per la nitidezza delle immagini e la semplice profondità dell’ispirazione.

Le nuvole d’oro bagnano la muraglia.
I corvi neri gracchiano a volo sui nidi.
Nidi dove vorrebbero riposare:
Triste e sola la giovane sposa sospira.
Le mani lasciano abbandonato il telaio,
Gli occhi guardano l’azzurra tenda del cielo.
Tenda che sembra dividerla dal mondo,
Come la nebbia leggera che vela il fiume.
È sola: lo sposo viaggia in terre lontane;
Sola tutte le sere nella sua stanza.
Le stringe il cuore quella solitudine,
E le sue lacrime come pioggia leggera – cadono sulla terra.

Da Liriche cinesi, 1963 (traduzione di Giorgia Valensin)

sabato 13 dicembre 2014

Mutuo soccorso in biblioteca


La notizia che trovate qui sotto non riguarda Monteverde, e neppure Roma. Ma la pubblichiamo lo stesso, e volentieri, perché dall'idea della biblioteca come "officina dei saperi e luogo dei legami" è nata Plautilla e tutta l'attività di Monteverdelegge. E far circolare iniziative come quella di Cologno Monzese vuol dire far parte di quella rete di mutuo soccorso di cui oggi, e negli anni a venire, abbiamo e avremo bisogno.

Domenica 21 dicembre la biblioteca di Cologno Monzese effettuerà una giornata di apertura straordinaria (dalle 10.00 alle 19.00) per sostenere la propria campagna di autofinanziamento "La biblioteca aumenta il PIL".
Si tratta di una campagna un po' speciale: si può contribuire con denaro o con azioni di lettura, e chi lo farà, divenendo socio sostenitore della biblioteca, si guadagnerà il diritto a presentare progetti di miglioramento del servizio e a decidere, attraverso il voto, quale dei progetti finanziare. Insomma un ibrido tra crowdfunding, mutuo soccorso e azionariato popolare. 
Nella giornata di domenica sarà possibile per tutti i soci sostenitori ottenere assistenza e consulenza per la presentazione dei progetti nonché iniziare a fare "propaganda" per quelli preferiti. 
Ma succederanno molte altre cose:
- ci saranno banchetti e stand di editori indipendenti, associazioni culturali, animaliste, ecologiste, equo solidali, ecc.
- saranno  messi in vendita libri di tutti i tipi e di tutte le taglie, prodotti biologici,oggettistica fatta a mano, saponi e cosmetici naturaliquadernetti e taccuini riciclati e dipinti a mano, oltre alle borse di campagna progettate e cucite personalmente dai nostri sostenitori;
- ci sarà Radio Popolare con il suo banchetto di raccolta abbonamenti, perché tra istituzioni culturali e organi di informazione qualche volta corre buon sangue e perfino ci si aiuta;
- ci saranno libri viventi (a cura della associazione "Qui e altrove"), narrazioni vaganti (a cura del Gruppo di lettura della biblioteca) e scatti di lettura (a cura della fotografa Anna Roberto);
- ci saranno alcune "demo" dei prodigi che si possono compiere con le stampanti 3D e la scheda Arduino, a cura dell'Hub Out Makers Lab (nel pomeriggio, dalle 15.00 in poi);
- ci saranno le birre artigianali, biologiche, oligominerali, le zuppe bio del DaTa Catering e altre fonti di ristoro e relax...
... e molto altro: un programma fitto, a cui si vanno continuamente aggiungendo nuovi appuntamenti ed eventi (seguite gli aggiornamenti sulla nostra pagina facebook). Ce n'è abbastanza per un salto in biblioteca: per chi lo fa spesso e per chi non lo fa mai.
Le biblioteche infatti si stanno sempre più qualificando come importanti officine dei saperi e luogo dei legami; ma la loro sopravvivenza dipende, come sempre, dai lettori. 

Biblioteca Civica di Cologno Monzese
Piazza Mentana 1 - 20093 Cologno M.se (Mi) ITALIA

Le note di Leo/Bhrams secondo i fratelli Capuçon

Una fra le partiture più ispirate di Bhrams dove il dialogo fra i due archi solisti spesso diventa fitto di variazioni di un raro equilibrio formale e di una sempre originale invenzione. I due giovani e talentuosissimi fratelli Capuçon suonano in felicissima armonia. Buona musica


Double Concerto in La minore, Op 102
Violino. Renaud Capuçon
Violoncello. Gautier Capuçon


Orchestre Philharmonique de Radio France
Direttore. Myung-Whun Chung




venerdì 12 dicembre 2014

Arrivano i cartoni! Domenica 14 dicembre a Largo Federico Caffè (Stazione via Quattro Venti)


Domenica 14 dicembre, dalle ore 09.30 alle 16.00, presso Largo Federico Caffè (Stazione dei Quattro Venti), MVL Cartoni, dell'associazione Monteverdelegge, esporrà le proprie creazioni, libri in cartone riciclato con favole, poesie, storie e saggi.


