domenica 1 dicembre 2013

Gli incipit della domenica - Alessandro Manzoni, Fermo e Lucia (1821-1823)

Prima e malferma stesura del romanzo manzoniano,Fermo e Lucia venne pubblicato solo nel 1915 col titolo Gli sposi promessi. Ne dice l'autore stesso: "[Esso è] un composto indigesto di frasi un po' lombarde, un po' toscane, un po' francesi, un po' anche latine; di frasi che non appartengono a nessuna di queste categorie, ma sono cavate per analogia e per estensione o dall'una o dall'altra di esse".

Alessandro Manzoni
Quel ramo del lago di Como d'onde esce l'Adda e che giace fra due catene non interrotte di monti da settentrione a mezzogiorno, dopo aver formati varj seni e per così dire piccioli golfi d'ineguale grandezza, si viene tutto ad un tratto a ristringere; ivi il fluttuamento delle onde si cangia in un corso diretto e continuato di modo che dalla riva si può per dir così segnare il punto dove il lago divien fiume. Il ponte che in quel luogo congiunge le due rive, rende ancor più sensibile all'occhio ed all'orecchio questa trasformazione: poiché gli argini perpendicolari che lo fiancheggiano non lasciano venir le onde a battere sulla riva ma le avviano rapide sotto gli archi; e presso quegli argini uno può quasi sentire il doppio e diverso romore dell'acqua, la quale qui viene a rompersi in piccioli cavalloni sull'arena, e a pochi passi tagliata dalle pile di macigno scorre sotto gli archi con uno strepito per così dire fluviale. Dalla parte che guarda a settentrione e che a quel punto si può chiamare la riva destra dell'Adda, il ponte posa sopra un argine addossato alla estrema falda del Monte di San Michele, il quale si bagnerebbe nel fiume se l'argine non vi fosse frapposto. Ma dall'opposto lato il ponte è appoggiato al lembo di una riviera che scende verso il lago con un molle pendio, sul quale per lungo tratto il passaggero può quasi credere di scorrere una perfetta pianura. Questa riviera è manifestamente formata da tre grossi torrenti i quali spingendo la ghiaja, i ciottoli, e i massi rotolanti dal monte, hanno a poco a poco spinte le rive avanti nel lago, ed erano abbastanza vicini perché le ghiaje gettate da essi a destra e a sinistra abbiano potuto col tempo toccarsi e formare un terreno sodo. Allora hanno cominciato a correre in un letto alquanto più regolare, poiché questi stessi depositi hanno loro servito d'argine, e il successivo loro impicciolimento cagionato dall'abbassamento dei monti, dal diboscamento, e dalla dispersione delle acque gli ha rinchiusi in un letto più angusto. Così il terreno che li divide ha potuto essere abitato e coltivato dagli uomini. Il lembo della riviera che viene a morire nel lago è di nuda e grossa arena presso ai torrenti, e uliginoso negli intervalli, ma appena appena dove il terreno s'alza al disopra delle escrescenze del lago e del traripamento della foce dei torrenti, ivi tutto è prati campagne e vigneti, e questo tratto d'ineguale lunghezza è in alcuni luoghi forse d'un miglio. Dove il pendio diventa più ripido son più frequenti, e assai più lo erano per lo passato, gli ulivi; al disopra di questi e sulle falde antiche dei monti cominciano le selve di castagni, e al di sopra di queste sorgono le ultime creste dei monti in parte nudo e bruno macigno in parte rivestite di pascoli verdissimi, in parte coperte di carpini, di faggi, e di qualche abete. Fra questi alberi crescono pure varie specie di sorbi, e di dafani, il cameceraso, il rododendro ferrugigno, ed altre piante montane le quali rallegrano e sorprendono il cittadino dilettante di giardini che per la prima volta le vede in quei boschi, e che non avendole incontrate che negli orti e nei giardini è avvezzo a considerarle colla fantasia come quasi un prodotto della coltura artificiale piuttosto che una spontanea creazione della natura. Dove però la mano dell'uomo ha potuto portare una più fruttifera coltivazione fino presso alle vette, non ha lasciato di farlo, e si vedono di tratto in tratto dei piccioli vigneti posti su un rapido pendio, e che terminano col nudo sasso del comignolo. La riviera è tutta sparsa di case e di villaggi: altri alla riva del lago, anzi nel lago stesso quando le sue acque s'innalzano per le piogge, altri sui varj punti del pendio, fino al punto dove la montagna è nuda, perpendicolare, ed inabitabile. 
Lecco è la principale di queste terre e dà il nome alla riviera: un grosso borgo a questi tempi, e che altre volte aveva l'onore di essere un discretamente forte castello, onore al quale andava unito il piacere di avervi una stabile guarnigione, ed un comandante, che all'epoca in cui accade la storia che siamo per narrare era spagnuolo. Dall'una all'altra di queste terre, dalle montagne al lago, da una montagna all'altra corrono molte stradicciuole ora erte, ora dolcemente pendenti, ora piane, chiuse per lo più da muri fatti di grossi ciottoloni, e coperti qua e là di antiche edere le quali, dopo aver colle barbe divorato il cemento, ficcano le barbe stesse fra un sasso e l'altro, e servono esse di cemento al muro che tutto nascondono. Di tempo in tempo invece di muri passano le anguste strade fra siepi nelle quali al pruno e al biancospino s'intreccia di tratto in tratto il melagrano, il gelsomino, il lilac e il filadelfo. Una di queste strade percorre tutta la riviera ora abbassandosi, ora tirando più verso il monte, ora in mezzo alle vigne, ed ora sulla linea che divide i colti dalle selve. Questa strada è talvolta seppellita fra due muri che superano la testa del passaggero, dimodoché egli non vede altro che il cielo e le vette dei monti: ma spesso lascia un libero campo alla vista la quale quasi ad ogni passo scopre nuovi ampi e bellissimi prospetti. Poiché guardando verso settentrione tu vedi il lago chiuso nei monti, che sporgono innanzi e rientrano, e formano ad ogni tratto seni, o ameni o tetri, finché la vista si perde in uno sfondo azzurro di acque e di montagne; verso mezzogiorno vedi l'Adda che appena uscita dagli archi del ponte torna a pigliar figura di lago, e poi si ristringe ancora e scorre come fiume dove il letto è occupato da banchi di sabbia portati da torrenti, che formano come tanti istmi: dimodoché l'acqua si vede prolungarsi fino all'orizzonte come una larga e lucida spira. Sul capo hai i massi nudi e giganteschi, e le foreste, e guardando sotto di te, e in faccia, vedi il lungo pendio distinto dalle varie colture, che sembrano strisce di varj verdi, il ponte ed un breve tratto di fiume fra due larghi e limpidi stagni, e poscia risalendo collo sguardo lo arresti sul Monte Barro che ti sorge in faccia, e chiude il lago dall'altra parte. Ma non termina quel monte la vista da ogni parte, poiché di promontorio in promontorio declina fino ad una valle che lo separa dal monte vicino; e come in alcune parti la stradetta si eleva al disopra del livello di questa valle, da quei punti il tuo occhio segue fra i due monti che hai in prospetto un'apertura che dalla valle ti lascia travedere qualche parte dell'amenissimo piano che è posto al mezzogiorno del Monte Barro. La giacitura della riviera, i contorni, e le viste lontane, tutto concorre a renderlo un paese che chiamerei uno dei più belli del mondo, se avendovi passata una gran parte della infanzia e della puerizia, e le vacanze autunnali della prima giovinezza, non riflettessi che è impossibile dare un giudizio spassionato dei paesi a cui sono associate le memorie di quegli anni.

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