venerdì 25 ottobre 2013

C'è chi fugge dalla scuola e chi dall'analfabetismo

Marco Biasio
Il recente rapporto di Save The Children, in seno alla campagna “Allarme Infanzia”, individua, tra gli altri, un dato inquietante, paradossale nella sua enormità: in Italia, la dispersione scolastica (i ragazzi che finiscono solo le scuole medie inferiori) si attesta al 17,6%. Una percentuale molto lontana dagli standard richiesti dall'Unione Europea (sotto il 10%) e dalla maggioranza di altri paesi Ue come Francia (11,6%), Germania (10,5%), Inghilterra (13,5%), persino Grecia (11,4%). Il Ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza, che nello scorso maggio ebbe già modo di definire “emergenza” il quadro statistico nel complesso, ha previsto uno stanziamento ad hoc di 80 milioni di euro, all'interno del nuovo Decreto Scuola, per arginare il fenomeno. 
Chissà cosa ne penserebbe Jackson, 11 anni, keniano, aspirante pilota, che ogni giorno percorre con la sorella minore 30 chilometri nella savana, a zig zag tra giraffe ed elefanti, per raggiungere una baracca di lamiera. E Zahira, che è marocchina, di anni ne ha 12 e, con le amiche Zineb e Noura, tutti i lunedì si inerpica per le strette mulattiere attorno alla catena dell'Atlante, per sfuggire a quell'analfabetismo che era la condizione naturale di sua nonna, nella speranza di diventare un giorno dottore. Anche il tredicenne Samuel, indiano, coltiva l'ambizione di indossare il camice bianco. La sua riabilitazione è fisica ancor prima che scolastica: costretto su una sgangherata sedia a rotelle, spinta dai fratelli minori Gabriel ed Emmanuel, viaggia per un'ora e mezza, il tempo necessario – salvo imprevisti – per coprire la distanza di quattro chilometri che lo separa dall'istituto. 

Carlitos è il più fortunato dei quattro: abita in una casa accessoriata, coi genitori pastori e la sorellina Micaela, nel cuore della Patagonia. Il lungo tragitto a cavallo, tra pampas e paesaggi mozzafiato, è metafora di un viaggio più grande, quello di una maturità in transizione, con la protezione di una piccola e slavata immagine sacra che incontrano lungo la strada. A dispetto di tutti gli ostacoli che si frappongono, per ogni ragazzo la scuola è un'opportunità irrinunciabile, il primo e prezioso traguardo verso l'affermazione nella vita. 
Documentario e fiction assieme, Vado a scuola è un esperimento di film-verité d'altri tempi con, alle spalle, una lunga e consolidata tradizione autoriale da cui attingere. Il regista Pascal Plisson segue le avventure quotidiane dei piccoli protagonisti con una camera semovente, ma impersonale, che ricorda da vicino Latcho Drom, docu-pic di Tony Gatlif presentato a Cannes nel 1993. I primi dieci minuti della pellicola, unicamente incentrati sulla figura di Jackson che attinge acqua da sottoterra per uso personale e domestico, prefigurerebbero peraltro un simile orientamento: l'ambiente naturale come interprete principale di una storia di conquista. Si finisce, invece, a discutere di situazioni dinamiche che, se non ricostruite per l'occasione, sicuramente soffrono di poca spontaneità – identica disomogeneità che affliggeva gli inserti realmente recitati nello spaccato umano di Cesare deve morire dei fratelli Taviani. Però capiamo che l'istruzione è una delle cose più preziose che possediamo, e spesso non ce ne rendiamo conto.

Questo articolo è uscito sul Bo con il titolo A scuola tra elefanti e giraffe il 9 ottobre 2013. 

Su Vado a scuola di Pascal Plisson, inoltre:
- Un articolo di Vanessa Lanari su Doppiozero, corredato dal trailer e da diverse foto
- Il servizio sul film di RaiNews24  con una intervista al regista
- Nel sito di MyMovies una rassegna di recensioni sul documentario 
- La scheda (in francese) nel sito di Première

1 commento:

  1. Giusto. Infatti la scuola dovrebbe essere strutturata in modo diverso. A che servono Leopardi e la trigonometria a certi ragazzi?

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