venerdì 29 dicembre 2017

GRUPPO DI LETTURA: la paura in "Cujo" di Stephen King




Maria Vayola

Da un libro di King forse ci si aspetta di trovare storie di eventi soprannaturali, di elementi esterni che minacciano la vita di noi umani, inspiegabili fenomeni che, inserendosi nella quotidianità, ne alterino il normale svolgimento inserendo al suo interno situazioni che generano paura fino al terrore.
In Cujo è presente questo tipo di paura all'inizio del libro e ha le sembianze di un mostro che si nasconde nell'armadio di un bambino, Tad Trenton, e durante la notte si manifesta e lo terrorizza.  Potrebbe essere quasi inteso, questo inizio, come premonitore di cosa accadrà dopo, un sottofondo che dall'inizio strizza l'occhio all'incomprensibile fuori dalla realtà lasciando aperte interpretazioni altre rispetto allo svolgimento più che razionale di tutta la vicenda che da lì si svilupperà; non solo il bambino, ma anche i suoi genitori, Vic e Donna, avranno di quel mostro un vago sentore, nonostante il loro naturale scetticismo verso i timori di un bimbo nella notte.
E quel mostro assomiglia maledettamente a Cujo, che però è un San Bernardo di quasi 100 chili e che, come tutti i cani della sua razza, è un compagno affettuoso e giocoso, con adulti e bambini. Vive con una famiglia  di tre persone  Charity , Joe  e  Brett il figlio di circa dieci anni . Joe è un meccanico ed abita e lavora in un luogo isolato fuori  paese ed è per il suo lavoro che entra in contatto con i Trenton.
La trama del libro intreccia però tra i suoi protagonisti ben altre paure, molto più correlate al normale svolgimento della vita: quella di Donna di diventare una banale casalinga americana, tra feste di beneficenza e sformati da cucinare il sabato sera, condannata a vedere sempre le stesse facce, sentire sempre le stesse cose, gli stessi pettegolezzi; quella di Vic di perdere il lavoro, l'amore della moglie, la sua famiglia; quella di Charity della violenza fisica, e non solo, del marito su di lei e dell'influenza negativa che può avere sul loro figlio; quella di Brett di non essere all'altezza delle aspettative del padre su di lui. Solo Joe e il suo amico Gary, impenitenti alcolizzati, sembrano non avere paure di sorta, forse loro non si aspettano più alcunché dalla vita, e le loro speranze e paure le hanno già annegate nell'alcool.

mercoledì 27 dicembre 2017

INVITO ALLA LETTURA: Lincoln nel Bardo di George Saunders




Maria Vayola

Premessa: Il Bardo, nella concezione religiosa del Buddismo, è lo stato della mente dopo la morte, uno stato di transizione tra la vita e la rinascita, in cui la coscienza si distacca dal corpo.

Saunders con questo libro lancia una sfida al lettore, alla letteratura e a sé stesso.

Egli si porta e ci porta, per tutta la durata della narrazione, in un luogo dove tutti sono reali ma al contempo al di fuori della realtà fisica, dove il tempo di una esistenza si può concentrare in un attimo o perdersi nell'eternità.
Se il concetto del tempo nel libro è completamente evanescente, il tempo narrativo è ben specificato: è il giorno dei funerali di Willie, figlio undicenne del Presidente, il 24 febbraio 1862. Durante la notte Abe Lincoln da solo, cavalcando un misero cavallo così piccolo che quasi i suoi piedi toccano terra, travolto e stravolto dal dolore per la perdita del figlio, si reca nella cripta dove è stato deposto per stare con lui un'ultima volta.

La sfida al lettore è quella di soggiornare in un luogo straniante e scomodo che lo mette in contatto con l'ambiguità del mistero della vita e della sua fine, con le paure recondite "dell'aldilà", e con il tabù di quello che potremmo, forse, essere quando non saremo più.
La sfida alla letteratura è quella di inserire al suo interno un libro che rompe gli schemi narrativi tradizionali, in una frammentarietà di voci inusuali e spiazzanti a cui si intervallano, casualmente, citazioni, vere e false, di personaggi dell'epoca, in una sorta di responsoriale alternanza tra narrazione surreale e storica.
La sfida per l'autore è quella di realizzare letterariamente il Bardo, luogo di struggente nostalgia, di dolore, pietà e paura in cui si aggirano coscienze in bilico tra il rimanere ancora legati in qualche modo alla vita o l'assurgere ad uno stato diverso e definitivo di pura spiritualità; coscienze dei più svariati personaggi, di diverse estrazioni sociali, colti, ignoranti, ladri, militari, razzisti, ubriaconi, artisti, omosessuali, scapoli, coniugi, madri, tutti con una loro storia, un loro linguaggio, tutti convinti di essere "malati", quindi tutti con la speranza di "guarire".

Sono alcune delle voci di queste coscienze che ci accolgono subito ad inizio libro e che rimarranno con noi fino alla fine, a loro se ne aggiungeranno molte altre in un balletto continuo di anime che parlano, raccontano, commentano, si muovono, partecipano e resistono a lasciare quello stato ambiguo.
Sono loro che accoglieranno Willie - è lui il Lincoln nel Bardo - sono loro che seguiranno il Presidente nella sua notte di dolore che, inconsapevole di cosa lo circonda, farà un gesto che li toccherà profondamente: aprirà la bara del figlio e lo abbraccerà, lo terrà nelle sue braccia, lo accarezzerà parlandogli.

mercoledì 20 dicembre 2017

La pratica della poesia come linguaggio della libertà - Officina Poesia 2017-2018


Sonia Gentili
Quest'anno vorrei valorizzare la riflessione sul senso del nostro laboratorio: non un pollaio-allevamento di "nuovi talenti" a pagamento, ma una comune esperienza della poesia come pratica di un modello antropologico alternativo a quello dominante, cioè programmaticamente aperto, incompiuto e libero.
La poesia implica non lo sviluppo di “competenze produttive” (vale a dire tutte quelle competenze normalmente giudicate utili sul piano della funzione sociale dell’individuo: conoscenze direttamente finalizzata alla produzione del lavoro) ma la liberazione di potenzialità espressive individuali che valorizzino la peculiarità del singolo e la sua facoltà di comunicare socialmente, attraverso l’arte e la creatività, il suo essere individuo.
A partire dal passo platonico che afferma la necessità di cacciare i poeti delle passioni dalla città in quanto dannosi alla formazione del cittadino (Rep. 398A) fino a De Santis che affermava la dannosità della poesia d'amore petrarchesca - malinconica e chiusa nella propria ossessione - per la fondazione dell'Italia unitaria, il diritto a "non servire" in senso sia contingente e politico (non essere al servizio di questo o quel sistema) sia in senso complessivo e antropologico (non contribuire alla creazione del cittadino come individuo "risolto" nell'ingranaggio sociale) è il motivo di censura e la forza della poesia.
Il nostro laboratorio promuove la pratica della poesia come linguaggio della libertà dal perimetro programmaticamente aperto - cioè in trasformazione - e in questo senso costituisce una pratica fondativa di un sé libero.

giovedì 14 dicembre 2017

Jo Shapcott alla Keats-Shelley Memorial House


Fiorenza Mormile

Jo Shapcott (Londra, 1953), una delle più importanti voci poetiche inglesi contemporanee, ha tenuto un reading a Roma il 17 novembre. In questa occasione ha letto i suoi sonetti sulle api, ancora inediti, menzionandone le traduzioni curate dal nostro laboratorio nell’anno 2015/2016.
Questi testi, recentemente usciti sulla rivista semestrale online “Mosaici”, nella sezione dedicata alla traduzione, erano stati letti al Festival di Mantova l’11 Settembre 2016 in occasione della presentazione della sua sesta raccolta, Of mutability, Faber and Faber, 2010, uscita in Italia a cura di Paola Splendore ( Del Vecchio Editore, 2015).
La mutabilità è il pilastro della poetica di Shapcott, stabile sotto forme continuamente cangianti. Ci viene testimoniata una metamorfosi continua, l’esperienza del corpo che si compenetra negli elementi naturali. Nei sonetti sulle api la fusione con il mondo apiario corre in parallelo allo strascico emotivo di un amore intenso bruscamente finito: lui se ne è andato, ma sono restate le sue api. Assistiamo così a una crescente esaltazione metamorfica: “stavo piangendo api”, “con la mia bocca impolverata dal giallo/ del loro polline,/ parlavo api, respiravo api”, “odoravo di ambrosia e pappa reale/ le mie unghie brillavano di propoli ”. Il climax si raggiunge in “ero reame e regina”, ma anche questa esperienza finisce all’improvviso, nel punto in cui “Il favo che/si erano lasciate dietro si dissolse/in sangue e acqua”.

mercoledì 29 novembre 2017

Libro per il gruppo di lettura

La morte di Ivan Il'ic di Lev Tolstoj é il prossimo libro condiviso del gruppo di lettura e sarà discusso sabato 16 dicembre ore 11,00 nella sede di Plautilla, come da prassi.


