Ricordo quando sono venuta a vivere a Roma, otto anni fa. Nel palazzo dove ancora abito decisi di "appropriarmi" del pianerottolo antistante il mio appartamento, per altro unico ad affacciarvisi. Ci installai una libreria che presto riempii di libri di narrativa, guide particolari, illustrati di arte e cultura gastronomica. Scimmiottando quello che avevo visto fare a un'amica di Los Angeles (poi trasferitasi a Bologna) sopra gli scaffali misi un cartello che spiegava: Libera biblioteca del condominio, chi vuole può prendere un libro e tenerselo, oppure riportarlo o portarne un altro. Un invito. Siccome il mio pianerottolo è un passaggio obbligato per accedere alla terrazza condominiale, dove stendiamo al vento e al sole chili di biancheria, notai che per ogni bucato steso, lentamente diminuivano i tomi messi a disposizione. Poi, però, ne arrivavano di nuovi.
Ed ecco che di recente scopro il fiorire di altre realtà simili. A Milano, per esempio, è nata la biblioteca condominiale di via Rembrant. In quel caso però l'idea è venuta non a un singolo, ma a un gruppo di condomini che ha utilizzato uno spazio libero al piano terra. Hanno raccolto oltre mille titoli ed è diventato punto di incontro dove intessere relazioni di buon vicinato, obiettivo neanche troppo velato nella testa degli ideatori. A Roma, nel quartiere di Trastevere, è spuntato qualcosa di molto simile: la biblioteca condominiale Al cortile. Si chiama così perché è stata ricavata in uno spazio comune, altrimenti inutilizzato, che si trova nel cortile del palazzo in questione, in via Giovanni da Castelbognese. Quindi non sono io a vivere in un'isola. Bene. Chissà quante altre realtà del genere esistono, stanno nascendo e nasceranno e forse qualcuno prima o poi si prenderà anche l'onere di fare una mappatura. Intanto tra "libere biblioteche di condominio" ci si sta connettendo, grazie anche alla rete, e poi si va in visita per conoscersi "realmente". Così la voglia di socializzare e il desiderio di superare gli individualismi vengono appagati, insieme con la voglia di cultura. Non è difficile. È semplice. Basta iniziare. Senza contare che in tempi di crisi, le tante librerie che chiudono lasciano il vuoto. È di questi giorni la notizia che a Napoli chiude Guida, la storica libreria di Port’alba, dopo quasi 100 anni di attività (qui l'articolo del Mattino). A Roma, Bibli ha tirato giù la serranda ormai già da diversi mesi e da diversi mesi è in cerca di una nuova sede, per riprovarci. Anche a Monteverde ne sono state chiuse alcune. In generale la lista è lunga, purtroppo. Per fortuna ci sono le biblioteche, per ora. Anche se pure su queste si contano lacune, si registrano preoccupanti precarietà e scarsa capillarità. Qualcuno ha detto che quando un vecchio muore è una biblioteca che brucia, ma quando una biblioteca brucia è la memoria di mille vecchi che scompare. Si può sostituire il verbo bruciare con il verbo chiudere e, mutatis mutandis, l'inquietudine resta. Sarà quindi anche per salvare il salvabile, per non smarrire il contatto con "la memoria sulla pagina", che le iniziative di cittadinanza attiva intorno ai libri fioriscono. Plautilla è certamente un esempio. Penso però si stia insinuando tra noi qualcosa di più contagioso (o forse è solo una speranza?) che trova la spinta propulsiva nella necessità di riacciuffare "un senso" in questo caos di relazioni apparenti, di silenzi assordanti e - peggio - di indifferenza al significato delle cose della vita. In queste esperienze spontanee messe in essere dalla "gente" (dalla base, si diceva una volta) con volontà e volontariato, il libro sembra essere lo "s-punto fermo", una colonna, un mattone per costruire altro. Un viatico, insomma, per affrontare meglio il caos. Di più: per affrontarlo insieme. Perché qui soprattutto di questo si tratta: spazi privati che diventano simili ad agorà, ovvero luoghi di riunione, di sosta al riparo dalle intemperie. Non ci sono confini: il contagio può essere ovunque e assumere forme diverse e inaspettate. A Lampedusa, per esempio, è l'organizzazione non-profit Ibby Italia ad aver avviato un progetto per la realizzazione di una biblioteca comunale per bambini e ragazzi che vivono sull'isola e per i giovani ospiti del Centro di Primo Soccorso e Accoglienza. "Una biblioteca comunale per italiani e migranti - come si legge nel progetto - nel luogo simbolo di tutti i luoghi remoti. Un'occasione per portare all'attenzione delle istituzioni e della società civile i bisogni di chi cresce lontano dalla lettura e da quei principi di tolleranza e di comprensione dell'altro, che la lettura è in grado di stimolare".
Il progetto è sostenere lo start-up della biblioteca, con raccolta e donazione di libri, allestimento degli spazi e formazione del personale. Nonostante sia coinvolto il Comune e siano stati messi a disposizione dei fondi, per farlo c'è bisogno della volontà di molti. E anche di molti volontari. La prima tappa è stata raggiunta nel giugno scorso. Il prossimo appuntamento è con la seconda edizione di IBBY Camp Lampedusa: una settimana di volontariato e attività che si terrà sull’isola dal 15 al 22 novembre 2013. Io non posso andarci, ma sono d'accordo con i miei vicini di casa: recuperiamo i titoli per bambini e ragazzi, quelli migliori e nuovi o molto ben tenuti, presenti nelle nostre libere librerie di condominio (e anche personali) e li spediamo a Ibby per contribuire al progetto.
nello squallore imperante delle cronache quotidiane questa iniziativa apre spiragli di bellezza. evviva Plautilla e tutte le altre biblioteche di "base"
RispondiEliminache bello! è necessario parlarne perchè questo virus benefico...si insinui sempre più in torno a noi !
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