Carlo Emilio Gadda (Milano, 14 novembre 1893 - Roma, 21 maggio 1973), a centoventi anni esatti dalla nascita e a quaranta, approssimati, dalla morte, se lo filano in pochi. Giusto così. Il tipo non ambiva che all'ombra. Era uno sconfitto della storia. La guerra, le donne, la letteratura e la politica vigenti, la morte del padre e del fratello, il corpo, tutto congiurava, tutto era fatale e storto, senza rimedio. Ed egli, con gusto che alcuni possono chiamare masochista, ma che consiste nel piacere inimitabile della sconfitta, esacerbò sfrenato tale sentimento. Si fece compiutamente inattuale. E generò una prosa e un pensiero complessi, urtanti, atrabiliari, impastati d'un sarcasmo spietato (contro la stupidità degli uomini e dei fatti della storia), ma che, a tratti, cedono il passo ad un compianto universale a mezzo fra il moralismo classico e la vanitas barocca. In fondo a tutto, nella praticaccia inevitabile dell'esistenza quotidiana, fu un borghese lombardo: lombardissimo, anzi: amante dell'ordine, del dovere, dello studio, della tradizione, della rispettabilità borghese, del calvinismo professionale; devoto a tutte quelle finzioni del Super Io, insomma, ch'egli, freudiano non banale, conosceva bene e che vedeva insidiate, suo malgrado, dal demone del nichilismo e dell'inchiostro della depressione.
Aforismi e travasi di bile
Non preoccuparti della vita, perché comunque non puoi uscirne vivo.
La differenza tra il normale e l'anormale è questa qui: questa
sola: che il normale non ha coscienza, non ha nemmeno il sospetto
metafisico, dei suoi stati nevrotici o paranevrotici.
Le
mie naturali tendenze, la mia infanzia, i miei sogni, le mie speranze,
il mio disinganno, sono quelli d'un romantico: di un romantico preso a
calci dal destino, e dunque dalla realtà.
Se un'idea è più moderna di un'altra è segno che non sono immortali né l'una né l'altra.
La lotta che io ho combattuto nella vita è stata terribile, spossante; è stata atroce per la superiorità del nemico, che scherniva i miei sforzi. Io ci ho lasciato l'anima e ormai non sono che un vegetale.
Le parole sono ancelle d'una Circe bagasciona, e tramutano in bestia chi si lascia affascinare dal loro tintinnìo.
Le parole sacre, vedute le labbra dell'autore, ne rifuggono. Le cose sacre, veduto il cuore dell'autore, vi si fermano.
La vita è stata per me un'immonda prigione: la mia giovinezza ... una tenebrosa tempesta; e quello che sogliono chiamare il bene, è stato il muro del carcere e la bontà della tomba.
La collettività subisce l'incanto non più del maestro, nel seno delle arti e mestieri, ma d'un istrione millantatore.
L'io, io!… il più lurido di tutti i pronomi!… I pronomi! Sono i pidocchi del pensiero.
L'attimo fuggiva, oh, che altro può fare un attimo?
L'attimo fuggiva, oh, che altro può fare un attimo?
Io ho voluto la guerra, per quel pochissimo che stava in me di volerla ... E in guerra ho passato alcune ore delle migliori di mia vita, di quelle che m'hanno dato oblio e compiuta immedesimazione del mio essere con la mia idea: questo, anche se trema la terra, si chiama felicità.
Sognare è un fiume profondo, che precipita a una lontana sorgiva, ripùllula nel mattino di verità.
Alcune favole
La penna disse al pennacchio: "A che sei buono, fanfarone?". Rispose il pennacchio: "A farti scrivere le mie lodi".
Il brontosauro opinava che il verbo brontolare l'avevano inventato per fargli rabbia. Questa favoletta ne dice: che il permaloso è debole opinante.
Un maniaco voleva comperare un libro. Dopo pochi minuti arrivò l'autolettiga della Croce Verde.
Il pregare Iddio è operazione del mattino. Anche il prendere il caffellatte è operazione del mattino.
Uno scolaro vide un poeta: e si domandò atterrito: "Ma non bastava l'Iliade?".
Un tale, avendo pescato nel vocabolario il verbo erigere, lo usò al perfetto coniugando erigerono. Ebbe issofatto la sospirata cattedra.
La scimmia, trovato un elmo da pompiere, se lo mise in testa. Ma rimase al buio.
Il dinosauro, fuggito dal Museo, incontrò la lucertola che ancora non vi abitava. Disse: "Oggi a me, domani a te.
Sul fascismo (e non solo)
Tutta la ventennale soperchieria è contraddistinta dai caratteri estremi della scempietà, della criminalità puerile, della mancanza di senso e di cultura storica ... una netta regressione ... verso una fase involutiva, bugiarda, nata da imparaticci, frasi fatte, da un ateismo sostanziale che vuole inorpellarsi di una spiritualità e religiosità meramente verbali ...
Su Dante
Nell'inferno dantesco si incontrano uomini che credevamo in paradiso: e nel purgatorio, avviati al paradiso, uomini che credevamo sicuramente all'inferno.
Su Foscolo
Nella poesia del Foscolo tutto si riduce a una ricerca onomastica ellenizzante o comunque classica, a un macchinoso e inutile vocabolario: a una sequenza d'immagini ritenute greche o marmorine, a un vagheggiamento di donne di marmo in camicia, o preferibilmente senza, da lui dette vergini. Mi sa che gli piacessero le quattordicianni: anche se in pratica, a scanso di grane, le sue amanti ultraconiugate ne ebbero un po' più ...
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