martedì 7 novembre 2017

Un amore in forma di pagina

Maria Teresa Carbone
L'Italia è un paese dove si legge, in media, molto poco. Lo vediamo quando osserviamo i passeggeri di una metropolitana o di un treno, e non possiamo fare a meno di notare quanto siano rare le persone che hanno in mano un libro. E ce lo ricordano impietose le statistiche anno dopo anno, ogni volta che si pubblicano i dati sulla fruizione culturale. Per qualche giorno si piange. Sui media gli esperti osservano come la diffusione della lettura sia correlata al benessere economico di un paese – lasciando intendere che se solo leggessimo un poco di più, saremmo tutti più ricchi. Ma poi, che l'equazione sia vera o no, i dati vengono dimenticati e tutto continua come prima, quasi che la scarsa passione per la lettura fosse un tratto caratteristico e ineliminabile dell'Italia, come la sua forma a stivale o il suo essere una penisola.
Non è così, e lo dimostra il progressivo aumento della lettura in Spagna, dove negli ultimi quindici o vent'anni sono state adottate e attuate in questo senso politiche energiche e, a quanto pare, fruttuose. Politiche che, d'altro canto, qui come ovunque, possono avere successo soltanto se partono dal presupposto che leggere non è scontato, che la lettura non appartiene alle attività “naturali” (per quello che può valere la parola) degli umani, come mangiare o parlare o camminare, ma va appresa e nutrita e praticata e stimolata, esattamente come avviene con uno sport o con uno strumento musicale. Per questo, “i dubbi intorno al piacere, forse anche al dovere, o alla necessità, o perfino alla inevitabilità del leggere, non devono essere mai repressi, o cancellati, o elusi”.
La frase, tratta dal saggio I diamanti in cantina di un pedagogista autorevole come Antonio Faeti, si trova nelle prime pagine di un testo, Il primo libro non si scorda mai, che ha un sottotitolo impegnativo, “Storie e idee per innamorarsi della lettura tra 5 e 11 anni”, e si rivolge a tutti coloro – genitori, insegnanti, bibliotecari – che si pongono il problema di accostare i bambini ai libri (o viceversa). E il fatto che l'autrice, Carla Ida Salviati, fra i maggiori esperti italiani di lettura per l'infanzia, la citi all'inizio di questo suo vademecum, chiarisce subito qual è l'impostazione di base – che appunto non esiste una idea astratta del libro, calata dall'alto e uguale per tutti, ma una pluralità di soggetti e di comportamenti, talora anche contraddittori fra loro e che tuttavia possono coesistere e che – soprattutto quando si parla di bambini – la lettura è un lungo allenamento, ed è un bel guaio se manca l'amore, anzi l'innamoramento che porterà a un amore – si spera – duraturo e senza il quale la fatica è solo fatica.
Così Salviati accompagna i suoi lettori adulti, lasciando intendere tra le righe, ma in modo inequivocabile, che loro stessi dovranno – se già non lo conoscono – scoprire e condividere con i figli o con gli allievi questo incantamento. Potrà accadere attraverso la lettura ad alta voce (“un dono al quale è difficile rinunciare”) o più tardi attraverso la scelta di titoli adatti, i più vari tra loro. In questo percorso, scandito su una architettura amabile e rigorosa (ogni capitolo contiene una parte generale introduttiva, dei puntualissimi consigli di lettura e infine una esperienza concreta in quel dato ambito), ai genitori, agli insegnanti e ai bibliotecari l'autrice non ha paura di mostrare i propri gusti, le proprie inclinazioni, e ricorda che gli adulti possono contare, come alleati formidabili, sui bambini stessi, perché “tutti i bambini, prima di leggere, vogliono imparare a leggere”. Molti, troppi, di loro perderanno questo desiderio e addirittura si dimenticheranno di averlo avuto. Ma non sarebbe ineluttabile.

Carla Ida Salviati
Il primo libro non si scorda mai
Giunti

pp. 144, euro 16

Questo articolo è uscito su alfabeta2 il 3 novembre 2017

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