lunedì 11 novembre 2013

Pascale: distrazioni, affetti, attenuanti


Lunedì 11 novembre alle 18 da Plautilla biblio-libreria gratuita (via Colautti 28-30) una conversazione con Antonio Pascale, di cui è da poco uscito per Einaudi il (non) romanzo Le attenuanti sentimentali. Una pagina dal primo capitolo:

Antonio Pascale
Ho esordito poco prima del nuovo millennio con un libro strano: La città distratta. Il protagonista non c’era. Cioè, il protagonista era la città, la città di Caserta con tutte le sue appendici. Le appendici parlavano, si raccontavano.
Ero un perfetto sconosciuto, molto timido quando si trattava di affrontare il pubblico, con problemi di dislessia e disgrafia e varie altre complicazioni, sbagliavo le concordanze, mi perdevo in digressioni, parlavo sottovoce.
Nel 2003 arrivò La manutenzione degli affetti. Tutti a dirmi: che bel titolo. Firmai uno spropositato numero di dediche personalizzate (genere in cui mi accorsi di eccellere) e tutte finivano con: «alla manutenzione dei tuoi sogni futuri, questo libro è dedicato».
Cominciai a essere invitato in televisione. La mia prima domanda televisiva fu: «La manutenzione degli affetti, in che senso?» Non ebbi modo di spiegarmi perché il presentatore intervenne per dirmi: «È dunque un libro di consigli pratici?» «No, – risposi, – tutt’altro», e l’intervista finí lí perché il tempo era scaduto.
Ma mi sentivo forte, parlavo ormai con agilità alle conferenze, frequentavo un sacco di cene dove almeno metà dei commensali mi diceva: La manutenzione degli affetti non l’ho letto, però che bel titolo. I critici scrissero: tre racconti su sette sono davvero riusciti (e non erano mai gli stessi), però ora aspettiamo Pascale alla prova del romanzo.
Nell’attesa, mi ammalai. Un giorno mi svegliai trasformato in un essere pieno di bolle. Un’orticaria. È lo stress, cosí mi dissero all’IDI. Antistaminico e passa. Alla terza pillola le bolle andarono via del tutto. Sono forte, pensai. Due giorni dopo arrivò una dermatite devastante. È lo stress.
Cioè? – chiesi al dermatologo dell’IDI.
E che ne so io: si guardi dentro.
Che se ci pensate solo un attimo è un concetto estremamente pernicioso, guardarsi dentro, e poi dove? Comunque, cominciai a guardarmi dentro. Risultato: mi ammalai ancora di piú.
Omeopatia, – mi consigliò una scrittrice napoletana, mentre mi serviva una cena macrobiotica, a casa sua, a Napoli.
Intossicazione, – mi disse il medico, al pronto soccorso, dopo qualche ora. – Cozze?
Macrobiotico.
Macrobiotico? A Napoli? Ma lei vuole sfidare la sorte.

Peggiorai. Ingurgitavo cortisone. Finché incontrai Luigi. Che di professione fa il libertino, oltre che il pittore.
Uno che cammina con la spalla destra leggermente calata, cosí fa scivolare meglio la vita, appunto da sinistra a destra, uno che ha sempre un’espressione scocciata, finché non appare qualcuna e allora basta un attimo, lui la guarda, lei è sorpresa (sorpresa dell’interesse di uno organicamente scocciato), lui lascia tutto e parla solo con lei, sorride e si rianima, e insomma Luigi mi disse:
Cioè, ti stai guardando dentro?
Sí, dice che è lo stress. Ho una colpa che mi tormenta e mi brucia il corpo.
E tu ti stai guardando dentro?
Sí. Ho la colpa...
Sei impazzito? Vuoi soffrire? Non si va mai dal meccanico per un check-up. Si scoprono cose terribili e che soprattutto non puoi piú aggiustare, che ci pensi a fare? Lascia perdere. Finché ti regge la pompa, dico...
Accettai il consiglio, ricominciai a godermela.
Guarii e scrissi il romanzo.

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