La mafia uccide solo d'estate (Italia 2013)
Regia: Pierfrancesco Diliberto
Interpreti: Pif, Cristiana Capotondi, Ninni Bruschetta, Claudio Gioé
Patrizia Vincenzoni
Un condensato di
storia, di quella che negli ultimi decenni ha attraversato
traumaticamente la Sicilia e l'Italia, quella delle stragi mafiose
che ha lasciato dietro di se' una scia interminabile di morti. "La
mafia uccide solo d'estate" opera prima di Pierfrancesco
Diliberto detto Pif, ha vinto recentemente il premio del pubblico al
Torino Film Festival. Il film racconta quelle stragi con una
cronologia precisa, senza appello: un 'ripasso' che non ci lascia
indifferenti, anche se suscita qua e la sorrisi e momenti in cui
diverte. Il regista riesce in questo modo a parlare della mafia e
dell'assedio criminale vissuto in quegli anni dalla città di Palermo
e lo fa con un tratto divertente, surreale, ma nello stesso tempo
riesce a comporre una storia che aiuta a non dimenticare, ad aver il
valore di una denunzia civile.
La commedia ha il
suo filo conduttore nella simpatia e nell'amore di Arturo verso
Flora,seguendo il protagonista dall'infanzia fino ai giorni d'oggi .
Ed e' proprio attraverso questo sentimento e la necessita' di
comunicarlo e di viverlo, che Arturo entra in quello che possiamo
indicare come un percorso di formazione, grazie a una serie di
incontri casuali ma fondamentali con quelle stesse persone che poi
verranno uccise dalla logica stragistica mafiosa. E' un lavoro che
mette al centro la necessità' di procedere nella formazione di una
coscienza personale e civile critica, partendo dal lascito etico di
coloro che sono stati brutalmente uccisi per il loro impegno
istituzionale.
I tentativi di
colonizzazione mafiosa dei territori ambientali e culturali e' una
realtà che, sappiamo, condiziona fortemente, in modi anche non
chiaramente visibili, direttamente la vita delle persone. Questo dato
incontrovertibile, nel film, e' modulato e assunto dallo sguardo
ingenuo e via via più razionale e consapevole del bambino e poi uomo
Arturo, il cui percorso seguiamo attraverso gli incontri, casuali ma
determinanti per la sua crescita, che ha avuto con uomini come Boris
Giuliano, Pio La Torre,Rocco Chinnici, il generale Dalla Chiesa, fino
alle stragi di Capaci e via D'Amelio. Il titolo si rifà a una frase
del padre di Arturo, la cui funzione genitoriale e' troppo orientata
verso un qualunquismo culturale difensivo rispetto all'habitat
culturale e agli eventi che il film documenta, atteggiamento che
comunque non si radica nel figlio. La tenace volonta' di Arturo di
arrivare a dichiarare il suo amore a Flora lo accompagna anche nella
professione giornalistica che si trova per caso a fare e che poi
diventera' una sua scelta sempre piu' caratterizzata da una crescente
curiosità e dall'impegno a comprendere in modo critico ciò che
incontra.
Le immagini del
presente sono alternate ad immagini di repertorio che hanno
registrato gli eventi tragici accaduti negli anni che vanno dal '70 a
quelli 90 con un effetto di naturale sovrapposizione fra passato e
presente, che amplifica ed accavalla ulteriormente anche i dati di
una memoria emotiva che non resta confinata dentro una dimensione
individuale.
L' ascolto dello
slogan "Fuori la mafia dallo Stato" non arriva logorato dal
tempo che separa l'oggi da allora, mentre accompagna l'indignazione e
lo stupore annientante che si coglie sui volti dei piu' accorsi
allora ai funerali cosiddetti di stato. La commedia ha il suo happy
end e questo riguarda non solo i risvolti personali di Arturo e
Flora, ma offre in modo semplice, e non per questo pero' meno
efficace, indicazioni rispetto alla necessita' di alimentare nei
propri figli quello sguardo e i semi di una coscienza civile che non
può fare a meno del supporto della memoria sociale,collettiva, e
storica.
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