Ecco il 'cartone' con una favola di Frank Baum, Il cane di vetro.
Frank Baum è il noto autore de Il Mago di Oz.


Cartelline e contenitori oltre a una serie di bloc notes per appunti


La sigla MVL Cartoni fa parte dell'associazione Monteverdelegge, operante nel quartiere Monteverde a Roma.
Monteverdelegge è stata fondata nel 2008 da Maria Teresa Carbone, Maria Cristina Reggio e Silvia Nono. Le attività dell'associazione contemplano laboratori di poesia e traduzione, proiezioni video, incontri con editori e l'organizzazioni di gruppi di lettura: questi ultimi si riuniscono una volta al mese presso il Centro diurno del Dsm Asl Roma D sito in Via Colautti 30.
Nel gennaio 2013, proprio all'interno del Dsm, è nata Plautilla, prima bibliolibreria gratuita d'Italia dove chiunque può prendere o donare libri e testi (ad oggi Plautilla possiede circa 7000 volumi).


Tutte le opere di MVL Cartoni utilizzano materiale di riciclo: cartoni pressati, bottoni, vecchie stoffe, ritagli di giornale.



Alcune creazioni dello scorso anno: il racconto di Simona Baldelli, Fotoricordo; il saggio di Pier paolo Pasolini sui Promessi Sposi; le liriche del laboratorio di poesia, Caproni e io.
Vi aspettiamo quindi domenica 14 dicembre, dalle ore 09.30 alle 16.00, presso Largo Federico Caffè (Stazione dei Quattro Venti).

mercoledì 10 dicembre 2014

Come in sogno: tredici poesie di Li Qingzhao, Saffo d'Oriente

Li Qingzhao (1081-1141), la maggiore poetessa cinese, fiorisce durante la dinastia Sung; la famiglia, in cui erano spiccati gli interessi letterari (il padre era intimo con il grande poeta Su Shi), era aperta alla religiosità buddista. 
A diciotto anni Li sposa Zhao Mingcheng, a lei affine per temperamento (è cultore d'arte poesia ed epigrafia); l'invasione tartara della Cina settentrionale (cadde la città di Shandong in cui la coppia risiedeva) e la morte di Zhao nel 1129, turbano ineluttabilmente la vita di Li marcando decisamente l'ispirazione della sua lirica.
Di lei rimangono circa cento composizioni, la maggior parte nella forma Ci, ovvero in una "forma poetica su schema metrico derivato da antiche arie musicali, poi perdute, di origine popolare di cui è testimonianza a partire dell'epoca T'ang (VIII-X secolo)".
La poesia di Li Qingzhao è espressione di un mondo aristocratico e fine; l'eleganza del suo incedere, davvero mirabile, non viene mai meno; anche il dolore e la malinconia, specie nella nostalgica rievocazione dell'amato, trovano sempre una squisita compostezza. Le immagini della Natura (pioggia vento fiori animali alberi) o gli usuali oggetti della vita quotidiana (tende coperte fermagli incensieri) formano un hortus conclusus di grazia cristallina, fremente per il continuo e quasi impercettibile confondersi con il correlativo paesaggio dell'anima.
Traduzione di Anna Bujatti, dal libro Come in sogno, 1996.


Sull'aria 'Buone nuove in arrivo'

Il vento posa, i fiori caduti si ammucchiano
Oltre le tende, masse rosate, cumuli di neve.
Perdura il ricordo dei meli fioriti
Ora che la primavera si consuma.
Il vino agli sgoccioli i canti alla fine le coppe di giada vuotate
La fiamma vacilla ora opaca ora chiara.
L'animo anche nel sogno non sopporta l'angoscia
Mentre incombe lo strido dell'averla.

Il vento posa, i fiori caduti si ammucchiano ...

Sull'aria 'Come in sogno'.
Tarda primavera.

Ieri notte diradata la pioggia si è levato il vento.
Il denso sonno non ha snebbiato la mia ebbrezza.
Ho chiesto alla fanciulla che arrotola le tende,
Mi ha detto: il melo fiorito è ancora come ieri.
Non s'è accorta
Non s'è accorta
Che il verde si è addensato e assottigliato il rosso.

Sull'aria 'Ebbrezza all'ombra dei fiori'
La festa di Chongyang

Bruma leggera nebbia più densa angoscia interminabile
Esala pungente fragranza il bruciaprofumi d'oro.
La festa di Chongyang è ritornata.
Sul cuscino di giada sotto il velo di garza
A mezzanotte passa un brivido autunnale.
Nel giardino orientale ho bevuto del vino al crepuscolo
E la veste ne serba un aroma leggero.
Non dite che l'animo non si senta mancare,
Al vento di ponente che arrotola la tenda
Sono più gracile di un fiore di crisantemo.

