sabato 22 aprile 2023

Luigi Squarzina, Vittorio Gassman e Luciano Salce, un terzetto tutto da leggere.




Ariel, n. 7/8, gennaio/dicembre 2022 a cura di Marina Marcellini ed Elio Testoni, n. monografico su Luigi Squarzina, Bulzoni Editore, pp.384


 

di Roberta Rondini

 

Nel centenario della nascita di Luigi Squarzina, alle iniziative messe in campo per ricordare un pezzo da novanta del nostro teatro contemporaneo si aggiunge ora questo corposo numero monografico di ARIEL, curato da Marina Marcellini ed Elio Testoni e presentato lo scorso 24 marzo al teatro Argentina.

Il volume mostra più di un motivo di interesse, i curatori hanno disegnato infatti un itinerario in tre parti, non convenzionale, che raccoglie saggi, testimonianze dirette e una sezione documentale riservata a due carteggi epistolari, in gran parte inediti, che si scambiarono, fin da giovanissimi, gli amici Luigi Squarzina, Vittorio Gassman e Luciano Salce.

Un lavoro a più voci e da più prospettive, ampio e approfondito, che arricchisce di sfaccettature non secondarie la comprensione della personalità e del molteplice operato di Squarzina, drammaturgo, regista, studioso, docente universitario, che “ha inciso profondamente non solo sulla scena teatrale del proprio tempo, ma più in generale ha contribuito alla crescita culturale del nostro paese.”[1]

Dai saggi ne esce rafforzato il profilo di un intellettuale che ha dato un contributo straordinario alla cultura del paese e, con l’attività registica e in veste di Direttore dei Teatri stabili di Genova e di Roma, ha fiutato e poi assecondato necessità, criticità, bisogni sociali e collettivi che emergevano negli anni sessanta/ottanta del secolo scorso.

Il saggio di Edo Bellingeri e le testimonianze raccolte nella seconda parte - interviste agli attori Eros Pagni, Giancarlo Zanetti, Tullio Solenghi, al regista Piero Maccarinelli - approfondiscono in particolare le due esperienze di direzione.

Alla guida dello stabile di Genova (1962-1976) “porta in dote il successo artistico-professionale sperimentato nelle sue quarantasei messeinscena, il rilevante bagaglio culturale e il metodo della ricerca scientifica, acquisiti, specialmente, ma non solo, nel suo impegno lavorativo all’Enciclopedia dello Spettacolo, la sua concezione del rapporto tra l’uomo e la storia”.[2]

A Roma (1976-1983) accetta l’incarico in tempi molto tumultuosi, dominati, a livello nazionale, da fenomeni politico-sociali impegnativi e laceranti – per tutti, il sequestro Moro e il terrorismo – e dalla generale crisi dei teatri a gestione pubblica, sul versante ristretto, locale, dalle forti passività di bilancio e dall’enorme difficoltà nel governare un teatro stabile dominato da conflitti, sovrapposizioni e ingerenze enormi della politica. Ma, con lui, “negli anni 1970-1978, Roma riacquista la sua centralità culturale”, poiché Squarzina lascia un’impronta originale e produttiva a impostazioni per l’oggi scontate, instaurando “una rete di relazioni che trasforma il Teatro di Roma nel modello d’una programmazione che si estende dal centro cittadino alle periferie, ai territori della provincia e della regione, che spazia dai più avanzati sperimenti della ricerca artistica all’animazione, alla teatralizzazione degli spazi urbani nelle piazze e nei parchi.”[3]

Altrettanto stimolanti sono le analisi sulla sua attività registica, con riferimento alle messeinscena dei testi di Goldoni e Pirandello, della quale viene sottolineata in particolare l’originalità dell’orientamento metodologico, innanzitutto nell’approfondimento filologico dei testi, con lo scomporre e scavare nella scrittura delle opere, ricercando con metodo scientifico le fonti, analizzando le redazioni originarie e mettendo in luce aspetti originali e significanze di maggiore attualità rispetto ai periodi delle originarie stesure.[4]

Squarzina si propone perciò “come esempio di un modello di regia ‘filologica’, una regia che ha il suo compito più alto nel fiero corpo a corpo con il testo”. Del resto, ciò è molto evidente dalla consistenza e dalla composizione della sua biblioteca, ricca di oltre 5000 volumi, ora all’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini a Venezia, per espressa volontà dello scomparso regista. Una biblioteca che parla di tutto il suo interesse per i classici - la tragedia attica, Shakespeare, Goldoni, Pirandello, Brecht e Sartre - per la drammaturgia contemporanea (soprattutto americana e italiana) e per gli sperimentalismi delle avanguardie[5].

Uno dei pezzi forti del volume, tuttavia, è serbato nella terza parte, quella documentale, con la pubblicazione dei due carteggi Squarzina–Gassman e Squarzina–Salce che rilasciano il ritratto di tre forti personalità artistiche - tutti e tre nati nel 1922 - dalla giovinezza fino alla maturità e dai quali emergono tratti significativi delle loro vite, del modo di essere e della loro concezione del fare teatro e cultura. Sono testimonianze preziose di una fase personale e collettiva di tre figure pubbliche che in modi diversi avrebbero fornito al Paese contributi culturali degni di nota e indirettamente anche di un’epoca storica nostrana.

