Marco Biasio
Il recente rapporto di Save The Children,
in seno alla campagna “Allarme Infanzia”, individua, tra gli altri, un
dato inquietante, paradossale nella sua enormità: in Italia, la
dispersione scolastica (i ragazzi che finiscono solo le scuole medie
inferiori) si attesta al 17,6%. Una percentuale molto lontana dagli
standard richiesti dall'Unione Europea (sotto il 10%) e dalla
maggioranza di altri paesi Ue come Francia (11,6%), Germania (10,5%),
Inghilterra (13,5%), persino Grecia (11,4%). Il Ministro dell'Istruzione
Maria Chiara Carrozza, che nello scorso maggio ebbe già modo di
definire “emergenza” il quadro statistico nel complesso, ha previsto uno
stanziamento ad hoc di 80 milioni di euro, all'interno del nuovo
Decreto Scuola, per arginare il fenomeno.
Chissà cosa ne penserebbe Jackson, 11 anni, keniano,
aspirante pilota, che ogni giorno percorre con la sorella minore 30
chilometri nella savana, a zig zag tra giraffe ed elefanti, per
raggiungere una baracca di lamiera. E Zahira, che è marocchina, di anni
ne ha 12 e, con le amiche Zineb e Noura, tutti i lunedì si inerpica per
le strette mulattiere attorno alla catena dell'Atlante, per sfuggire a
quell'analfabetismo che era la condizione naturale di sua nonna, nella
speranza di diventare un giorno dottore. Anche il tredicenne Samuel,
indiano, coltiva l'ambizione di indossare il camice bianco. La sua
riabilitazione è fisica ancor prima che scolastica: costretto su una
sgangherata sedia a rotelle, spinta dai fratelli minori Gabriel ed
Emmanuel, viaggia per un'ora e mezza, il tempo necessario – salvo
imprevisti – per coprire la distanza di quattro chilometri che lo separa
dall'istituto.
Carlitos è il più fortunato dei quattro: abita in una casa
accessoriata, coi genitori pastori e la sorellina Micaela, nel cuore
della Patagonia. Il lungo tragitto a cavallo, tra pampas e paesaggi
mozzafiato, è metafora di un viaggio più grande, quello di una maturità
in transizione, con la protezione di una piccola e slavata immagine
sacra che incontrano lungo la strada. A dispetto di tutti gli ostacoli
che si frappongono, per ogni ragazzo la scuola è un'opportunità
irrinunciabile, il primo e prezioso traguardo verso l'affermazione nella
vita.
Documentario e fiction assieme, Vado a scuola è un esperimento di film-verité
d'altri tempi con, alle spalle, una lunga e consolidata tradizione
autoriale da cui attingere. Il regista Pascal Plisson segue le avventure
quotidiane dei piccoli protagonisti con una camera semovente, ma
impersonale, che ricorda da vicino Latcho Drom, docu-pic di
Tony Gatlif presentato a Cannes nel 1993. I primi dieci minuti della
pellicola, unicamente incentrati sulla figura di Jackson che attinge
acqua da sottoterra per uso personale e domestico, prefigurerebbero
peraltro un simile orientamento: l'ambiente naturale come interprete
principale di una storia di conquista. Si finisce, invece, a discutere
di situazioni dinamiche che, se non ricostruite per l'occasione,
sicuramente soffrono di poca spontaneità – identica disomogeneità che
affliggeva gli inserti realmente recitati nello spaccato umano di Cesare deve morire
dei fratelli Taviani. Però capiamo che l'istruzione è una delle cose
più preziose che possediamo, e spesso non ce ne rendiamo conto.
Questo articolo è uscito sul Bo con il titolo A scuola tra elefanti e giraffe il 9 ottobre 2013.
Su Vado a scuola di Pascal Plisson, inoltre:
- Un articolo di Vanessa Lanari su Doppiozero, corredato dal trailer e da diverse foto
- Il servizio sul film di RaiNews24 con una intervista al regista
- Nel sito di MyMovies una rassegna di recensioni sul documentario
- La scheda (in francese) nel sito di Première
-
Giusto. Infatti la scuola dovrebbe essere strutturata in modo diverso. A che servono Leopardi e la trigonometria a certi ragazzi?
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