Sull'aria 'Ricordo del suono del flauto sulla Terrazza delle Fenici'

Incenso freddo nel bruciaprofumi-leone d'oro
Le coltri in disordine come ondate rosse
Mi levo e non ho l'animo di acconciarmi i capelli
Lascio l'astuccio dei gioielli alla polvere.
Il sole è alto sui ganci delle tende.
Pavento l'amarezza di addii e separazioni.
Quante cose
Vorrei dire e taccio.
Mi sono smagrita
Non per fumi di vino
Né per malinconia d'autunno.

Sull'aria 'Come in sogno'

Ricordo il padiglione sul fiume al calare del sole.
Immersi nell'ebbrezza non sapevamo ritrovare la strada.
Ridesti, a sera abbiamo voltato la barca
Remando smarriti nel folto dei fiori di loto
Con più lena
Con più lena
Sì che spauriti gabbiani e aironi si levavano in volo.

Ricordo il padiglione sul fiume al calare del sole ...

Tristezza

È finito è finito
Questa volta è partito
Mille e mille volte ripreso il canto di Yangguan
Non basta a trattenerlo.
Penso a Wuling, dove è ora, lontano
Al padiglione dei Qin velato nella bruma.
Solo l'acqua che scorre davanti al padiglione
Risponde al mio pensiero.
Per tutto il giorno, fisso resta lo sguardo
Fisso lo sguardo
E si aggiunge ancora
Nuova tristezza.

Sull'aria 'La bellezza di Niannu'
Sentimento di primavera

Il cortile è deserto
Di nuovo spira il vento gocciola la pioggia
Si serrano le porte.
Grazia di salici leggiadria di fiori, la festa dei Cibi Freddi si avvcina
Reca tempo incostante tormentoso.
Composto un carme di difficili versi
Snebbiata la testa dal vinello infido
Meglio assaporo l'ozio.
Le oche selvatiche se ne sono andate
Le mille e mille cose del cuore a chi affidarle?

Primavera

Nel padiglione, da giorni, freddo primaverile
Abbassate le stuoie da ogni parte
Alla balaustra, languida, più non mi appoggio.
La coltre è fredda l'incenso si consuma da un sogno mi risveglio.
Irrequieta, non posso non levarmi
La chiara rugiada del mattino stilla
La sterculia mette nuove foglie
A quanti svaghi invita la primavera.
Il sole è alto la bruma si ritira
Torno a guardare: oggi farà bel tempo.

Primavera

Tiepida pioggia vento leggero inizio del disgelo
Gemme occhio di salice boccioli di susino
Il cuore della primavera senti muovere.
Il piacere del vino e della poesia con chi dividerlo?
Il pianto scioglie la cipria, pesa il fermacapelli.
Ho provato la veste foderata di broccato d'oro
Mi stendo e poso sul cuscino di giunco
Il cuscino deforma il fermaglio-fenice.
Solo, abbraccio la mia tristezza, senza alcun sogno lieto
A tarda notte per svagarmi tagliuzzo ancora lo stoppino della lampada.

Tristezza?

Per terra i crisantemi si ammonticchiano
Sciupati e pesti
Chi oggi più li raccoglie?
Alla finestra, immobile
Sola, come giungerò fino a notte?
Sulle sterculie cade pioggia minuta
Nell'ora del crepuscolo
Stilla goccia a goccia.
Questo momento come esprimerlo
In una parola: tristezza?

Sull'aria 'La sabbia nel ruscello' (con varianti)

Dopo la malattie, brizzolate scomposte le bande dei capelli
Dal giaciglio guardo la luna sparuta oltre la zanzariera.
Decotto di cardamomo in acqua bollente
Tè solitario.
Sul cuscino un libro di poesia è felice svago
Il paesaggio, fuori, viene la pioggia a abbellirlo.
Fino al morir del giorno mi offre il suo profumo
Il fiore dell'osmanto.

Canto del sud

Nel cielo il Fiume di Stelle si muove
Nel mondo degli uomini ancora abbassate le tende.
Freddi il cuscino la stuoia bagnati di lacrime.
Mi levo e discingo la veste di seta
Curiosa di sapere a che punto è la notte.
I frutti azzurri i del loto sono scarni
Le foglie del loto dorate ancora rare.
È la stessa stagione del tempo la veste di un tempo
Soltanto i sentimenti
Non sono in me come un tempo.

Sull'aria 'Gioia dell'eterno incontro'

Il tramonto del sole oro diffuso
Le nubi della sera giada sparsa.
Il mio amato dov'è?
I salici si incupiscono di nebbia
Il susino sospira nel lamento del flauto.
L'animo della Primavera chi sa dirlo?
È la festa del Primo Plenilunio
Con più mite stagione
Ancora torneranno vento e pioggia?
Vengono ad invitarmi
Con galanti carrozze preziosi cavalli.
Ne ringrazio gli amici di vino e poesia.