Il lavoro effettuato dai due curatori, Marcellini e Testoni, è notevole per l’accuratezza e la scrupolosità con la quale hanno rinvenuto, copiato e infine annotato gli epistolari, contestualizzandoli, un’operazione filologica importante che approfondisce aspetti personali, professionali e culturali di tre protagonisti della scena pubblica italiana.

L’epistolario Squarzina-Gassman, redatto tra il 1937 e il 1953, consta di 78 lettere ed è purtroppo squilibrato a favore del primo corrispondente poiché nell’archivio Gassman sono presenti solo cinque epistole di Luigi a Vittorio. Le lettere, manoscritte e autografate, sono in gran parte inedite (69). La corrispondenza è conservata nell’Archivio Squarzina, donato dal regista alla Fondazione Gramsci che ha provveduto ad inventariare e a informatizzare tutti i documenti.

Le prime lettere, redatte tra il 1937 e il 1940, illuminano un’amicizia tra due adolescenti, un rapporto importante per le loro maturazioni, e sono scritte con toni da affettuosi ad aspri, tipici degli sbalzi umorali dell’età ma che già denotano una capacità riflessiva significativa. Sono ragazzi molto giovani eppure guidati da un forte impegno nelle letture e nella produzione di versi, evidente da ciò che leggono, dalle citazioni dotte che sono in grado di manifestare e dalla capacità di formulare critiche e analisi qualificate; ma si scambiano per lettera, anzi per cartolina postale, anche confidenze e spiritosaggini del quotidiano, insomma si aiutano a crescere. Sono lettere sorprendenti di due giovanissimi ambiziosi nella loro contemporaneità che, lette in sequenza, danno il senso del loro essere in quel momento storico, dei loro desideri, delle loro aspettative e anche dei loro ‘egoismi’ potremmo dire adolescenziali per i quali il mondo per loro rilevante, quello culturale, non si affacciava nemmeno per un attimo sul mondo storico (drammatico) del momento, anzi lo snobbava.

“Gassman amava anche la poesia di Dante, Leopardi, Petrarca, i poeti ermetici e il grande romanzo dell’Ottocento, Stendhal, Flaubert” e  Squarzina “scrive poesie d’amore, melanconiche, metafisiche, di una certa musicalità ed eleganza metrica che denotano una maturità creativa e una serietà d’impegno.” In queste lettere “l’assoluta mancanza di impressioni, di riflessioni e di valutazioni sulla tragicità del momento storico e sulle prospettive drammatiche che si annunciano per l’Italia e per l’Europa” è il leit motiv che sorprende.

Le lettere della prima giovinezza, tra il 1942 e il 1945, mostrano la consapevolezza dei cambiamenti, la nostalgia per il breve passato ma anche la coscienza della maturazione progettuale e della creatività che la lettura dei grandi libri consolida e agevola. Parlano dei primi passi nella formazione professionale e si affacciano le differenze caratteriali, le conseguenti scelte di vita che matureranno in seguito, fino alla rottura definitiva della loro amicizia e della loro frequentazione dal 1953, che diventeranno evidenti nelle lettere dell’età adulta (1946-1953) quando, a passi lenti ma inesorabili, si approssima la fase finale di un rapporto che era stato intensissimo ma anche foriero dei successivi e definitivi allontanamenti.

Dirà Squarzina “accorato”: “era un’amicizia adolescenziale, evidentemente destinata a finire […] lui era troppo attore ed io troppo regista.”

Il carteggio Squarzina-Salce è composto da 50 lettere, 43 inedite, manoscritte e autografate tranne una, in un periodo di tempo che va dal 1940 al 1953. A differenza del primo, è un epistolario equilibrato (26 a 24), conservato nell’Archivio Squarzina e nell’archivio privato Salce, messo a disposizione dal figlio, Emanuele. Anche in questo caso, il carteggio è testimonianza viva e struggente del crescere di due giovani fino all’età adulta e “racconta la serietà, l’ironia e l’impegno culturale dell’adolescenza, il dolore, il disagio di Luigi per la partenza di Luciano per il servizio militare in una guerra ormai perduta, l’orribilità della prigionia di Luciano in Germania e in Austria, lo struggimento per il tempo passato e l’angoscia e la disperazione al ritorno in patria e la progettualità e la strategia per un avvenire teatrale comune.” Come nell’altro epistolario, negli anni cinquanta le loro strade iniziano a separarsi anche se senza uno strappo forte, con un affetto nostalgico che rimarrà sempre di sottofondo.

Dice Salce nell’ultima lettera scritta da San Paolo del Brasile nel febbraio del 1953: “Se riuscissimo a farci, una volta l’anno, di queste domande, e, ciò è men facile, a rispondervi, penso che salveremo costantemente il nucleo della nostra amicizia.”



[1] Maria Ida Biggi, “valorizzare le eccellenze: Luigi Squarzina e l’attività del Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita”, in Ariel, n. 7/8, gennaio/dicembre 2022.

[2] Elio Testoni, “Luigi Squarzina, La direzione artistica del Teatro stabile di Genova (1962-1976): il punto di vista degli attori”, ivi.

[3] Edo Bellingeri, “Con Squarzina al teatro di Roma. Regia e registica”, ivi.

[4] Fabio Nicolosi, “Squarzina e Pirandello. Le regie pirandelliane negli anni della libera professione come regista indipendente”, ivi.

[5] Emanuela Chichiriccò, “Nel riflesso della pagina. Il Goldoni di Squarzina nella biblioteca del regista”. Ivi.