Devo
aspettare, devo aspettare, ripeteva tra sé Teresa sdraiata nel letto a occhi
chiusi. E per non lasciarsi tentare dal desiderio di correre a sbirciare il
tetto, il caminetto, la finestra, si raggomitolò sotto le coperte tirandole
fino sopra la testa. Aspettarla,
ma non aspettarsela, continuava a ripetere evocando le parole del nonno. Finì
per alzarsi comunque più presto del solito, finse di non correre vicino al
presepe e alla fine dovette constatare che la Befana non era passata a ritirare
i suoi doni. Aveva ancora una speranza, il cinquanta per cento delle
possibilità che la vecchina andasse da lei a farle visita e che addirittura si svelasse in pelle e ossa. Fu una giornata piena di
eccitazione, confusione di voci e cibi mescolati al fumo della legna nel
caminetto, alle carezze amorevoli dei grandi e le angherie dei cugini tutti più grossi di lei, ai quali erano arrivate calze rimpinzate di cioccolata,
torroni, caramelle, lecca-lecca, stringhe di liquirizia e nemmeno un tocco di
carbone. Neppure un pezzetto per quel guastafeste, arrogante e ciccione di
Tonino, né per quella bugiarda di Cinzia, ovviamente! Si sentiva frastornata
mentre iniziava a calare la sera e della vecchina a casa sua non c’era nessuna
traccia. Incrociò lo sguardo rassicurante del nonno, ma le parve
imperscrutabile. Eppure lei i requisiti li aveva tutti, quell’anno. E in quanto
al suo cuore, be’ traboccava di fiducia, ma insomma qualche segnale l’avrebbe
gradito.
Così decise di concentrarsi di più per esercitare una forza telepatica in grado di raggiungere la Befana che, ne era certa, stava girovagando in cerca del suo indirizzo. Intanto parenti e amici arrivarono ai saluti e tornarono ognuno a casa propria. Anche il nonno, che vedendo la faccia da funerale di Teresa, la salutò con un bacio lasciandosi scappare: «la Befana non ama la confusione, magari arriva quando sei da sola». Teresa, sempre più scoraggiata, rimase sul ballatoio a giocare con Pastrocchio il gatto, mentre sua madre le borbottava di rientrare in casa, ché non stava bene sedersi per terra sul pianerottolo. Fu quando Pastrocchio il gatto drizzò d’improvviso le orecchie, sporgendosi sulle scale a controllare cosa accadesse al piano di sotto, che a Teresa si svelò ciò che aspettava senza aspettarselo. Dall’appartamento di sua cugina Cinzia vide uscire una vecchia, la vide poi salire lentamente le scale, la vide che si avvicinava: oh santo cielo com’era brutta! Tremante, Teresa corse in casa pestando la coda di Pastrocchio il gatto, che miagolò spaventando la vecchiaccia, che arrancando raggiunse la cucina mentre Teresa, nascosta dietro sua madre, ansimando ripeteva: ho paura, ho paura. Il resto non lo ricorda. Sa solo che le venne la febbre e quando quel desiderio trasformato in incubo fu finito, si accorse che il mandarino, il tozzo di pane e il bicchiere di vino, sul tavolo vicino al presepe non c’erano più. Il biglietto invece era rimasto lì, anche se non esattamente nello stesso posto in cui lo aveva lasciato. Lo fissò ma la sua testa era altrove, attanagliata da un dubbio: perché la Befana era passata prima a casa di Cinzia se lei non ci credeva alla Befana? Perché non era andata solo da Teresa, che invece non aveva mai avuto dubbi sull’esistenza di quella strana tipa sulla scopa? In quella storia c’erano un mucchio di pezzi che non s’incastravano, pensò Teresa mentre, preso il biglietto dal tavolo, rilesse la frase che lei stessa aveva scritto: Cara Befana, non desidero altro tranne la conferma che esisti sul serio. Di seguito con calligrafia incerta era, però, stato aggiunto un messaggio:
Così decise di concentrarsi di più per esercitare una forza telepatica in grado di raggiungere la Befana che, ne era certa, stava girovagando in cerca del suo indirizzo. Intanto parenti e amici arrivarono ai saluti e tornarono ognuno a casa propria. Anche il nonno, che vedendo la faccia da funerale di Teresa, la salutò con un bacio lasciandosi scappare: «la Befana non ama la confusione, magari arriva quando sei da sola». Teresa, sempre più scoraggiata, rimase sul ballatoio a giocare con Pastrocchio il gatto, mentre sua madre le borbottava di rientrare in casa, ché non stava bene sedersi per terra sul pianerottolo. Fu quando Pastrocchio il gatto drizzò d’improvviso le orecchie, sporgendosi sulle scale a controllare cosa accadesse al piano di sotto, che a Teresa si svelò ciò che aspettava senza aspettarselo. Dall’appartamento di sua cugina Cinzia vide uscire una vecchia, la vide poi salire lentamente le scale, la vide che si avvicinava: oh santo cielo com’era brutta! Tremante, Teresa corse in casa pestando la coda di Pastrocchio il gatto, che miagolò spaventando la vecchiaccia, che arrancando raggiunse la cucina mentre Teresa, nascosta dietro sua madre, ansimando ripeteva: ho paura, ho paura. Il resto non lo ricorda. Sa solo che le venne la febbre e quando quel desiderio trasformato in incubo fu finito, si accorse che il mandarino, il tozzo di pane e il bicchiere di vino, sul tavolo vicino al presepe non c’erano più. Il biglietto invece era rimasto lì, anche se non esattamente nello stesso posto in cui lo aveva lasciato. Lo fissò ma la sua testa era altrove, attanagliata da un dubbio: perché la Befana era passata prima a casa di Cinzia se lei non ci credeva alla Befana? Perché non era andata solo da Teresa, che invece non aveva mai avuto dubbi sull’esistenza di quella strana tipa sulla scopa? In quella storia c’erano un mucchio di pezzi che non s’incastravano, pensò Teresa mentre, preso il biglietto dal tavolo, rilesse la frase che lei stessa aveva scritto: Cara Befana, non desidero altro tranne la conferma che esisti sul serio. Di seguito con calligrafia incerta era, però, stato aggiunto un messaggio:
se fiducioso hai il cuore
predisposto allo stupore
il desiderio che desideri
esaudito ti sarà
sebbene nessun sappia
il desiderio come si realizzerà
né quale stupore al cuore
fiducioso consegnerà.
Firmato, la Befana
Il messaggio non era granché, pensò Teresa, ma quel biglietto sarebbe stata la dimostrazione inconfutabile dell'esistenza della Befana, ne era certa; una prova da sventolare sotto il naso di tutti a cominciare da sua cugina Cinzia, la menzognera. Poi realizzò che non ce ne sarebbe stato bisogno: aveva già sistemato tutto la Befana, comprese Teresa, perché la vecchiarda astuta, prima di svelarsi a Teresa, era passata nell'appartamento della cugina miscredente (era da lì che Teresa aveva visto salire la Befana, no?) e lo aveva fatto per una sola ragione: darle prova in pelle e ossa della propria esistenza, mettendo così a tacere la linguaccia di Cinzia. Sorrise Teresa, soddisfatta: la Befana non solo esisteva, ma era anche sua amica. Ormai era tutto magnificamente chiaro, disvelato. Ed era arrivato il tempo di fare pernacchie.
1992-la zippora©
(raethia corsini)
(raethia corsini)
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