mercoledì 11 dicembre 2013

Forconi, fascisti, libri in fiamme e altre amenità

G. Luca Chiovelli

Ne avevo già parlato in un post clandestino. Il ritorno delle pulsioni fasciste è cosa fatta.
Gadda le definiva: “Orgia bacchica di tutti gli istinti affettivi non mediati”. Quando non opera un filtro culturale nei riguardi dei singulti, dei moti e dei rancori del cuore, queste urgenze emergono nella loro brutalità sorgiva. E vogliono tutto, subito.
Oggi, mercoledì 11 dicembre, pare che un manipolo di contestatori (provenienti dal sedicente ‘movimento dei forconi’) abbia minacciato i titolari di una libreria di Savona con tali parole: “Chiudete la libreria!! Bruciate i libri!!”.
L’evento assume, nell’Italia martoriata di oggi, la rilevanza di un foruncolo sulla pelle di un brontosauro, ma parecchi giornali hanno rilanciato piagnucolosi la notizia. Come scrisse Schopenhauer: “Tutti i giornalisti sono, per via del mestiere che fanno, degli allarmisti: è il loro modo di rendersi interessanti. Essi somigliano in ciò a dei botoli che, appena sentono un rumore, si mettono ad abbaiare forte. Bisogna perciò badare ai loro squilli d'allarme solo quel tanto che non guasti la digestione”.
A stretto giro di posta si sono avute, quindi, le più alte lamentazioni delle prefiche della democrazia, condite dalle inevitabili evocazioni di timori nazifascisti (i roghi di libri del 1933) che, in tal caso, c’entravano come i cavoli a merenda, ma dal dopoguerra a oggi, quando si vuole esprimere sdegno democratico, una bella allusione a Baffetto e Testa di Morto non si fa mai mancare.
Il movimento in questione è quello che è: un sintomo.
Non so se i suoi adepti sia o meno ridicoli cascami del fascismo o attivisti sinceri oppure gaglioffi in malafede. Non importa.
Quel che preme dire sono tre cose.


1. Il fascismo classico è morto. Non tornerà più, almeno in quelle forme. Si depongano le indignazioni fuori luogo. Altro sono le pulsioni. Fasciste, fascistissime, immediate: e queste si ricreano poiché si ricreano le condizioni sociali, umane, politiche che le hanno sempre covate e fatte schiudere. Da secoli. E noi che facciamo? Ci preoccupiamo dei forconi e dei fasci. E dei libri di una libreriola. Rimasta intonsa, peraltro.
2. Se il fascismo classico è morto, quello finanziario, liquido ed efficientissimo, domina la scena. Le sue mire: la fondazione permanente, da fine della storia, di una società consumistica strutturata secondo le apparenze della democrazia, ma che, in realtà, poggia su basi nettamente feudali. Conosco gente che fa pranzo e cena davanti alle macchinette delle merendine; anziani che trascinano i soprammobili della propria casa ai mercatini dell’usato; giovani diplomati che puliscono i cessi: con gioia perché, di solito, quei posti sono difficili da ottenere; gente a spasso a cinquant’anni, assolutamente disperata; gente che si umilia per strappare qualche centinaio di carte ogni tanto; gente che lavora dodici ore al giorno per andare alla pari alla fine del mese. Di questo nazifascismo nichilista non ne parla nessuno, però. Fa parte delle nostre vite: è dolce, suasivo. Meglio preoccuparsi delle librerie e dei forconi. E dei libri.
3. I cosiddetti politici deplorano l’accaduto. Deplorano? I politici non possono farlo. No. Non gli è permesso. Un politico deve studiare la realtà, non giudicarla. Deve considerarla nella sua oggettività, brutale e, spesso, ripugnante, e proporre soluzioni ragionevoli. Un problema esige soluzioni, non tribunali morali. Altro che libri, fascisti e forconi.
Ma, di fronte a ciò, si continuano a indossare le consuete maschere dell’indignazione un tanto al chilo, per lavarsi la coscienza. Così ci si sente più tranquilli. Tutti conosciamo i responsabili, e sotto i nostri occhi, ogni giorno, vediamo i carnefici e le vittime, ma dobbiamo interpretare la recita: i libri, come si possono bruciare i libri? Che brutalità, poveri libri. Maledetti forconi, maledetti fascisti, maledetti populisti ignoranti. E poveri libri indifesi. 

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