Il tempo dedicato alla lettura è più ristretto rispetto al solito per evitare che il giorno della riunione si sovrapponga alle festività natalizie, per questo abbiamo scelto, nell'ambito del tema che ci siamo proposti come linea guida alla lettura - le emozioni/la paura - un testo breve ma intenso, di forte spessore letterario e che ben rappresenta la più grande paura dell'essere umano.
Contiamo sulla vostra partecipazione.
Volevamo inoltre avvertire che abbiamo dei problemi con la casella di posta e quindi non abbiamo potuto spedire la newsletter relativa alla settimana corrente, speriamo di risolvere al più presto il problema.








domenica 26 novembre 2017

Inferno di famiglia in due poesie di Dorothy Molloy


    Fiduciosa, la bambina, ©Franca Rovigatti, 2011
Fiorenza Mormile
In occasione della giornata contro la violenza sulle donne presentiamo una denuncia  nella forma inconsueta ed efficace della poesia.
In Hare Soup dell’irlandese Dorothy Molloy (Ballina, Co. Mayo 1942 - Dublino 2004) il tema della violenza ricorre soprattutto sotto forma di abuso contro minori, spesso compiuto nell’ambito familiare. Il luogo abitualmente deputato alla protezione si trasforma in un incubo caratterizzato dalla ripetizione senza scampo. 
I testi, intrisi di una violenza raggelata non priva di humour nero, sono scarni e perturbanti. L’allusione compensa la sottrazione: lo stesso titolo della raccolta, Zuppa di lepre, già rimanda a sapori forti e al sacrificio di una preda. Il lettore, sempre in allarme, è chiamato a decifrare la falsa calma di relazioni familiari ambigue. Lo zoo di nonna s’incentra su una bambina abusata, che mostra suo malgrado la consapevolezza di un’adulta. La nonna intuisce, ma non parla? Non è chiaro. Si limita a fornire amuleti: animaletti selezionati tra quelli più inclini alla copula, che sembrano suggerire, più che esorcizzare, la rumorosa aggressione dell’uomo-elefante. Che giunge alla fine, introdotta per gradi dal rimbombo delle sirene da nebbia (ma foghorn nel linguaggio colloquiale ha pesanti implicazioni sessuali) e dall’immagine intrusiva e altrettanto sonora della locomotiva. 
In Circo di famiglia madre e figlia sono entrambe vittime del marito/padre villoso e muscoloso pur se in modalità diverse. La bambina per difendere la madre crollata sotto i colpi di lui gioca l’arma della seduzione e si immola alle sue richieste, intuibili sotto il camuffamento della performance “circense”. La bambina quindi non solo non trova protezione, ma si sente in dovere di offrirla, nello stravolgimento di ruoli generato dal terrore.  

Lo zoo di nonna

C’è uno zoo nella tasca di nonna:
cavalli e tori, pesci e uccelli,
cervi, maiali e conigli. Segugi.

Quando sto da nonna,
lei tira fuori un animale dalla tasca
e me lo dà:

un amuleto contro le sirene da nebbia
che rimbombano sul molo;

un amuleto contro le locomotive
che fischiano nel buio;

un amuleto contro l’uomo-elefante
che arriva al mio letto barrendo.
(traduzione di Fiorenza Mormile e Anna Maria Robustelli)

Grandma's Zoo

There's a zoo in Grandma's pocket:
horse and bull, fish and bird,
stag, pig and rabbit. Hound.

When I stay with Grandma,
she takes an animaI out of her pocket
and gives it to me:

a charm against the foghorns
booming on the pier;

a charm against the steam-engines
whistling in the dark;

a charm against the elephant-man
who comes bellowing to my bed.


Circo di famiglia

Papi gonfia i muscoli. I suoi bottoni
tintinnano. Il vello del torace spunta fuori
dalla canottiera. Io siedo muta quando colpisce mamma.
Mamma si accascia sulla sedia. Con gli occhi
chiama la sua artista in erba, la sua spalla di scena,
il suo puntello. Resto ferma in lustrini e calzamaglia.
Faccio a papi gli occhi dolci; il tip tap,
la spaccata. Quando il bolo isterico
mi cresce nella gola, inghiottisco la lingua.
(traduzione di Fiorenza Mormile)

Family Circus

Dadda flexes his muscles. His buttons
go ping. His chest-hair springs out
of his vest. I sit mute as he lashes at Mamma.
Mamma slumps in the chair. With her eyes
calls her infant performer, her stage-hand,
her prop. I stand firm in my sequins and tights.
I make doe-eyes at Dadda; tap-dance,
do the splits. When the globus hystericus
swells in my throat, I swallow my tongue.

I testi inglesi sono tratti da Hare Soup, Faber and Faber, London 2004. La Jonathan Williams Literary Agency ne ha autorizzato riproduzione e traduzione.
La traduzione di Grandma’s Zoo è inedita. Per Family Circus  cfr.  La tesa fune rossa dell’amore. Madri e figlie nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese, a cura di L. Magazzeni, F. Mormile, B. Porster, A. M. Robustelli, La Vita Felice 2015.
La riproduzione dell’opera Fiduciosa, la bambina è stata autorizzata dall’autrice Franca Rovigatti.





venerdì 24 novembre 2017

Strane storie di cani



Oggi abbiamo presentato da Plautilla il libro di Maria Teresa Carbone 111 cani e le loro strane storie pubblicato dalla casa editrice Emons, nota soprattutto per i suoi audiolibri, ma anche per i gialli tedeschi e appunto per le guide 111. C'erano molti amici di Monteverdelegge, tanti padroni e padrone di cani che si sono conosciuti nei vialetti alberati di Villa Sciarra e c'era pure Barnie, il bianco cane con le orecchie nere che porta i libri in bicicletta nel logo di Plautilla. Consigliando a tutte e a tutti di leggere questo libro, fatto di  brevi storie che si possono spiluccare a colazione, in tram o la sera, prima di andare a letto, perché ricche di ironia, curiosità e affetto per gli amati quadrupedi, vi anticipiamo, a mo' di assaggio gustoso, la premessa dell'autrice:

Maria Teresa Carbone
Se noi - noi umani si intende – siamo oggi quello che siamo, lo dobbiamo anche ai cani, che ci accompagnano da decine di migliaia di anni nella buona e nella cattiva sorte. Nei loro musi pelosi ci siamo specchiati per secoli, indovinando tratti comuni, che a seconda dei casi abbiamo accolto o tenuto a distanza:  siamo cani sciolti, ci guardiamo in cagnesco, facciamo una vita da cani...
Nel tempo i cani hanno imparato a capirci, quasi certamente più di quanto noi riusciamo a capire loro. Si sono adattati agli ambienti dove abbiamo vissuto insieme e ai lavori – molti, spesso faticosi – che abbiamo chiesto o imposto loro di fare: per questo hanno forme e dimensioni diversissime, come non accade a nessun'altra specie sulla terra.
Tanti di loro sono diventati celebri presso noi umani, e di alcuni troverete le storie nelle pagine che seguono. Ma qui vorrei ricordare dei cani che all'apparenza non hanno fatto niente di speciale: non hanno corso centinaia di chilometri per ritrovare i loro compagni umani, non hanno praticato sport eccentrici, non hanno combattuto in guerra, non sono diventati stelle del cinema, della televisione o dei social network.
Per nessuno di questi cani, che per alcuni anni si sono ritrovati giorno dopo giorno lungo i viali di Villa Sciarra, a Roma – Lilli, Barnie, Tempesta, Tessie, Camilla, Indy, Sofia, e la lista potrebbe continuare a lungo – sarà eretto un monumento. Sono vissuti (e alcuni ancora vivono) quietamente, anche quando erano – o sono – famosi per i loro latrati penetranti o per la loro impenitente tendenza a lanciarsi all'inseguimento degli amanti del jogging mattutino.
Chi però ha avuto la fortuna di conoscerli e di condividere insieme a loro un pezzetto della propria vita sa che ciascuno è stato, ed è, unico e irripetibile. Come unici e irripetibili sono i cani senza storia che popolano il mondo.
Ai cani di Villa Sciarra, e ai milioni di loro compagni senza storia, è dedicato questo libro. 

