Simona Baldelli
«Avanti, Cam,
controlla meglio». L’addetto al check-in ripassò per la terza
volta la lista.
«Mi dispiace Set,
sono 18.486». Numero pari quindi. Che, aggiunto ai 14.784.972.623
già presenti, significava che al momento di far le coppie lui
sarebbe rimasto fuori.
«Sei sicuro?» Cam
gli mostrò l’elenco dei nuovi entrati della settimana: incidenti,
malattie, guerre, avvelenamenti, omicidi, suicidi, overdose,
annegamenti … tutti i modi e le maniere in cui si possono stirare
le zampe. La somma di tutte quelle colonne dava un numero pari.
Perciò, niente
quadriglia di Halloween e, per il terzo anno consecutivo, sarebbe
stato lo zimbello del limbo. Ciò che gli faceva uscire fumo dal
naso, e non solo metaforicamente, non era tanto la punizione, del tutto meritata, essendo stato lui l'autore di un'infinità di marachelle, come
far pipì sulla fiammella del boiler del fuoco eterno (spegnendolo con grande scorno di tutta l’azienda) o distribuire sex
toys nel girone dei lussuriosi e vagonate di cioccolata fra i golosi
(trasformando l’anticamera dell’inferno in un luogo di delizie
ben più che paradisiaco), no, quello che gli rodeva davvero era di fare
ancora una volta da tappezzeria, mentre tutti gli altri avrebbero
ballato, gozzovigliato, goduto, di quella festa davvero indiavolata.
Ma Belzi era stato
chiaro: «Sei in punizione Set», aveva sentenziato «niente Isola
dei Dannati per un lustro e se ad Halloween non raggiungerò una
cifra pari di anime, quello che rimarrà fuori dalla quadriglia sarai
tu».
Come al liceo,
quando stava sulla terra. Per tutti i cinque anni aveva provato a
invitare Bella, che si divertiva a tenerlo sulla corda fino al
pomeriggio del ballo della scuola per poi preferirgli,
invariabilmente, il fustone di turno, lasciandolo ad ammuffire per
tutta la sera vicino al tavolo dei panini e del punch.
Nel limbo,
frattanto, fervevano i preparativi.
Miriadi di
scheletrini spolpati fino all’osso adornavano graziosamente il
salone delle feste, gomitoli di ragnatele abbellivano la volta e le
pareti. Crisantemi avvizziti agonizzavano nei vasi e sorci,
pantegane; vermi, camole e scarafaggi scorrazzavano liberi
rotolandosi in ogni genere di lordure.
Le satanasse
sfilacciavano con cura gli stracci che avrebbero indossato per il
ballo e nelle cucine arrostivano ogni genere di leccornie: bachi
fritti, topi in salmì, crocchette di sterco, carogne in bellavista
col loro ripieno di larve e ancora bignè di escrementi, il tutto
annaffiato da sangue putrefatto in barrique,
distillati di pus, e poi zucche, zucche e ancora zucche.
Zucche fritte,
zucche lesse, zucche arrostite e zucche candite.
Set odiava le
zucche, ma ancor di più odiava l’idea di essere escluso da tutto
quel ben di demonio.
Non restava che una
soluzione: andare al di là del fiume di lava, al di sopra la crosta
di magma, al di fuori dell’antro sepolcrale e andare da solo a
recuperare quell’anima numero 18.487 che avrebbe rappresentato il
suo biglietto d’ingresso all’indemoniata quadriglia.
Ma lì, erano
diavoli amari.
Se Belzi l’avesse
beccato l’avrebbe condannato a languire in solitudine per
l’eternità.
«Animo», si disse
Set, «Meglio un giorno da demonio che un’immortalità da ignavo».
Ma come uscire dal
limbo?
L’idea gli venne
subito e gliela indicarono proprio le zucche.
C’era un vecchio
laido e bavoso che ad ogni imbrunire giungeva col suo carrettino fino
al ponte che valicava il fiume di fuoco, lì deponeva il suo carico
di cucurbitacee per i fornelli luciferini, raccoglieva il sacchetto
con le monete che gli era dovuto e se ne tornava a rilento verso la
sponda dei vivi. Set si appostò fra alcune rocce ed aspettò
l’arrivo dell’uomo.
«Ehi vecchio» lo
apostrofò mentre era chino a raccogliere il denaro, «Nascondimi nel
tuo carretto e portami con te».
«Non ci penso
nemmeno» fu la risposta
«Ti darò un
mucchio di oro»
«Ho già tutto
quello che mi serve» gli disse il vecchio sputando un mozzicone di
sigaro in direzione di Set.
«Farò in modo che
ti trattino coi guanti bianchi quando passerai da questa parte»
«Me ne frego» gli
rispose con un ultimo scaracchio.
«Ti porterò nel
bagno turco delle diavolette» tentò infine Set.
Al vecchio gli si
distesero le rughe.
«Sono delle vere
porcelline, sai?»
La bava si
intensificò all’angolo della bocca sdentata
«Non puoi neanche
immaginare cosa riescono a fare con quelle loro codine a punta».
Prima che se ne
rendesse conto, il vecchio l’aveva avvolto in una lercia coperta e
caricato sul carretto.
Là fuori era tutto
esattamente come se lo ricordava. Il solito inferno di sempre.
Finì fra le dune di
una zona deserta dove, nelle buche disseminate qua e là, stavano
appostati alcuni uomini, imbracciando dei fucili. Poco distante donne
e bambini si davano un gran daffare a tirar fuori un po’ d’acqua
da un pozzo esausto.
«Merda» disse uno
dei soldati al compagno di buca «Siamo già ad Halloween, fra un po’
sarà il giorno del ringraziamento, poi verrà Natale e noi saremo
ancora in questo buco del diavolo».
Set si considerò
chiamato in causa e, con un soffio, fece volare un po’ di polvere
verso la buca. «Merda» disse ancora il primo soldato dopo aver
fatto un potente starnuto «Ci manca solo che mi raffreddo».
«Merda» disse
l’altro «mi hai così tanto spaventato che mi è partito un
colpo».
Vicino al pozzo, si
sollevò una nuvola di polvere.
La quadriglia stava
per partire e Belzi stava formando freneticamente le coppie quando
Cam entrò trafelato sventolando la sua lista d’imbarco.
«Aspettate,
aspettate! Set, è arrivato il numero 18.487!» gridò spingendo
avanti un ragazzino coperto di stracci e con un secchio in mano «Non
avevo controllato l’ultima colonna: Fuoco Amico».
La quadriglia poteva
finalmente cominciare.
bello tosto, bell'omaggio ai morti senza voce.
RispondiEliminadivertentissimo e tremendo
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