m. t. c.
Calvino, Primo Levi, Moravia, Svevo, Gadda, Elsa Morante, Umberto Eco: per molti anni, anzi per molti decenni, le traduzioni di libri italiani negli Stati Uniti hanno avuto un solo nome, quello di William Weaver, che se n'è andato qualche giorno fa, a novant'anni, dopo avere dedicato la vita a costruire ponti di parole fra i suoi due paesi, gli Usa e l'Italia ("non sono un espatriato, sono un bipatriota", diceva negli anni in cui viveva in Toscana). In Italia era arrivato durante la secona guerra mondiale, come autista di ambulanza, e aveva imparato la lingua sul campo. Un apprendistato che non avrebbe mai smesso di affinare, attento com'era a rendere in inglese le minime sfumature della nostra lingua. Di questo, gli autori da lui tradotti sono stati perfettamente consapevoli, al punto che Umberto Eco, parlando della versione americana del Nome della rosa, l'ha definita "di gran lunga superiore all'originale".
Per conoscere meglio l'opera di questo "artista della traduzione", può essere utile leggere la bella e lunga intervista che nel 2002 gli ha dedicato la "Paris Review".
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