domenica 19 novembre 2017

Laboratorio di traduzione di poesia: Joy Harjo


Joy Harjo, foto di Karen Kuehn
Fiorenza Mormile
Il laboratorio di traduzione è nato per condividere il piacere della traduzione di poesia dall’inglese.
Si può partecipare anche in veste di semplici uditori, le riunioni sono aperte a tutti. Negli incontri a scadenza quindicinale (ogni due martedì dalle 17:00 alle 19:15) ognuno confronta con gli altri la propria traduzione del testo del giorno, deciso in precedenza dal gruppo. Chi ama tradurre esce dalla sua solitudine per confrontarsi con le soluzioni degli altri, superando limiti, automatismi e personalismi.
La resa finale, collettiva, si sviluppa progressivamente: ogni poesia, prima di essere pubblicata sul blog, richiede più di un incontro. Le tematiche privilegiate finora sono state quelle relazionali, ambientali, interculturali. Anche quest’anno (il sesto) intendiamo occuparci di più autori, a partire dalla poetessa nativa americana Joy Harjo che nella sua poesia dà voce al disagio dei nativi americani, riconnettendosi alla propria tradizione.
Vi aspettiamo il 21 novembre, e comunque, seguiteci sul blog.  

Maria Adelaide Basile
Joy Harjo, nata a Tulsa in Oklahoma il 9 maggio 1951, membro della Mvskoke/Creek Nation, è un’apprezzata scrittrice statunitense. Laureata in scrittura creativa nello Iowa, attualmente insegna Inglese e American Indian Studies all'Università dell'Illinois. Impegnata nella rivendicazione dei diritti dei nativi americani e delle donne è autrice di sette libri di poesia, del memoir Crazy Brave e anche performer, musicista e cantante. Dichiara di non vedere separazione tra le arti così come tra tutto ciò che appartiene al pianeta terra: umani, piante, animali, acqua, cielo... Musica e poesia, pittura e disegno, storie e canzoni costituiscono tutto un insieme che è l’arte, che «replica l’intento della creazione».
La sua è al tempo stesso poesia della memoria e poesia dell'attualità. Come nativa di antica discendenza appartiene a una generazione che oggi è «la porta di accesso alla memoria» (Crazy Brave, cit, p.1); e tuttavia, come osserva in un'intervista del 2008 con Barbara Goldberg, le nuove generazioni sono in gran parte urbanizzate, hanno perso la lingua madre, devono riconquistare le proprie radici e far valere i propri diritti. Lei stessa ha studiato da adulta la lingua del padre, un indiano Creek, e nella sua scrittura la mescola all'inglese, cui pure riconosce il merito di aver permesso la comunicazione tra le tribù.                             
Harjo riesce a far dialogare passato e presente, a conciliare gli opposti come rabbia, dolore e amore. Le istanze di salvaguardia del pianeta nella sua scrittura in versi e in prosa acquistano oggi pregnanza e urgente attualità pur avendo radici nella tradizione degli indiani d'America che dialogavano con il creato consapevoli di esserne parte.
Joy ha sempre un'apertura, il desiderio di non farsi sopraffare, la fiducia interiore nella possibilità di superare i condizionamenti, il dolore, lo stesso pur legittimo risentimento che porta alla dipendenza dalla vendetta e dalla guerra.            


giovedì 16 novembre 2017

IL video RISVEGLIO al Festival Lo Spiraglio al Lido il 16 novembre 2017


Il video Risveglio, realizzato nei laboratori Con il corpo vivo e Con il corpo scrivo tenuti da Maria Cristina Reggio e Maria Teresa Carbone con gli utenti di Cantiere 24, è stato selezionato per partecipare al festival Lo Spiraglio al Lido, rassegna di cortometraggi e documentari sulla salute mentale. La rassegna del festival si svolge il 16 novembre al Teatro del Lido di Ostia.
I testi poetici del video sono  di Antonella Cecchi Pandolfini,  Lamberto Di Fabio, Virginia Valletta, Antonella Venanzi e loro stessi hanno realizzato tutte le azioni filmate, insieme con  Maria Cristina Masotti e Nicola Barricelli.
I laboratori sono stati condotti con la  supervisione della dottoressa Patrizia Vincenzoni e sono il frutto di una  collaborazione tra l'associazione  Monteverdelegge e il Centro diurno Colautti 24. 




martedì 14 novembre 2017

martedì 7 novembre 2017

Un amore in forma di pagina

Maria Teresa Carbone
L'Italia è un paese dove si legge, in media, molto poco. Lo vediamo quando osserviamo i passeggeri di una metropolitana o di un treno, e non possiamo fare a meno di notare quanto siano rare le persone che hanno in mano un libro. E ce lo ricordano impietose le statistiche anno dopo anno, ogni volta che si pubblicano i dati sulla fruizione culturale. Per qualche giorno si piange. Sui media gli esperti osservano come la diffusione della lettura sia correlata al benessere economico di un paese – lasciando intendere che se solo leggessimo un poco di più, saremmo tutti più ricchi. Ma poi, che l'equazione sia vera o no, i dati vengono dimenticati e tutto continua come prima, quasi che la scarsa passione per la lettura fosse un tratto caratteristico e ineliminabile dell'Italia, come la sua forma a stivale o il suo essere una penisola.
Non è così, e lo dimostra il progressivo aumento della lettura in Spagna, dove negli ultimi quindici o vent'anni sono state adottate e attuate in questo senso politiche energiche e, a quanto pare, fruttuose. Politiche che, d'altro canto, qui come ovunque, possono avere successo soltanto se partono dal presupposto che leggere non è scontato, che la lettura non appartiene alle attività “naturali” (per quello che può valere la parola) degli umani, come mangiare o parlare o camminare, ma va appresa e nutrita e praticata e stimolata, esattamente come avviene con uno sport o con uno strumento musicale. Per questo, “i dubbi intorno al piacere, forse anche al dovere, o alla necessità, o perfino alla inevitabilità del leggere, non devono essere mai repressi, o cancellati, o elusi”.
La frase, tratta dal saggio I diamanti in cantina di un pedagogista autorevole come Antonio Faeti, si trova nelle prime pagine di un testo, Il primo libro non si scorda mai, che ha un sottotitolo impegnativo, “Storie e idee per innamorarsi della lettura tra 5 e 11 anni”, e si rivolge a tutti coloro – genitori, insegnanti, bibliotecari – che si pongono il problema di accostare i bambini ai libri (o viceversa). E il fatto che l'autrice, Carla Ida Salviati, fra i maggiori esperti italiani di lettura per l'infanzia, la citi all'inizio di questo suo vademecum, chiarisce subito qual è l'impostazione di base – che appunto non esiste una idea astratta del libro, calata dall'alto e uguale per tutti, ma una pluralità di soggetti e di comportamenti, talora anche contraddittori fra loro e che tuttavia possono coesistere e che – soprattutto quando si parla di bambini – la lettura è un lungo allenamento, ed è un bel guaio se manca l'amore, anzi l'innamoramento che porterà a un amore – si spera – duraturo e senza il quale la fatica è solo fatica.
Così Salviati accompagna i suoi lettori adulti, lasciando intendere tra le righe, ma in modo inequivocabile, che loro stessi dovranno – se già non lo conoscono – scoprire e condividere con i figli o con gli allievi questo incantamento. Potrà accadere attraverso la lettura ad alta voce (“un dono al quale è difficile rinunciare”) o più tardi attraverso la scelta di titoli adatti, i più vari tra loro. In questo percorso, scandito su una architettura amabile e rigorosa (ogni capitolo contiene una parte generale introduttiva, dei puntualissimi consigli di lettura e infine una esperienza concreta in quel dato ambito), ai genitori, agli insegnanti e ai bibliotecari l'autrice non ha paura di mostrare i propri gusti, le proprie inclinazioni, e ricorda che gli adulti possono contare, come alleati formidabili, sui bambini stessi, perché “tutti i bambini, prima di leggere, vogliono imparare a leggere”. Molti, troppi, di loro perderanno questo desiderio e addirittura si dimenticheranno di averlo avuto. Ma non sarebbe ineluttabile.

Carla Ida Salviati
Il primo libro non si scorda mai
Giunti

pp. 144, euro 16

Questo articolo è uscito su alfabeta2 il 3 novembre 2017

venerdì 3 novembre 2017

Marco Giovenale, Due testi da Oggettistica

Marco Giovenale, Sibyls

Proponiamo qui alcuni testi inediti di Marco Giovenale, finalista al premio Pagliarani 2017 con la raccolta Strettoie (Arcipelago Itaca). Giovenale sarà tra i partecipanti di un ciclo di incontri di poesia che Monteverdelegge sta organizzando per i prossimi mesi.

