martedì 17 dicembre 2013

Pratiche quotidiane di solidarietà e di amore


Ti racconto un libro
Letizia Paolozzi, Prenditi cura, et al.
pp. 80, euro 9
Daniela Lasorsa

Il saggio di Letizia Paolozzi parte da un testo, La cura del vivere del Gruppo del mercoledì, pubblicato su “Leggendaria”, n. 89, settembre 2011, che viene riportato alla fine. Il libro fa un resoconto ragionato e selezionato degli incontri, a volte di sole donne, altre volte misti, sul tema della cura. Cura che non è dipendenza, né subordinazione, tutti i rapporti umani sono di interdipendenza. Citando Hannah Arendt: “il senso di libertà non equivale all’indipendenza da tutto e da tutti”. O anche: “La troppa libertà, senza legami, senza relazioni ti consegna alla solitudine”
Gli incontri che vengono riportati sono diversi, diversi i linguaggi e diverse le parti d’Italia in cui si svolgono. Il luogo dell’incontro spesso viene descritto in modo poetico e dà sapore e vivacità al tema. A Torreglia. si arriva attraverso una campagna distesa e i colli euganei luminosi alla Casa delle Suore Salesie, dove l’incontro è organizzato dal gruppo Identità e Differenza. A Reggio Emilia, è il gruppo “6donna”a riunire i partecipanti in un ambiente umido e poco accogliente. A Correggio, la serata è calda, si vive il senso della comunità dove “non solo è permesso, ma è addirittura richiesto essere persona”. 

A Milano, l’incontro è voluto da Unione femminile, Libera Università delle Donne, Libreria delle Donne di Milano, gruppo romano delle Femministe del mercoledì in vecchio quartiere residenziale Moscova-Garibaldi, e, dal padiglione al pianterreno, si vede l’acciottolato del cortile e il verde degli alberi. Vengono citati due film, Quasi amici e A simple life dove la cura viene praticata da uomini. Ci si chiede “Che significa cura nella vita politica?”. Pare che a Milano si pratichi un Maternage da parte di varie compagne a favore di Pisapia! Da parte sua, Roma viene introdotta con le piazze vicino al Parlamento, animate, incazzate, rottamazione. Incontro sulla Cura del Vivere alla Casa Internazionale delle Donne. Cura non a scapito della relazione, “condomini di solidarietà”, dispositivi di aiuto reciproco. A Livorno l’incontro è al Centro Donne. Ma anche incontri allegri si svolgono in spiaggia, picnic… Si pratica la cura dei Beni Comuni. La sede dell’incontro a Napoli è il Protomonastero delle Clarisse Cappuccine, luogo di clausura. Interviene la madre superiora dicendo che, pur in clausura, il fuori è entrato. Cura dell’umanità, cura dei luoghi e della loro bellezza.
Molte le domande che si pongono. La cura è solo o prevalentemente femminile? Debbono le donne accettare questa delega? La cura dei Beni Comuni non rischia di ampliare troppo il campo di azione, vanificando gli interventi e le proposte?
Interessanti e molto diversi tra loro i linguaggi.
Nella cura c’è un resto che non è quantificabile o monetizzabile: Liliana Rampello, a Milano, ammette che in lei, nella cura, “questo resto in qualche modo è l’amore. Semplice ma ostico nella sua declinazione politica….Come trovo forza politica perché la pratica quotidiana del mio amore abbia efficacia? Lo so che cambia la mia vita. E’ un pezzo della mia buona vita. Non voglio rinunciarci. Quel resto che non voglio perdere o cedere, che non è quotabile, non lo voglio cedere perché così la mia quotidianità viene sottratta alla routine e io non voglio perdere quella dimensione”.
A Torreglia, Anna Sbrogiò ricorda “A quattro anni sono andata ad abitare con i nonni materni ………e da loro sono stata allevata. Ho imparato ad amare la loro fragilità fisica, ma anche i loro sentimenti. Infatti perché non si sentissero umiliati, dato che avevano bisogno di una ragazzina di dieci, dodici anni, parlavo con loro, li interrogavo, mi facevo raccontare scorci della loro vita…”
Dal documento La cura del vivere: "C’è un resto, a cui attribuiamo il nome di cura, che né il welfare statale, né il mercato possono dare”.

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