G. Luca Chiovelli
Ne avevo già parlato in un post clandestino. Il ritorno
delle pulsioni fasciste è cosa fatta.
Gadda le definiva: “Orgia bacchica di tutti gli istinti
affettivi non mediati”. Quando non opera un filtro culturale nei riguardi dei
singulti, dei moti e dei rancori del cuore, queste urgenze emergono nella loro
brutalità sorgiva. E vogliono tutto, subito.
Oggi, mercoledì 11 dicembre, pare che un manipolo di contestatori (provenienti dal sedicente ‘movimento
dei forconi’) abbia minacciato i titolari di una libreria di Savona con tali parole:
“Chiudete la libreria!! Bruciate i libri!!”.
L’evento assume, nell’Italia martoriata di oggi, la
rilevanza di un foruncolo sulla pelle di un brontosauro, ma parecchi giornali hanno
rilanciato piagnucolosi la notizia. Come scrisse Schopenhauer: “Tutti i
giornalisti sono, per via del mestiere che fanno, degli allarmisti: è il loro
modo di rendersi interessanti. Essi somigliano in ciò a dei botoli che, appena
sentono un rumore, si mettono ad abbaiare forte. Bisogna perciò badare ai loro
squilli d'allarme solo quel tanto che non guasti la digestione”.
A stretto giro di posta si sono avute, quindi, le più alte
lamentazioni delle prefiche della democrazia, condite dalle inevitabili evocazioni
di timori nazifascisti (i roghi di libri del 1933) che, in tal caso, c’entravano
come i cavoli a merenda, ma dal dopoguerra a oggi, quando si vuole esprimere
sdegno democratico, una bella allusione a Baffetto e Testa di Morto non si fa
mai mancare.
Il movimento in questione è quello che è: un sintomo.
Non so se i suoi adepti sia o meno ridicoli cascami del
fascismo o attivisti sinceri oppure gaglioffi in malafede. Non importa.
Quel che preme dire sono tre cose.
1. Il fascismo classico è morto. Non tornerà più, almeno in
quelle forme. Si depongano le indignazioni fuori luogo. Altro sono le pulsioni.
Fasciste, fascistissime, immediate: e queste si ricreano poiché si ricreano le
condizioni sociali, umane, politiche che le hanno sempre covate e fatte schiudere.
Da secoli. E noi che facciamo? Ci preoccupiamo dei forconi e dei fasci. E dei
libri di una libreriola. Rimasta intonsa, peraltro.
2. Se il fascismo classico è morto, quello finanziario,
liquido ed efficientissimo, domina la scena. Le sue mire: la fondazione
permanente, da fine della storia, di una società consumistica strutturata
secondo le apparenze della democrazia, ma che, in realtà, poggia su basi
nettamente feudali. Conosco gente che fa pranzo e cena davanti alle macchinette
delle merendine; anziani che trascinano i soprammobili della propria casa ai
mercatini dell’usato; giovani diplomati che puliscono i cessi: con gioia
perché, di solito, quei posti sono difficili da ottenere; gente a spasso a
cinquant’anni, assolutamente disperata; gente che si umilia per strappare
qualche centinaio di carte ogni tanto; gente che lavora dodici ore al giorno
per andare alla pari alla fine del mese. Di questo nazifascismo nichilista non
ne parla nessuno, però. Fa parte delle nostre vite: è dolce, suasivo. Meglio preoccuparsi
delle librerie e dei forconi. E dei libri.
3. I cosiddetti politici deplorano l’accaduto. Deplorano? I politici
non possono farlo. No. Non gli è permesso. Un politico deve studiare la realtà,
non giudicarla. Deve considerarla nella sua oggettività, brutale e, spesso,
ripugnante, e proporre soluzioni ragionevoli. Un problema esige soluzioni, non
tribunali morali. Altro che libri, fascisti e forconi.
Ma, di fronte a ciò, si continuano
a indossare le consuete maschere dell’indignazione un tanto al chilo, per lavarsi
la coscienza. Così ci si sente più tranquilli. Tutti conosciamo i responsabili,
e sotto i nostri occhi, ogni giorno, vediamo i carnefici e le vittime, ma
dobbiamo interpretare la recita: i libri, come si possono bruciare i libri? Che
brutalità, poveri libri. Maledetti forconi, maledetti fascisti, maledetti
populisti ignoranti. E poveri libri indifesi.
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