Tutta vita
Dopo il semaforo è tutta campagna. Dopo il semaforo è tutta enciclopedia. Da qui in poi è tutta campagna, da qui in poi è tutta enciclopedia. Da qui in avanti è tutto cambiato, è tutto cambiato negli ultimi trent’anni. Da qui in avanti è tutta enciclopedia, da trent’anni è tutta enciclopedia. Passata l’enciclopedia è tutta campagna. Dopo l’enciclopedia c’è soltanto la campagna, la campagna con il suo sapere enciclopedico diretto, eterodiretto, le erbe, gli uccelli, gli insetti. È tutta campagna. Poi dopo trent’anni non c’è più campagna. Da qui in avanti è solo enciclopedia. I nomi, da qui in avanti cominciano i nomi, gli insetti, le erbe, cominciano le ruberie, cominciano i ti faccio vedere, gli assessori, da qui in avanti è tutto assessori, trent’anni, tutto assessori, trent’anni fa non c’era neanche qui. Prima qui era tutta campagna. Città con macchie di campagna. Nella preistoria, prima, lo dice la parola. Prima neanche a parlarne. Prima della parola, neanche a dirlo, o a parlarne. Adesso nel cortile ci sono le galline, razzolano in sei sette. Sono grasse e marroni. Solo adesso. Da qui in avanti è tutto cenozoico, animali ibridi, pezzi di vegetali, staccati mischiati, una spora lì un ramo qui, un corallo nel becco, una scansione inattuabile irrealizzabile, dei pezzi, pezzi che restano sconcertati sul tavolo, il tavolo anatomico, sull’inameno tavolo anatomico. Tra i pezzi respirano, c’è il respiro grosso, nel cenozoico, si respira male, ballano le galline, bollono, nella campagna, passano il vitto, passa uno, due, è tutta enciclopedia, c’è poco cibo, si stanca, tre. Si vede come intorno. Come fosse intorno, saranno sei sette, saranno quattro. Si vede come intorno a un disco tutto è diventato enciclopedia. Forse anche in meno di trent’anni. Il disco si vede come intorno al disco.

* * *

N.
È seduta in giardino compostamente
Non è un giardino
È un orto
Ci sono piante da frutto
Con i loro frutti
Non la vedo seduta
Sta dietro lo steccato in piedi
Osserva i polli i pulcini le galline
No sono oche
Osserva le oche
Fanno un verso impettito
E vanno impettite da un capo all’altro
Quasi veloci per il becchime
Non sono veloci
È la loro andatura
Non so se è la loro non si può dire
Potrebbe essere il passo del video
È l’andatura che hanno oggi
Neanche questo è certo
Se fosse la stessa di ieri
Chi può mai dirlo non eravamo qui ieri
Non saremo qui domani
Lei dallo steccato lancia bocconi
Era prevedibile
Qualcosa
Le oche si avvicinano
Non sembra anzi le sfuggono
Hanno paura allora
Forse e non sono bocconi ma sassi lanciati
Ha in sé dello schietto sadismo forse
Sembrava seduta con le gambe accavallate
Invece è ritta allo steccato osservando lo spettacolo
Sembrava piegata
Deprimente sciatta semmai
Forse uno spettacolo ambiguo
Non direi anzi chiaro forse
Donna nel sole con oche
È nuvoloso e peggiora
Non sono oche se vedi bene
Nel sole
È un film dunque sono filmate
Ma il film fa riferimento al vero
Chi può verificarlo
Sinceramente

sabato 14 ottobre 2017

Al Teatro Vascello arriva Un Vascello di editori, giovedì 19 ottobre, ore 17-19.30


Si chiude con una grande festa il progetto “Autoritratto di editore”, vincitore del bando della Regione Lazio “Io leggo”: il 19 ottobre dalle 17,00 alle 19.30 presso il foyer del Teatro Vascello le quindici case editrici che hanno aderito all’iniziativa, gli studenti di quattro scuole di Monteverde, gli utenti del centro diurno di via Colautti e gli abitanti del quartiere si riuniranno per la prima volta dopo mesi di lavoro, per festeggiare la conclusione del progetto e l’avvio di un sito, www.autoritrattodieditore.it, che si propone come primo passo verso un portale dell’editoria romana e laziale.
“Autoritratto di editore” è nato nel municipio XII di Roma da un’idea dell’associazione culturale Monteverdelegge, attiva sul territorio dal 2008, e ha coinvolto case editrici, scuole e centro diurno, al fine di raccogliere dei “ritratti di editore” che spieghino in modo semplice e divulgativo il mestiere dell’editore.

Come immagini i lettori della vostra casa editrice? Qual è la linea editoriale che guida la pubblicazione dei vostri libri? Come definiresti lo stile delle vostre copertine?
A queste e ad altre domande sono stati chiamati a rispondere gli editori indipendenti coinvolti nel progetto (Contrasto, Donzelli, Elliot, Emons, E/O, Exorma, Laterza, minimum fax, Nutrimenti, Orecchio acerbo, Playground, Sinnos, Tunué, Voland, 66thand2nd), che dallo scorso febbraio hanno incontrato gli studenti e gli utenti del centro diurno, per raccontare la loro esperienza editoriale, ripercorrendo le fasi di lavorazione di alcuni titoli significativi del loro catalogo.
Gli allievi di alcune scuole del quartiere di Monteverde (Liceo Scientifico  Morgagni, Liceo Classico Luciano Manara,  IIS Federico Caffè, IC Largo Oriani), al termine degli incontri, hanno redatto degli “autoritratti di editore”, mettendo in luce gli aspetti più caratteristici di ogni casa editrice: la linea editoriale, lo stile grafico, la provenienza geografica dei libri, i costi, il numero degli impiegati, i casi editoriali, le strategie di comunicazione, la “mission” di ciascun progetto editoriale.
In parallelo, gli utenti del centro diurno Cantiere 24 di via Colautti hanno rivolto agli stessi editori delle domande all’interno di un ciclo di video-interviste, raccolte, insieme agli “autoritratti” degli studenti, nel sito internet dedicato all’iniziativa (www.autoritrattodieditore.it), insieme a fotografie, disegni e materiali visivi.

Autoritratto di editore è un progetto di Monteverdelegge finanziato con la legge regionale 21 ottobre 2008, n.16 - Avviso Pubblico IO LEGGO


mercoledì 4 ottobre 2017

Giovedì 12 ottobre iniziano da Plautilla gli incontri sul pensiero della destituzione.



Antony Gormley, Human, Firenze 2015

Il pensiero della destituzione
Testi, discorsi, pratiche
 incontri  2017-2018 presso la bibliolibreria Plautilla
Centro Diurno Cantiere 24 (Asl Roma3), via Colautti 30, 
Il giovedì dalle ore 17 alle 19

Gli incontri, aperti e gratuiti, saranno dedicati al pensiero della destituzione. Destituire significa lasciare a se stesse le istituzioni e i dispositivi, i saperi e la prassi. Il gesto destituente è anzitutto un gesto recessivo: fare un passo all’indietro per scoprire i paradigmi e i referenti che “danno senso” alle diverse epoche storiche, nella loro realtà di fantasmi e nella loro funzione normalizzante.
Cerchiamo di vedere come in alcuni luoghi dell'opera di Michel Foucault, Reiner Schurmann, Giorgio Agamben, il pensiero della destituzione attraversa la riflessione.
Di Foucault consideriamo le grandi analisi del sapere medico e psichiatrico-legale e i connessi poteri di normalizzazione. In questa direzione cerchiamo di mostrare come una certa strategia contro-analitica destituisce i discorsi sul valore simbolico del "padre" e sul primato del desiderio contro il godimento.

Nel pensiero di Schurmann vedremo come agiscono i “fantasmi egemonici” e come il "bisogno di principi" e di fondamento sia il modo in cui operano i dispositivi di governo della vita.
In alcuni luoghi dell'opera di Giorgio Agamben cerchiamo di tracciare nelle continuità della ricerca genealogica le zone di indistinzione di pensiero e prassi e le procedure possibili di disattivazione della macchina filosofico-politica occidentale.
Chi “tiene” gli incontri:
Alessandro Baccarin, ricercatore “autonomo” in Storia e Filosofia Antica. E’ autore di articoli sull’erotismo nel mondo antico e sul pensiero di Michel Foucault. Di recente ha pubblicato la monografia Il sottile discrimine. I corpi tra dominio e tecnica del sé (Ombre corte, 2014).
Paolo Godani, ricercatore di Estetica all’Università di Macerata, è autore di saggi e testi tra cui Estasi e divenire. Un'estetica delle vie di scampo (2001), Deleuze, (2009), Senza padri. Economia del desiderio e condizioni di libertà nel capitalismo contemporaneo (2014), la vita comune. Per una filosofia e una politica oltre l’individuo (2016).

