Abbiamo oggi il vivo
piacere e il privilegio di pubblicare l'esclusiva intervista rilasciata dal
grande scrittore Alfonso Maria Nebuli alla nostra Gaia Elettra Lucignani, in
contemporanea con l'uscita sul numero di novembre del magazine digitale E-Lite, della
Keiretsu Wordcom Press (edizione USIAN).
(Translated by G.Luca Chiovelli)
Roma (settore
2/enclave EuroForce), 4 ottobre 2031 (anno 11 post EW)
Alfonso Maria Nebuli tiene alla puntualità. "È una dote che risale sin dalla mia infanzia. Sia cronometrica" mi ha laconicamente e recisamente raccomandato durante la brevissima cam-com criptata. Ed è lui stesso, in persona, ad accogliermi sulla soglia del palazzo di Monteverde, lui, il new artist, l'iniziatore indiscusso dell'astoricismo, la nuova corrente letteraria dominante, e fashionist maître de goût a tempo perso, ma sempre con successo incontrastato.
"Voglia
scusare il disordine e una certa agitazione fra il personale. Sono in partenza
per Ibiza dove terrò un ciclo di conferenze".
Capisco
da subito che la laconicità blasé per cui egli è noto nasconde solo un'estrema
semplicità di modi. E una certa timidezza, laddove le rudezze dell'ardore
artistico si stemperano con un'innata modestia. Un’attitudine che s'indovina subito
dall'undestatement cromatico del look: il volto, ricoperto da una barba
curatissima è altresì sopraffatto da un occhiale avvolgente dalla montatura in
essenza di bambù thai; il pantalone grigio, canvas washed, entra in perfetto
pendant con la t-shirt scura in jersey, vezzosamente asimmetrica; leggeri
mocassini in camoscio con cristalli di Caledonia fasciano elegantemente i
piedi. Il tutto in ossequio al suo dogma ‘Mai prendersi troppo sul serio, ma
prendere tutto seriamente’, etica casual allo stesso tempo singolare e vivace,
in grado di conquistare un pubblico raffinato e intellettuale che sa apprezzare
la semplicità dell'eleganza.
Ci
accomodiamo su due poltroncine in pelle, in una piccola dependance d'una più
ampia sala.
Capisco,
da come Nebuli scruta di sottecchi la meridiana digitale Givenchy da polso, che
ho poco tempo a disposizione, ma, lo ammetto, l'emozione, dapprima dissolta
dall'accoglienza amichevole, mi sopraffa nuovamente. Fremo. Questo non è un luogo
qualsiasi, è il suo studio, l'autentica fucina della creazione, la spelonca del
mago. Riconosco l’inimitabile bric-à-brac intuìto nell'edizione americana di Vogue
2.0, una squisita summa di tutte le tendenze più vive dell'arte contemporanea:
la scrivania Biedermeier clonata in piuma di noce la cui superficie, scura e
lucidissima, è appena increspata dal lucore dell'ultimissimo Ipad Tepes a
plasma biosenziente; le tende di velluto autogenerato verde scuro, ricamate a
mano da Benjamin Cemoli, in accordo delizioso col tappeto a polimeri cangianti;
e riconosco, infine, con una certa trepidazione, una delle primissime creazioni
del designer Jussi Litmanen, l'ormai introvabile Scomodino 2018, con il suo
tettino a guglia magnetizzato e la cassettiera invertita.
La
parete alle nostre spalle è quasi interamente occupata da un aerografo con
dedica di Hector Servabo, il profeta dell'Altruismo, la nuova corrente visuale
secondo i cui precetti sono gli stessi fruitori d'arte a contribuire alla stesura
della composizione: un'intuizione geniale che annulla, dopo secoli di
sopraffazione estetica, la desueta spaccatura fra compratore e autore.
"L'arte non deve essere questione legata agli accademici", afferma
Servabo "e l'autore, in essere solo per le vili spettanze del copyright,
deve inchinarsi al gusto statistico rifiutando qualsiasi anelito
d'originalità".
Alla
nostra destra, su una grigia e bassa colonnetta a tortiglione, riposa un raro
capolavoro, l'acclamato scandalo della Biennale 2020, il mucchio di pietre
scheggiate 77/c, pezzo unico della scultrice nichilista Elsa von Klemperer.
