Nella tragicità di questo avvenimento paradossale, la cecità improvvisa degli abitanti di una intera città, con un'unica eccezione, ciò che mi colpisce maggiormente è l'indifferenza.Inizialmente tutto ciò che accade può essere percepito come una tragica catastrofe, una momentanea tragica avventura, ma a mano a mano che si va avanti con la lettura ci si accorge che è una cecità che va verso un'altra direzione, che è un viaggio del "vedere" con occhi nuovi, che l'occhio non potrà fermarsi da nessuna parte se non verso un viaggio interiore.
Vedo? No! Da quale parte il mio occhio si avvia ? Da quale spazio, verso dove ? Su quale spazio si focalizza ? Penetra oltre ?
E' questo il messaggio che l'autore, secondo me, ci manda, ci sollecita, andare oltre, vedere oltre.
Il puntuale racconto degli eventi quotidiani, dei bisogni
fisiologici, raccontati fino al disgusto di se stessi, la laidezza e lo
squallore deturpano questo luogo di dolore.
Questo vagabondare
da una camerata all'altra, produce una forma di interiorizzazione,
quasi un'oasi di raccoglimento; questi esseri incomunicanti, ma che
vogliono favorire contatti. Attraverso le immagini inquietanti che l'autore ci propone, si cerca di appropriarsi di uno spazio diverso. Si avverte la rappresentazione dell'altro quasi come in un sogno, un altro di cui si ha paura.
La cecità diventa occasione di chiusura da un lato e dall'altro
verso una solitudine liberatoria, una prigione e contemporaneamente
l'imposizione di altri sensi.
Cecità diventa metafora della
vita : l'uomo è un cieco nel mondo, in questo mondo non decifrabile,
opaco; un mondo invisibile ci sovrasta, una cecità che spegne tutto, una disperazione, ma che deve sollecitare nuove modalità dell'essere umano,
che deve sentire come importante conseguenza quello di svincolarsi sia
dalla nostalgia del mondo visivo, sia dal credere che da solo ce la
farà.
L'uomo ha sempre bisogno dell'altro per poter sopravvivere.
chiudere gli occhi per aprirgli al suo Mondo Interno
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