Andrea Russo, ricercatore indipendente, autore di saggi e testi tra cui L’uniforme e l’anima. Indagine sul vecchi e nuovo fascismo (2009).
Marcello Tarì,  ricercatore indipendente. Ha vissuto negli ultimi anni tra la Francia e l’Italia. È autore di numerosi saggi e testi tra cui Il ghiaccio era sottile. Per una storia dell’autonomia (2012), Non esiste la rivoluzione infelice (2017).
Paolo Vernaglione Berardi, insegnante di filosofia e storia, è autore di saggi e testi tra i quali Il sovrano, l’altro, la storia (2006), Dopo l’Umanesimo (2008), Filosofia del comune (2013), Michel Foucault. Genealogie del presente (a cura di, 2014); Scritti per Walter Benjamin (a cura di, 2016).

Per informazioni e adesioni scrivete a:

Calendario


12 Ottobre
Fantasmi che comandano
con Paolo Vernaglione Berardi
Il filosofo Reiner Schurmann ha esemplato il processo che genera i principi epocali, cioè i valori intorno a cui ruotano la vita quotidiana e il senso comune, dimostrando che essi sono privi di fondamento. Fantasmi egemonici che si installano come referenti ultimi e comandano un’epoca.
Attraverso l’uso di categorie prospettive, retrospettive e di transizione possiamo osservare il doppio aspetto di questi fantasmi.

26  ottobre
La storia del pensiero alla luce dell’evento
con Paolo Vernaglione Berardi
La destituzione della metafisica inizia con Nietzsche e si compie con Heidegger nel luogo di produzione del pensiero. Se la storia filosofica della filosofia è impossibile, l’archeologia filosofica ci consente, a partire da questa soglia inenarrabile, di leggere i filosofi come eventi di transizioni egemoniche. Parmenide, Plotino, Cicerone, Agostino, Meister Eckart, Lutero, Kant, Heidegger sono questi eventi.

9 Novembre
Agalmatofilia: archeologia di un fantasma letterario
con Alessandro Baccarin
Richard von Krafft-Ebing, nella sua Psycopathia Sexualis, la prima sistematizzazione del sapere sessuologico da parte di una nascente psichiatria sempre più interessata alla partizione fra normalità e devianza, ricordava che l'agalmatofilia, ovvero quella insana passione per statue ed oggetti inanimati riproducenti figure umane, riscontrava ai suoi tempi la registrazione di un singolo e isolato caso. L'agalmatofilia costituisce solo una delle infinite forme di "devianza" che il sessulogo tedesco ha studiato. In qualità di fantasma culturale, l'agalmatofilia emerge come problema sessuale e psichiatrico nel XIX secolo, quando anche le letterature classiche vengono piegate alla necessità di formare un repertorio utile alla nuove esigenze di una psichiatria e di una medicina, cooptate in funzione normalizzante.

23 novembre
Un archeologo della filosofia si aggira in città
con Paolo Vernaglione Berardi
Giorgio Agamben ha definito la pratica dell’archeologia filosofica. Essa è quel luogo del pensiero a partire dal quale è possibile retrocedere alle condizioni di possibilità della sua arché in ordine alla sua destituzione. Indagando le più rilevanti figure e funzioni economico-teologiche della filosofia politica, nella sua vasta opera egli ha mostrato come il sapere occidentale è percorso da un’istanza di disattivazione dei dispositivi filosofici, antropologici e politici.

14 dicembre
Un’altra vita, un altro sapere
con Paolo Vernaglione Berardi
Il corpo, il linguaggio e il paesaggio sono le realtà inappropriabili dalle tecnologie di governo della vita nella modernità. L’uso invece della proprietà, l’inoperosità invece della produzione ci introducono ad un’etica in cui la politica è estetica dell’esistenza. Il gesto oggi più politico coincide così con la profanazione e la disattivazione degli attuali dispositivi di sapere-potere.

18 gennaio
Il potere psichiatrico e le sue istituzioni
con Paolo Vernaglione Berardi
 Negli scorsi anni Settanta Michel Foucault ha indagato la società punitiva e i regimi di contenzione in uso nelle democrazie capitaliste. La clinica, l’ospedale psichiatrico, la scuola, la fabbrica, la caserma, sono i luoghi di una sorveglianza panottica in cui si articolano i dispositivi disciplinari. Indagando la “funzione Psy” emerge la genealogia dei dispositivi di cattura che separano salute e malattia, normalità e follìa.

25 gennaio
Psichiatri, giudici e degenerati
con Paolo Vernaglione Berardi
Foucault rintraccia gli “anormali” all’interno del sapere psichiatrico e della perizia medico-legale  tra la metà del XVIII e la metà del XIX secolo. Invertendo il paradigma che considera deviati e malati di mente come soggetti da curare, internare, detenere e, al limite, “lasciar morire”, scopriamo che sono i discorsi psicologico e psicoanalitico a designare l’anormalità all’interno di un campo di sapere-potere.

15 febbraio
Finalmente un po' d’aria pura
con Paolo Godani
La retorica del “padre”, la sua nostalgia, il ritornello monotono a ritornare alla figura simbolica della legge, sotto la quale starebbe il materno “desiderio” come l’istanza regolata del piacere, accompagnano gli appelli all’ordine, nelle “democratiche” società di normalizzazione. Ma c’è un’altra interpretazione, più convincente, dei reali rapporti di potere: cioè che sono proprio le istituzioni disciplinari a partire dalla famiglia, a produrre il più intenso disagio. Essere “senza padri” diviene allora la pratica politica più adeguata per sottrarsi a queste istituzioni.

22 marzo
Archeologia della pornografia     
con Alessandro Baccarin
La pornografia è una categoria, dello sguardo piuttosto che della morale, che passa dalla scienza archeologica e filologica a quella politica, con la produzione tardo libertina e illuminista, e a quella psichiatrica, con il dibattito sorto nel XX secolo. La nozione emerge come espressione di un dispositivo di sessualità che separa soggetto e desiderio. La dimensione espositiva del desiderio e quella segregativa sono espressioni di due diversi tipi di società: quella antica greco-romana e quella moderna occidentale. La profusione web-porno opera la segregazione dell'osceno capace di produrre un individuo sessualmente determinato.

29 marzo     
Archeologia della Clinica
con Alessandro Baccarin
Ne La nascita della clinica (1963) Michel Foucault si sofferma su un passaggio epistemico fondamentale: se il medico fino all'alba dell'epoca moderna poneva al paziente la domanda "come ti senti", quello successivo, a partire dall'età classica (XVII-XVIII), chiede invece "dove ti fa male".  In questa trasformazione compare un nuovo oggetto, "l'uomo". Nasce in questo nodo storico fondamentale la capacità moderna di costruire identità attraverso parametri come normalità, disciplina, libertà, ovvero nasce quella che diverrà la biopolitica del presente.

5 aprile
Risalendo, il ritorno
con Paolo Vernaglione Berardi
La considerazione dell’origine come principio e comando ci determina a ripensare radicalmente il discorso filosofico e il vocabolario metafisico. In questa inversione, che è un retrocedere del pensiero in direzione dell’ arché scopriamo la matrice an-archica dell’esperienza, prima tra tutte la costituzione di valori fantasmatici che funzionano come referenti ultimi.

19 aprile
La forma di vita di un non soggetto
con Andrea Russo e Marcello Tarì
“La creatura è la corporeità singolare, an-archica, solitaria, di una classe minore, profana, non numerabile, senza qualità e priva di speranza, la quale, però, proprio in quanto senza fondamento, può destituire questo mondo...”.

domenica 3 settembre 2017

Meri Lao, sette vite e trentacinque libri


Maia Giacobbe Borelli

Dopo aver trasmesso la passione per la musica (e per la vita) alle centinaia di persone che l’hanno conosciuta, Meri Franco Lao, 89 anni, nata a Milano nel 1928 con il nome di America Franco da genitori anarchici, antifascisti e anticlericali,
trasformando la sua stanza d’ospedale con vista sul Tevere in un luogo d’incontri e di festa, dove decine e decine di persone sono andate a salutarla con spirito lieve,
è passata ad altra vita, il 29 Agosto scorso, accompagnata dall’affetto del figlio Curzio e di tantissimi amici, colleghi e allievi.
Meri Lao è riuscita così a mettere in scena in modo naturale la propria morte, dopo aver rifiutato ogni accanimento terapeutico, in coerenza con la sua scelta di aderire all’Associazione Luca Coscioni, per l’autodeterminazione individuale e per il diritto a una morte dignitosa, che è stata come lei l’ha voluta.
Così Meri ci ha salutato ed è scivolata via come una sirena, immergendosi per altri mari a noi ancora sconosciuti.