"Una
mia amica", prorompe subito Nebuli notando la mia ammirazione. "Elsa
me ne ha fatto dono tre anni fa, dietro un giuramento imprescrittibile. Nessuno
dovrà mai sapere cosa rappresentava l'oggetto pristino, dapprima amorevolmente
scolpito e poi rifiutato e distrutto in un accesso di furia creatrice. D'esso
restano solo queste tragiche spoglie, che, miracolosamente, si son disposte nel
numero esatto di trentatré, cifra simbolicamente ominosa ..."
"Siamo
tutti reduci dall'ultimo vernissage tenuto nel Bunker Queen Maxima a New Amsterdam"
esclamo lievemente eccitata, "dove abbiamo venerato in silenzio la nuova
collezione di Elsa: Trentatré mandala per
una nuova alba. Si sussurra che i frantumi provengano da altrettanti gessi
di membri maschili, calchi dai suoi numerosi amanti, quand'ella, colla foga
della neofita, militava nella corrente, ora abiurata, del pornotradizionalismo.
Trentatré! numero fatidico che torna! Una mirabile sintesi di maledettismo antiaccademico,
rinuncia Zen e intemperanza femminista ..."
Nebuli
sembra approvare dietro l'impenetrabile fissità delle lenti.
"Ora
veniamo a lei. Confesso di non sapere dove cominciare ..."
"Dall'inizio,
è preferibile", annota sornione.
"Accetto
l'invito. La sua prima opera, Cronache da
un'illuminazione confusa risente ancora del peso della tradizione
letteraria. In esso, secondo recenti calcoli, vi sono più di centodue pagine
scritte da lei personalmente, di suo pugno, ricorrendo a locuzioni originali
..."
"Ohimè,
la giovinezza, l'ingenuità! Chi ne è esente? Vagheggiavo ancora la creazione
autonoma, ricercavo con tenacia l'ispirazione. Addirittura materiale
biografico! La supponenza mi spingeva folle dietro alla chimera
dell'originalità. Ancora non avevo contezza della maledizione del
post-postmoderno: tutto è già scritto e ogni periodo o giro di frase reca la
colpa della citazione. È vero che le altre cento pagine della Cronaca sono copiate integralmente da
altri autori, ma quelle centodue arroganti facciate in cui mi sforzo di
sembrare nuovo e sorgivo perseguitano ancora i miei sogni".
"Il
successivo racconto, però, è già indizio del suo stile più maturo. Esso mise in
subbuglio l'intera intelligencija del blocco EuroComm ..."
"Zanna bianca, certo … un esperimento
ancora acerbo, lo concedo, ma in cui le tematiche della mia arte già rifulgevano
con nettezza".
"Ci
fu chi parlò, piuttosto incautamente, di plagio ..."
"L'invidia
è un mostro dagli occhi verdi, mia cara. La novità era troppo dirompente per i
tempi. I critici, o, meglio, quel che ne restava, erano abituati, in malafede,
ad elogiare la finta originalità. Come detto, tutto è già noto, non rimane che
servirsi del prodotto e riadattarlo al mercato del gusto che è il solo padrone.
Che dire? È l'inevitabile step della democrazia totale in cui siamo immersi.
Come diceva Eliot: i poeti immaturi copiano, quelli maturi rubano. Ovviamente
il mio scritto, benché quasi identico a quello, illeggibile, di London, è
infinitamente più ricco e profondo ..."
"Si
spieghi meglio, maestro ..."
"Parliamoci
chiaro. Chi legge più tali cose? Quei periodi involuti, puerilmente moralisti
... quello stolido raccontino ... ebbene, io l'ho preso e gli ho ridonato la vita.
Ricorderà la presentazione sontuosa a Dubai, la pubblica lettura dopo la
sfilata, la cartoonization Pixney, i lanci mirati su Twigle, le lacrime della
principessa Kate alla prima in Inghilterra quando Zanna, corgie reale, dopo
aver salvato il proprio padrone dai perfidi terroristi ceceni, sopravvive alle
ferite e riconosce i cuccioli della compagna Collie ... La mia stessa
personalità ha operato la metamorfosi: da debole storiella animalista a
universale apologo fruibile per le nuove generazioni ..."
