mercoledì 22 gennaio 2014

Una foto abbandonata

Una vecchia foto di famiglia su un marciapiede della periferia di Roma.
Le foglie dei platani, marcescenti; pozze residue dai piovaschi che riflettono l’arancio diffuso dei lampioni.
Abbandonata; sfuggita da chissà dove.
Una foto come tante, che gonfia gli album dei ricordi di qualunque famiglia italiana.
Nell’immagine una coppia di mezza età; si indovina la bella stagione: sicuramente una vacanza. L’uomo, stempiato, a torso nudo, volge lo sguardo lontano dall’obiettivo, il braccio attorno al collo della compagna; la donna, con un semplice vestito a fiori, guarda, senza sorridere, verso il fotografo, un po’ accecata e come sorpresa dalla luce estiva. Dietro di loro un muricciolo. Oltre si intuisce la vegetazione, forse una spiaggia, il mare liberatore. Fine anni Settanta.
La donna non sorride, l’uomo osserva lontano, ma non c’è niente di sospetto nella scena.
La madre è colei che rappresenta la famiglia, sempre e comunque, il volto amabile; il padre, invece, deve ritenere gli istinti, farsi burbero, tracciare una linea fra conservazione femminile e dovere maschile. La mamma riceve in casa, amministra, sorride, sovraintende alla casistica dei sentimenti, fiuta l’aria, prevede; il papà è al lavoro, o nel suo studio; si occupa dei conti, delle relazioni d’affari, degli oneri pubblici; interviene nella vita dei congiunti con imperio deciso e veloce, ma solo dopo aver letto, negli occhi della consorte, la verità degli avvenimenti sul campo.
Si coglie, intatta, nella foto, la secolare peritosità del popolo italiano, di quella piccola borghesia fattasi rispettabile con un impiego nella grande industria, nello Stato, nell’impresa di famiglia; o calata dalle campagne per la fabbrica e la vita militare oppure con un titolo di studio da far fruttare subito. Si avverte l’istintivo ritrarsi dallo svelamento pubblico e la ritrosia a concedersi, pur attuati nella dimensione minuscola d’una foto scattata da amici o parenti; o dai figli, forse già grandi eppur coinvolti nel rito del benessere per eccellenza: le vacanze. Figli che studiano, tra superiori e università, che cominciano ad avere amori, forse già inseriti nel mondo del lavoro sulle orme del padre. Con cautela. Nulla di troppo.
Il nulla di troppo dell’italiano secolare. Il timore dell’arroganza, della hybris. Il timore di un Dio ancora potente, provinciale e spietato, pronto a punire l’eccesso. Compi il tuo dovere e non temerai nulla di male. L’Italia arcaica, eguale a se stessa, cattolica, reazionaria e minuta - di destra e di sinistra - che ha tenuto in piedi la nazione da sempre. L’Italia profonda, ora dissolta.
Cosa resta di quel tempo immortale? Niente. Io stesso, che ho passato la vita a osservare, rimango sempre sgomento dalla velocità degli avvenimenti. È lo stesso sentimento che si prova di fronte al venir meno d’una vita. Tutti hanno visto morire qualcuno. Persone amate, che hanno lasciato un vuoto in chi restava. Affetti, nostalgie, ricordi. Eppure questi volti, una volta cari, divenivano pian piano una pura immagine che trascolorava sino ad assumere una realtà impalpabile e fantasmatica; estranea; e le fattezze, i gesti, le inclinazioni che li rendevano riconoscibili tra mille e li rendevano concreti, tutto quell’insieme di tratti unici e umani che ne facevano, insomma, presenze amiche e domestiche, semplicemente svanivano dalla nostra coscienza.

E così è del nostro tempo più prossimo. Il nostro passato, pur recente, è un’iscrizione misteriosa e indecifrabile. Eppure siamo noi. Ma non ci riconosciamo. E non ci soccorre nessuno.

3 commenti:

  1. un bel racconto, una sorpresa, come la foto dispersa o abbandonata o sfuggita o volata via

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  2. Bello! Mi è piaciuta soprattutto l'idea di trovare una storia, delle vite, dei personaggi partendo da un semplice frammento come una foto sbiadita. Mi ricorda il progetto "Parlami di te" del Centro culturale Pertini di Cinisello Balsamo http://www.parlamidite.org/ nel quale il tema era raccontare storie utilizzando diverse tecniche fotografiche e assemblando immagini, ritagli, frammenti di notizie, etc. A volte le storie inventate, catturando un frammento di realtù, sono più vere di quelle reali.

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