Come parlare delle sue sette vite?
Sperimentatrice, scrittrice e musicista da sempre, maestra di yoga e di vita, ha trascorso la prima infanzia a Buenos Aires, dove, scoperta la naturale inclinazione per la musica, inizia a studiare pianoforte, a 16 anni tiene i primi concerti, poi a Montevideo, dove si diploma come insegnante di Musica a 21 anni all’IFAP, Instituto Formación de Profesores Agregados.  Frequenta anche il corso “Arte y Teatro Moderno” presso la Facultad de Humanidades, dove si laurea con due tesi Personajes femeninos en la obra de Ibsen e Futurismo: el arte de los ruidos.
Nel 1949 si sposa con Folco Lao, ex ufficiale della Marina italiana. Il piccolo appartamento della giovane coppia, è un luogo di riunione di musicisti, letterati, architetti.
Nel 1953 è Parigi da sola, dove si forma e perfeziona con la pianista Eliane Richepin, maestra e amica il cui marito, Tristan Richepin, le farà da impresario nel fortunato decennio della sua carriera pianistica. L’attività musicale proseguirà poi con concerti alternati a conferenze su Luigi Nono, Aldo Clementi e la musica d’avanguardia più in generale.
In Italia, e definitivamente a Roma, dal 1954, è stata una pioniera della musica ribelle e della musica strega, concertista di piano, autrice di manuali di musica per le scuole (La Nuova Italia), traduttrice, sceneggiatrice, maestra del tango, da lei inteso come forma d’arte classica, sirenologa e sirena lei stessa.
Dal 1955 al 1958 ha lavorato alla Camera di Commercio Internazionale di Roma.
Dal 1968 al 1971 si stabilisce con la famiglia a Cuba lavorando all’ICAIC, la famosa scuola di cinema, e all’ICR come consulente radio e TV. Quel periodo di intenso fervore politico e sociale la vede impegnata nella traduzione spagnola di Lettera a una professoressa di Don Milani, che conoscerà ripetute edizioni in Uruguay e Argentina.
Meri è stata quindi pianista, insegnante di musica (ha insegnato Storia della musica e del teatro, Coro e Spettacoli), scrittrice, ha scritto in Italia saggi sui canti di protesta dell’America Latina (con Michele Straniero e Giovanni Pirelli) e sul tango, la sua passione, per lei non un ballo ma un sentimento.
Ha fatto cantare e ballare generazioni di studenti e studentesse, insegnando in molte scuole, tra queste le Scuole Montessori e i Licei Sperimentali di Roma (prima al Liceo Unitario Sperimentale di via della Bufalotta poi al Liceo Virgilio); è stata socia dell’Istituto di Fonologia di Milano (Luigi Nono, Bruno Maderna, Zuccheri) e di Nuova Consonanza (Aldo Clementi, Antonio De Blasio, Franco Evangelisti, Boris Porena, Giacinto Scelsi).
È stata attivista in gruppi politici antimperialisti latinoamericani, italiani e francesi, a tale proposito ha pubblicato una Cronologia delle invasioni imperialiste in America Latina su Quaderni Piacentini nel 1967 e a Parigi Basta! Chants de témoignage et de révolte de l’Amérique Latine, inedita raccolta di canti di protesta di un intero continente, corredata da traduzioni e trascrizioni su pentagramma.
A partire dagli anni ’70, Meri si concentra su temi legati alle donne; nel 1976 fa scalpore il suo Musica strega. Per la ricerca di una dimensione femminile nella musica, ritenuto il primo gender’s study in materia.

E sarà proprio un suo laboratorio di vocalità femminile legata al gesto ad attirare l’attenzione di Federico Fellini, che le chiede una canzone per La città delle donne.
Grazie all’amicizia con Astor Piazzolla, inaugura uno dei filoni principali della sua sfaccettata produzione artistica: quella dedicata al tango, scrivendo nel 1975 Tempo di tango (La storia, lo sfondo sociale, i testi, i personaggi, la fortuna e il revival).
Fonda nel 1995, insieme a Roman Gubern, l’Accademia Scientifica del Tango e del Bolero in Italia, istituita presso l’Istituto Cervantes di Roma.
Nei primi anni del XXI secolo, Meri dà alle stampe Todo Tango. Cronache di una lunga convivenza, summa sui generis di un mondo culturale e sociale prima che musicale.
Ha scritto numerosi programmi TV e radiofonici. Ha pubblicato un totale di 35 libri, tra cui «Fare musica» (1968), «Sirene (da Omero ai pompieri)» (1985) e «Musica strega», «Pseudopodi», ha messo in scena vari spettacoli, portato avanti per dodici anni "Tanghitudine", il suo one woman show  per pianoforte, voce e immagini.
Ha tenuto una rubrica durante due anni e mezzo nel supplemento settimanale satirico TANGO diretto da Sergio Staino del quotidiano «L'Unità».
Meri Lao ha ricevuto nel 2001 il Premio Tenco per l’opera di diffusione della canzone latinoamericana, nel 2007 il Premio Musica Europa alla Carriera del Versilia Jazz Festival e, nel 2008, il premio Capri dell’Enigma – Letteratura.
Nel 2013 pubblica il Dizionario maniacale del Sette, sorta di raccolta enciclopedica che spiega in 777 voci il significato del numero in tutte le epoche e culture, spaziando dall’arte alla religione, dalla canzone alla scienza.
Assumendo sempre in prima persona, l’impegno politico inteso nel suo senso più alto, recentemente, ancora si indignava per l’intervento americano in Siria, da lei definito come la “solita ennesima trafila colonialista degli americani”.
Ha continuato a curare ricerche multimediali sulla didattica della musica, le sirene, il tango, l'uovo, il sette, e ad andare in scena con i suoi monologhi fino a pochi mesi fa. Dal letto d’ospedale si rammaricava di aver dovuto disdire gli ultimi concerti estivi, perché “Mannaggia, non mi sento tanto bene…”
Battagliera e controcorrente fino all’ultimo, Meri ha completato le sue sette vite. Per sua volontà, niente funerali, un omaggio dedicato a lei avrà luogo a Roma con tempi e modi che saranno comunicati fra qualche settimana.
Una pagina, da cui sono tratte queste note, le è consacrata nell’Enciclopedia delle donne.

Nota: Monteverdelegge ricorda con particolare affetto Meri Lao, che in diversi messaggi ha espresso la sua simpatia per la nostra associazione. Purtroppo non è stato possibile averla ospite da Plautilla, ma è in programma nei prossimi mesi un incontro dedicato alla sua opera.

sabato 15 luglio 2017

Mvl teatro: fino al 26 luglio Danza Fuori programma al Teatro Vascello

Romeo e Giulietta 1.1 , foto di Serena Nicoletti 

Al teatro Vascello prosegue fino al 26 luglio il festival Fuoriprogramma  e, dopo le composizioni in movimento della compagnia La Veronal, in cui i corpi  danzatori sembravano scomporsi e ricomporsi in un unico corpo metamorfico e dopo le traiettorie degli atleti del gruppo Nanou che rompevano le geometrie di un ring quadrato, si prosegue venerdì 14 luglio con la compagnia torinese Zerogrammi che presenta JENTU, un lavoro di teatro danza sulla figura dell'anti-eroe che  prende spunto dal Don Chichotte di Cervantes.

A seguire, il 18 luglio, ROMEO E GIULIETTA 1.1, la sfocatura dei corpi,  della Compagnia Zappalà Danza, con musiche dei Pink Floyd, Elvis Presley, Luigi Tenco, José Altafini, Mirageman, John Cage, Sergei Prokofiev:  un lavoro che, prendendo spunto dalla tragedia di Shakespeare,  lavora sulla distanza tra due corpi, sull' opacità che offusca  il ricordo di un corpo amato da cui si è separati.