"Zanna Bianca fu, quindi, il primo seme
della sua poetica, il menardismo discreto ..."
"In
un certo senso. Preferirei, per quell'opera, parlare tuttavia di menardismo
galvanico. La letteratura del passato, abolita dal presente, è ormai un tessuto
morto: siamo noi, pochi, felici e arditi, a ridonargli, in tal modo, vigore e
attrattiva. Operai in tal senso anche nel mio secondo romanzo, Jacob and Lucy. Il materiale di base, dovuto
a un autore milanese di due secoli fa, era praticamente inservibile fuori del
contesto incui era stato ideato. Nelle mie mani divenne, con accorte varianti
topiche, assolutamente elettrico. Come scrisse il compianto Umberto Eco, una
delle mie anime ispiratrici: un luogo comune irrita, cento commuovono".
"È
la storia, vogliamo ricordarlo, di una coppia bianca di Miami impedita nel
proprio sogno d'amore dal villain Rodrigo McKay, collaborazionista del governo
centrale ispanico dopo l'invasione messicana degli Stati del Sud ... Ancora una
volta non mancarono le polemiche, specie per la realistica descrizione dello
stupro di Lucy a opera dell'ambiguo Lord Unnamable o per la strage finale di
chicanos nel Central Park. La critica del NYT, Jennifer Haizer, defini il
romanzo ‘crocevia ultraista a mezzo tra Philip Roth e Tarantino’; Helveg
Somerset preconizzò una nuova, lunga epoca di riedizioni galvaniche, Martine
Rosenbaum si spinse a parlare di definitiva perla nera del modernismo-post-pop
del consumo di massa ..."
"Un
successo inevitabile. In realtà le resistenze alla mia estetica, pur deboli,
vennero solo da sparuti ambienti di retroguardia, nostalgici di un'era
definitivamente defunta ... Come se qualcuno leggesse ancora Milton e Tolstoj!
La Storia è ciò che s'impone nel tempo; assecondarla è nostro compito. Ma è
bene accettare con serenità anche le critiche più biliose: giusto così. Io
aspiro alla vera arte e la vera arte rimane urtante e divisiva. Approfitto
dell'occasione (spero, benignamente, che mi conceda questo inciso) per pagare
ulteriormente il mio debito di gratitudine al decano dei critici italiani,
Antonio D'Orrico, l'unico a riconoscere subito la novità dirompente del
romanzo. Egli vergò, in tempi difficili, parole profetiche: "Alfonso Maria
Nebuli è un genio. Il Mar Rosso del conformismo estetico si è finalmente
aperto. Nebuli è un genio, lo ripeto. E ha solo ventotto anni ..."
"Ma
lei non si fermò qui ..."
"Non
ero soddisfatto. Volevo di più. Vede", prosegue pacato, "il
menardismo galvanico è costretto dalle ritenutezze di una singola opera. Mi
dissi: perché non ambire alla totalità? Fu allora ch'ebbi l'intuizione di
sublimarlo in sincretismo astorico; nell’astoricismo l'oggetto
dell'elaborazione è l'intera letteratura universale. Tutto ciò che è stato
scritto è un guardaroba di cui servirsi. In tal senso mi arrogo il merito di
aver forgiato l'etica definitiva dell'ultimo autore possibile: l'autore
democratico, figlio di twigle e della disfatta critica, il cui compito consiste
nel riesumare ed elettrizzare, appunto, tramite la propria inesausta personalità
creatrice, ciò che langue nella dimenticanza: la letteratura scolastica,
ponderosa, illeggibile, non più goduta a causa della propria straniante rugginosità: Omero, Shakespeare, Boccaccio, le Brontë, puri nomi oramai. Eventi mondani, happenings, situazionismo
pubblicitario, provocazioni, interviste, sinergie cine-pc, sondaggi
pre-pubblicazione, edizioni online on demand: arte, desiderio delle masse e
pubblicità formano un circolo serpentino dove l’inizio e la fine coincidono e
si confondono. Quel pallido precursore, McLuhan, peccava di esitazioni: il
mezzo è tutto, senza messaggio. Il mio capolavoro, Il sangue di Amleto, parte da tutte queste riflessioni ..."
