L'Italia
è un paese dove si legge, in media, molto poco. Lo vediamo quando
osserviamo i passeggeri di una metropolitana o di un treno, e
non possiamo fare a meno di notare quanto siano rare le persone che
hanno in mano un libro. E ce lo ricordano impietose le statistiche
anno dopo anno, ogni volta che si pubblicano i dati sulla fruizione
culturale. Per qualche giorno si piange. Sui media gli esperti
osservano come la diffusione della lettura sia correlata al benessere
economico di un paese – lasciando intendere che se solo leggessimo
un poco di più, saremmo tutti più ricchi. Ma poi, che l'equazione
sia vera o no, i dati vengono dimenticati e tutto continua come
prima, quasi che la scarsa passione per la lettura fosse un tratto
caratteristico e ineliminabile dell'Italia, come la sua forma a
stivale o il suo essere una penisola.
Non
è così, e lo dimostra il progressivo aumento della lettura in
Spagna, dove negli ultimi quindici o vent'anni sono state adottate e
attuate in questo senso politiche energiche e, a quanto pare,
fruttuose. Politiche che, d'altro canto, qui come ovunque, possono
avere successo soltanto se partono dal presupposto che leggere non è
scontato, che la lettura non appartiene alle attività “naturali”
(per quello che può valere la parola) degli umani, come mangiare o
parlare o camminare, ma va appresa e nutrita e praticata e stimolata,
esattamente come avviene con uno sport o con uno strumento musicale.
Per questo, “i dubbi intorno al piacere, forse anche al dovere, o
alla necessità, o perfino alla inevitabilità del leggere, non
devono essere mai repressi, o cancellati, o elusi”.
La
frase, tratta dal saggio I diamanti in cantina di un pedagogista autorevole come Antonio
Faeti, si trova nelle prime pagine di un testo, Il primo libro non si scorda mai, che ha un sottotitolo
impegnativo, “Storie e idee per innamorarsi della lettura tra 5 e
11 anni”, e si rivolge a tutti coloro – genitori, insegnanti,
bibliotecari – che si pongono il problema di accostare i bambini ai
libri (o viceversa). E il fatto che l'autrice, Carla Ida Salviati,
fra i maggiori esperti italiani di lettura per l'infanzia, la citi
all'inizio di questo suo vademecum, chiarisce subito qual è
l'impostazione di base – che appunto non esiste una idea astratta
del libro, calata dall'alto e uguale per tutti, ma una pluralità di
soggetti e di comportamenti, talora anche contraddittori fra loro e
che tuttavia possono coesistere e che – soprattutto quando si parla
di bambini – la lettura è un lungo allenamento, ed è un bel guaio
se manca l'amore, anzi l'innamoramento che porterà a un amore – si
spera – duraturo e senza il quale la fatica è solo fatica.
Così
Salviati accompagna i suoi lettori adulti, lasciando intendere tra le
righe, ma in modo inequivocabile, che loro stessi dovranno – se già
non lo conoscono – scoprire e condividere con i figli o con gli
allievi questo incantamento. Potrà accadere attraverso la lettura ad
alta voce (“un dono al quale è difficile rinunciare”) o più
tardi attraverso la scelta di titoli adatti, i più vari tra loro. In
questo percorso, scandito su una architettura amabile e rigorosa
(ogni capitolo contiene una parte generale introduttiva, dei
puntualissimi consigli di lettura e infine una esperienza concreta in
quel dato ambito), ai genitori, agli insegnanti e ai bibliotecari
l'autrice non ha paura di mostrare i propri gusti, le proprie
inclinazioni, e ricorda che gli adulti possono contare, come alleati
formidabili, sui bambini stessi, perché “tutti i bambini, prima di
leggere, vogliono imparare a
leggere”. Molti, troppi, di loro perderanno questo desiderio e
addirittura si dimenticheranno di averlo avuto. Ma non sarebbe
ineluttabile.
Carla
Ida Salviati
Il primo libro non si scorda mai
Il primo libro non si scorda mai
Giunti
pp.
144, euro 16
Questo articolo è uscito su alfabeta2 il 3 novembre 2017
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