Si chiude il 26 luglio con OF MAN AND BEAST, della Company Chameleon, che esplora la costruzione odierna  del mito della virilità, seguito da due coreografie di Mauro Astolfi per Spellbound contemporary ballet, THE HESITATION DAY e THE DIVIDED SELF.

venerdì 7 luglio 2017

Mvl teatro: FUORI PROGRAMMA, festival di danza (con aria condizionata) al Teatro Vascello

La Veronal©Marica_Kolcheva
Per tutti coloro che siano appassionati, o semplicemente curiosi della danza contemporanea, dal 9 al 26 luglio il Teatro Vascello offre una rassegna internazionale, il Festival Fuori Programma in collaborazione con European Dance Alliance - Valentina Marini Management.

Monteverdelegge teatro andrà a vedere gli spettacoli e terrà un diario del festival ad uso dei lettori del blog. Pubblichiamo di seguito il programma che vedrà alternarsi diverse compagnie di danza europee sul palco del Vascello, lo storico e prestigioso  teatro di Monteverde da sempre impegnato nella ricerca di nuove forme nelle arti performative.
Si apre il 9 luglio con la compagnai spagnola  La Veronal che presenta il frutto di cinque anni di lavoro, confluiti nell'elaborazione di  KOVA, un codice di linguaggio corporeo attraverso il quale i danzatori  seguono, per i loro movimenti coreografici, regole autoimposte e condivise di dinamismo corporeo astratto, non mimetico. 
Seguono, dall'8 al 10 luglio, il gruppo Nanou, con il suo lavoro Xebeche [csèbece], un lavoro sul recinto geometrico che limita e delimita il corpo e, parallelamente, una ricerca  sulla negazione dell'identità. 
Degli spettacoli seguenti vi parleremo prossimamente

Questo il programma:
9 luglio - domenica, ore 21
LA VERONAL (Spagna)
KOVA ¬ GEOGRAPHIC TOOLS

11 luglio - martedì, h ore 21
Gruppo Nanou (Italia – Ravenna)
Xebeche [csèbece]

14 luglio - venerdì, ore 21
Zerogrammi (Italia – Torino)
Jentu

18 luglio - martedì, ore 21
Compagnia Zappalà Danza (Italia – Catania)
Romeo e Giulietta 1.1

26 luglio - mercoledì, ore 21
Company Chameleon (Inghilterra)
OF MAN AND BEAST
Spellbound contemporary ballet (Roma Italia)
The hesitation day 
The divided self
Coreografie  di Mauro Astolfi

mercoledì 28 giugno 2017

Buone letture estive



La bibliolibreria gratuita Plautilla chiude venerdì per il ponte di San Pietro e Paolo e dall'inizio di luglio va in vacanza. 
A settembre riprenderanno le tante attività di Monteverdelegge. Nel frattempo, per i partecipanti al gruppo di lettura del sabato, il libro estivo è Flush, di Virginia Wolf. 
Buone letture estive a tutti ! 

venerdì 2 giugno 2017

Un Esodo che scavalca i muri


Maria Cristina Reggio
Il prossimo 16 giugno andrà in scena al Teatro Patologico, in via Cassia 472, Esodo, uno spettacolo con adattamento drammaturgico e regia Alessandra Panelli che, con l'associazione Diverse Abilità, da anni tiene laboratori teatrali con utenti dei centri di salute mentale e attori professionisti.
In questo spettacolo, in cui sono impegnati, insieme a molti altri attori, due utenti di Cantiere24, Antonella Cecchi Pandolfini e Lamberto di Fabio, l'esodo è rappresentato come una condizione comune a tutti gli esseri umani che, prima o poi,  si trovano di fronte a un muro da oltrepassare.
I muri dunque come fiumi o mari simbolici da attraversare, cataste di cartoni pesanti come pietre che formano frontiere da abbattere con la forza del proprio corpo, ma anche barriere  invisibili che dividono o isolano le storie delle vite delle persone. 
Come scrivono gli stessi autori, "Esodo è uno spettacolo che vede l’unione di due gruppi che da anni si sperimentano in laboratori paralleli e continuativi attraverso le arti del teatro e della danza. Come sempre negli spettacoli curati dal nostro gruppo di lavoro il tema dell’uomo, delle vicissitudini della vita, delle sconfitte e delle occasioni è molto sentito e foriero d’interessanti approfondimenti. Attraverso i testi e i personaggi, che di volta in volta si incontrano e ai quali diamo vita, s’intraprende un percorso di crescita e consapevolezza".
Con una strepitosa sequenza di musiche famose che  ciascuno può  riconoscere come famigliari colonne sonore della propria esistenza, e di brani tratti da tanti testi letterari spesso studiati a scuola  ma qui recitati in nuovi contesti, questo lavoro teatrale  colpisce per la sua capacità di coinvolgere  la memoria e l'esperienza del pubblico in tante storie condivisibili: un momento in cui il teatro  non divide la platea dal palcoscenico, ma rende attori e spettatori davvero partecipi di una comunità, talvolta, davvero umana.
Da non perdere.

ESODO
16 giugno ore 21
TEATRO PATOLOGICO Via Cassia 472
Info e prenotazioni: a.panelli@fastwebnet.it  Tel: 3356532341
Formazione dell’Attore: Alessandra Panelli
Espressione Corporea : Costanza Castracane.
Danza Terapia: Anna Di Quirico.
Area Clinica: Dott.ssa Tiziana Piersanti Centro di Salute Mentale ASL Roma 3, Dott.ssa Teresa Mastroianni, Centro di Salute Mentale ASL Roma 2.

mercoledì 24 maggio 2017

Festa di Primavera domenica 28 maggio alla Stazione 4venti

Firmiamo da Plautilla per l'agibilità del casale San Pancrazio
Come ci scrive Licia Donati, presidente del Comitato di Quartiere Monteverdevecchio - 4 venti, la raccolta per le  delle firme  per l'agibilità del casale di S.Pancrazio (Casetta Garibaldina), continua  fino a domenica 28 Maggio, giorno in cui si festeggerà la festa di primavera con tante associazioni di Monteverde. Il modulo firme è anche presso Plautilla.
Per informazioni:
facebook '' monteverde quattro venti comitato ''

martedì 16 maggio 2017

Plautilla. Haiku: pomeriggio con Carla Vasio, 10/3/2017

Carla Vasio da Plautilla, foto Dino Ignani, 10 marzo 2017

Fabiana Carpiceci
Recentemente Plautilla ha ospitato Carla Vasio in un incontro pensato per introdurre i lettori di monteverdelegge alla comprensione, apparentemente semplice, degli Haiku, forma poetica nata in Giappone nel XVII secolo.
Componimenti brevi, essenziali, espressioni di emozioni e relazioni racchiuse “in un soffio, in un respiro”, nel qui e ora. Componimenti poetici  che hanno affascinato, e tuttora interessano, il mondo occidentale  a tal punto da creare ovunque circoli virtuosi, laboratori di Haiku in svariate lingue, con relativi concorsi internazionali che si svolgono ogni anno in varie parti del mondo.
Carla Vasio, veneziana (trasferitasi a Roma nel  1943, con la sua famiglia d'origine), saggista, storica dell'arte, scrittrice e poetessa, esponente della neoavanguardia (fece parte del Gruppo '63), gestì  per un lungo periodo la Libreria dell'Oca a Roma , facendone  un luogo di intensi scambi culturali, esposizioni d'arte, musica, pittura, letteratura.  Successivamente la scrittrice partì per il Giappone, dove visse diversi anni. Lì ebbe modo di conoscere e apprezzare una cultura profondamente diversa dalla nostra e in particolare di approfondire la conoscenza degli Haiku.

Al rientro in Italia, Carla fondò con Nojiri Michico l'Associazione Italiana Amici dell'Haiku che tutt'ora ogni anno indice un premio di poesia.
Ma torniamo a Plautilla, immaginiamo di essere  nella bella sala della libreria, riuniti intorno al tavolo centrale, circondati dai libri , con Carla che ci parla con  voce dolce e gentile degli Haiku.
guardandoci uno a uno, mentre “ci fa incontrare” questa forma che a noi può risultare misteriosa.
Perché l'Haiku é un attimo di tempo, ci spiega (facendoci degli esempi poetici), sospeso nell'hic et nunc, generalmente composto da tre versi, secondo uno schema basato su  “more” (e non sillabe) distribuite nel seguente ordine :  5/7/5,in 17 complessivi “on”, o suoni.
Carla sottolinea che l'Haiku è un incontro, per chi lo scrive e per chi lo legge, con al centro della composizione un segreto, il Kigo, parola chiave che rappresenta  l'indicazione necessaria a svelare il segreto stesso. Il significato di tutta la breve composizione.
In sé e per sé non è poesia di sensazioni, di sole melodie.
 E'” tutto insieme”, in un attimo, e il significato vero arriva in un fulmine, cosa istantanea che frantuma, all'improvviso, e senza giustificazione, l'attimo della rivelazione. Del senso intero di quell'espressione poetica.