"L'apporto
originale si riduce a neanche duecento pagine, su un totale di milleottocento,
oltre ai geniali e doverosi riadattamenti al gusto contemporaneo. Un tour de
force magistrale. Ricordiamo la trama: Master Anthony, al fine di annettere
l'impero economico dei rivali della Elsinore Corporation, in combutta con Gertrud,
detentrice della maggioranza del pacchetto azionario, stermina l'intero
consiglio d'amministrazione nordico. L'AD Amleto, sopravvissuto alla strage,
nonostante la delazione di Polonio, sembra sottomettersi all'usurpatore, ma, in
combutta con lo spietato Johann Buddenbrook, console di Lubecca e
vicepresidente del Parlamento Europeo, esige la propria vendetta. Alla testa di
un manipolo di truppe mercenarie d’assalto della Blackwater invade il Feudo di
Sicilia e Nord Africa e assedia Acitrezza. In un duello epico uccide il
rampollo di master Anthony, Laerte Malavoglia, e ne strazia il cadavere sotto
le mura della città facendolo trascinare dal proprio Hummer. Poi, dopo la
conquista della corporation meridionale, devastato dall'amore per Nedda, si
lascia uccidere da Achille di Nortumbria, ma riesce, quale ultima volontà, a
trasmettere la corona della holding al giovanissimo Hanno Buddenbrook, suo
confidente fedele e anima affine ...
"In
realtà ho già dimenticato quella mia fatica, il successo, i riconoscimenti, le
trasposizioni cam-web-cinema ... La ricompensa, in my modest opinion, si cela
nel lavoro indefesso, da svolgere contro tutti i misoneismi ... Ora, poi, sono
concentrato sul mio nuovo romanzo-poesia-confessione ... la mia magnum opus, un'elaborazione
certosina, che mi assorbe tiranna da quattro, lunghi anni ..."
"Davvero?
Può darcene, per sommi capi, s'intende, una piccola anticipazione? Per i nostri
lettori ... una scheggia ... un semplice spunto ..."
Nebuli
esita, si passa un dito sulle labbra in una smorfia che tradisce un breve
fastidio. Poi cede. È la svolta: avremo l'anticipazione del new novel da
duecento milioni di copie, in contemporanea uscita web-cine-pc-cam nei
centonove paesi del blocco USIAN-EUROCOMM!
"Tratta
di un grande amore. Di una passione inestinguibile. Oltre la vita e la morte.
Vi ho trasfuso tutto me stesso, la mia esistenza, le mie aspirazioni, la mia
anima. È una summa definitiva, dolorosa e pietosa, forse un addio al secolo ...
Il protagonista dovrà calarsi agli inferi dannati del proprio Io per poi
lentamente ascendere alla purificazione celeste e rendersi degno in tal modo
della propria amata, divina creatura ..."
Si
ferma quasi trasognato. Riprende il controllo, capisce di aver detto troppo.
"Maestro",
esclamo incredula e definitivamente rapita dall'eccitazione , "non vorrà
dire ..."
"Basta!",
s'infiamma subito. "Ora basta. Mi comprenda. È una parte della mia vita. Forse la vita stessa. L'opera totale. Non posso aggiungere altro. Mi scusi per la breve
intemperanza". Si alza seccamente. Mi dà le spalle. Un congedo
inappellabile.
Capisco.
Sono stata importuna. Farfuglio delle scuse, giustifico il mio assillo con
l'avida richiesta del pubblico.
In
fretta vengo accompagnata fuori dalla governante Maria Teresa.
Intravedo,
ultima immagine, il Maestro già seduto al tavolo di lavoro, il viso intelligente
illuminato dallo schermo dell'Ipad Tepes, l'indice pensoso puntato alla tempia
sinistra, assorto nelle gravezze estenuanti dei preparativi, dalle incombenze
d'una vita sospesa tra il ruolo di socialite intellettuale e pioniere
dell'ultra-avanguardia.
Non
una parola di commiato.
Passo
la soglia, presidiata dai levrieri afgani della casa, Gabbo e Diavolo.
Fuori è
già sera. Conservo in me, tesoro prezioso, le immagini di un pomeriggio
memorabile.
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