Come accade nella nostra persona  quando, all'improvviso, si rompe una convenzione mentale, una rigidità protesa da tempo, un pregiudizio in apparenza granitico,intoccabile.
Carla ci tiene  molto a farci riflettere proprio  su questo aspetto direi intimo del pensiero umano,
che è conoscenza,esperienza relazionale, intuizione e profondità percettiva nello stesso tempo.
Comporre Haiku richiede molta concentrazione, è un esercizio  da praticare da soli e in gruppo.
In Giappone tutti compongono Haiku, non c'è distinzione sociale, né preferenze. Ogni momento può essere “fermato” su un blocchetto e scritto per raccontare, in modo apparentemente semplice, tale da risultare a volte ingenuo, ciò che sta accadendo nella natura, nel quotidiano, nella esistenza di un attimo. Come un fulmine.
E in gruppo questo modo di comporre scorre in un inevitabile scambio di parole, di brevi frasi, di silenzio, di fiducia verso chi  ti sta vicino nella composizione, dal momento che proprio chi è al tuo fianco leggerà il tuo verso legandolo con molta probabilità al proprio o a quello di un altro partecipante, in unico Haiku.
Ecco, in sintesi, il pomeriggio del 10 marzo 2017, da Plautilla, con Carla Vasio.
La scrittrice tornerà a breve per un altro incontro di approfondimento e di creatività con tutti i partecipanti al laboratorio.  

giovedì 11 maggio 2017

Sabato 13 ore 10.30 da Plautiila primo film della rassegna ABBIAMO BISOGNO CHE QUALCUNO CI SOGNI



Plautilla, bibliolibreria gratuita 
Associazione culturale Monteverdelegge
Centro Diurno Cantiere24, ASL RM3
Aida Onlus
Via Colautti 28-30, Roma

Sabato 13 maggio ore 10,30
Proiezione del film di Saverio Costanzo Hungry Hearts, 2014
Conversazione con Alex Pagliardini, Sergio Benvenuto e Valerio De Simone
La proiezione si terrà presso la bibliolibreria Plautilla
ingresso gratuito

Inizia sabato prossimo ABBIAMO BISOGNO CHE QUALCUNO CI SOGNI, una rassegna cinematografica sul disagio giovanile e sulle difficoltà nei rapporti tra genitori e figli, a cura di Elisabetta Spinelli (Responsabile percorsi CDA RM3)  e Patrizia Vincenzoni (psicologa, responsabile del Centro Diurno Cantiere24), con Barbara Aramini, Eleonora Carocci, Antonella Litterio,Emanuela Maugliani, Laura Pertica.
Partecipano all'incontro psicoanalisti, psichiatri, docenti, studenti, cinefili.
Per saperne di più sul film:
http://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/hungry-hearts/59116/
http://www.minimaetmoralia.it/wp/hungry-hearts-intervista-a-saverio-costanzo/

domenica 30 aprile 2017

AUTORITRATTO DI EDITORE

Viola Brancatella
Durante gli ultimi mesi Monteverdelegge è stata animata da una nuova iniziativa che ha portato l’associazione nelle scuole di Monteverde. La scommessa del progetto, che si intitola “Autoritratto di editore” ed è fra i vincitori della seconda edizione del bando Io leggo della Regione Lazio, è far incontrare gli studenti delle scuole superiori, medie ed elementari con gli editori di alcune piccole e medie case editrici romane. Nella seconda fase gli studenti sperimentano in prima persona il lavoro editoriale e la divisione dei ruoli all’interno di una casa editrice, ricostruendo – sulla base degli incontri – gli autoritratti degli editori attraverso un montaggio di testi e di immagini. In parallelo, gli editori incontrano gli utenti del centro diurno Giovagnoli dove si svolgono le attività della bibliolibreria Plautilla, per un ciclo di video-interviste sull’editoria che, insieme agli autoritratti, andranno a comporre un sito web ad hoc, da maggio online.
I primi tre incontri con gli studenti hanno visto coinvolti i giovani degli istituti superiori Morgagni e Manara, e i giovanissimi della scuola elementare Francesco Crispi. Dagli otto ai diciotto anni sono le età degli studenti che hanno dedicato circa due ore a ciascun incontro, con divertito distacco adolescenziale unito, il più delle volte, a un autentico interesse.
Gli editori che si sono prestati alle “lezioni” nelle diverse scuole hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa e, nel tempo a disposizione, hanno creato una relazione di scambio con gli studenti, stimolando la loro curiosità e il loro entusiasmo.  I motivi per tornare a scuola da adulti, se non lo si fa per insegnare, possono essere tantissimi e diversi tra loro, ma in tutti gli editori si è percepito il desiderio di svelarsi e di condividere, di raccontare la vita - la propria - in modo credibile, con rispetto, approfittando, forse, di quel momento per fare i conti anche con se stessi. Professionalità e sincerità, ma soprattutto il desiderio di comunicare con le nuove generazioni e di trasmettere informazioni ed esperienze rilevanti, dire quel qualcosa che scateni una reazione propositiva, per lasciare un segno, anche inconscio, in qualche giovane di cui si dimenticherà presto il nome, ma non lo sguardo.

La prima scuola nel percorso di Autoritratto di editore è stata il liceo scientifico Morgagni, in compagnia di Daniela di Sora della casa editrice Voland, pronta a svelare anche i piccoli grandi segreti aziendali che non si rivelano mai ai giornali. Nonostante si parlasse di argomenti lontani dall’universo degli adolescenti, gli studenti si sono fidati e hanno seguito con attenzione. Durante l’incontro Daniela Di Sora è partita dalla genesi della casa editrice, che ha preso avvio dal  suo profilo di slavista, e dalla rilevanza del nome, Voland (il diavolo de Il Maestro e Margherita di Bulgakov), per arrivare ai cambi di rotta, all’arrivo di nuove idee, alla “scoperta” dell'autrice belga Amélie Nothomb che Voland pubblica ancora oggi dopo decenni. In primo piano, il lavoro editoriale prima e  durante la crisi economica e le altalene tra l’amarezza e il desiderio di continuare a lavorare bene. Le scelte lavorative si fondono con la vita e diventano impegno quotidiano e concreto, senza retorica.

Secondo istituto sul nostro cammino, il liceo classico Manara, con Giuseppe Laterza, che ha usato ironia e senso critico per catturare l’attenzione dei ragazzi. Due ore di analisi e riflessione sul nostro paese tramite i libri da lui scelti per raccontare il progetto della casa editrice, intervallate da battute che non nascondevano una passione sfrenata per i libri e per la formazione. Gli studenti sono stati attentissimi e si sono lasciati trascinare nei percorsi labirintici e a tratti foschi del mondo di oggi raccontato da un adulto, senza i filtri normalmente usati per i più giovani e senza la disillusione tipica di certe conversazioni mature.

Il terzo incontro si è tenuto nella scuola elementare Francesco Crispi, dove, in una classe colorata e senza sedie, Carla Ghisalberti, redattrice di Orecchio Acerbo, ha fatto il suo ingresso con venti libri illustrati: un trenino di figure adagiate a terra di fronte ai bambini seduti composti sui tappeti di gomma sistemati apposta per l’evento. Ci si chiedeva come sarebbe stato un incontro con dei bambini e come avrebbero reagito al mondo dell’editoria, che spesso risulta complesso e misterioso anche agli occhi degli adulti. E invece gli scolari delle elementari si sono rivelati uditori attenti e  ricettivi: domande su domande a fine incontro – sanno che dovranno scrivere un autoritratto di editore –, osservazioni profonde sulla scrittura, sulla traduzione, sull’importanza delle storie complesse che sembrano tali soltanto per gli adulti. E poi tanta voglia di partecipare e di farsi notare, contrariamente agli adolescenti che spesso si nascondono o tendono a non voler emergere. Carla Ghisalberti ha raccontato la storia di Orecchio Acerbo come se stesse recitando una pièce a teatro, dalla sua origine – l’orecchio verde e Fausta Orecchio – ai suoi libri più rari, più impegnativi o di grande successo. Una storia colorata e animata, che ha ipnotizzato tutti, adulti compresi.