mercoledì 29 novembre 2017

Libro per il gruppo di lettura

La morte di Ivan Il'ic di Lev Tolstoj é il prossimo libro condiviso del gruppo di lettura e sarà discusso sabato 16 dicembre ore 11,00 nella sede di Plautilla, come da prassi.


Il tempo dedicato alla lettura è più ristretto rispetto al solito per evitare che il giorno della riunione si sovrapponga alle festività natalizie, per questo abbiamo scelto, nell'ambito del tema che ci siamo proposti come linea guida alla lettura - le emozioni/la paura - un testo breve ma intenso, di forte spessore letterario e che ben rappresenta la più grande paura dell'essere umano.
Contiamo sulla vostra partecipazione.
Volevamo inoltre avvertire che abbiamo dei problemi con la casella di posta e quindi non abbiamo potuto spedire la newsletter relativa alla settimana corrente, speriamo di risolvere al più presto il problema.








domenica 26 novembre 2017

Inferno di famiglia in due poesie di Dorothy Molloy


    Fiduciosa, la bambina, ©Franca Rovigatti, 2011
Fiorenza Mormile
In occasione della giornata contro la violenza sulle donne presentiamo una denuncia  nella forma inconsueta ed efficace della poesia.
In Hare Soup dell’irlandese Dorothy Molloy (Ballina, Co. Mayo 1942 - Dublino 2004) il tema della violenza ricorre soprattutto sotto forma di abuso contro minori, spesso compiuto nell’ambito familiare. Il luogo abitualmente deputato alla protezione si trasforma in un incubo caratterizzato dalla ripetizione senza scampo. 
I testi, intrisi di una violenza raggelata non priva di humour nero, sono scarni e perturbanti. L’allusione compensa la sottrazione: lo stesso titolo della raccolta, Zuppa di lepre, già rimanda a sapori forti e al sacrificio di una preda. Il lettore, sempre in allarme, è chiamato a decifrare la falsa calma di relazioni familiari ambigue. Lo zoo di nonna s’incentra su una bambina abusata, che mostra suo malgrado la consapevolezza di un’adulta. La nonna intuisce, ma non parla? Non è chiaro. Si limita a fornire amuleti: animaletti selezionati tra quelli più inclini alla copula, che sembrano suggerire, più che esorcizzare, la rumorosa aggressione dell’uomo-elefante. Che giunge alla fine, introdotta per gradi dal rimbombo delle sirene da nebbia (ma foghorn nel linguaggio colloquiale ha pesanti implicazioni sessuali) e dall’immagine intrusiva e altrettanto sonora della locomotiva. 
In Circo di famiglia madre e figlia sono entrambe vittime del marito/padre villoso e muscoloso pur se in modalità diverse. La bambina per difendere la madre crollata sotto i colpi di lui gioca l’arma della seduzione e si immola alle sue richieste, intuibili sotto il camuffamento della performance “circense”. La bambina quindi non solo non trova protezione, ma si sente in dovere di offrirla, nello stravolgimento di ruoli generato dal terrore.  

Lo zoo di nonna

C’è uno zoo nella tasca di nonna:
cavalli e tori, pesci e uccelli,
cervi, maiali e conigli. Segugi.

Quando sto da nonna,
lei tira fuori un animale dalla tasca
e me lo dà:

un amuleto contro le sirene da nebbia
che rimbombano sul molo;

un amuleto contro le locomotive
che fischiano nel buio;

un amuleto contro l’uomo-elefante
che arriva al mio letto barrendo.
(traduzione di Fiorenza Mormile e Anna Maria Robustelli)

Grandma's Zoo

There's a zoo in Grandma's pocket:
horse and bull, fish and bird,
stag, pig and rabbit. Hound.

When I stay with Grandma,
she takes an animaI out of her pocket
and gives it to me:

a charm against the foghorns
booming on the pier;

a charm against the steam-engines
whistling in the dark;

a charm against the elephant-man
who comes bellowing to my bed.


Circo di famiglia

Papi gonfia i muscoli. I suoi bottoni
tintinnano. Il vello del torace spunta fuori
dalla canottiera. Io siedo muta quando colpisce mamma.
Mamma si accascia sulla sedia. Con gli occhi
chiama la sua artista in erba, la sua spalla di scena,
il suo puntello. Resto ferma in lustrini e calzamaglia.
Faccio a papi gli occhi dolci; il tip tap,
la spaccata. Quando il bolo isterico
mi cresce nella gola, inghiottisco la lingua.
(traduzione di Fiorenza Mormile)

Family Circus

Dadda flexes his muscles. His buttons
go ping. His chest-hair springs out
of his vest. I sit mute as he lashes at Mamma.
Mamma slumps in the chair. With her eyes
calls her infant performer, her stage-hand,
her prop. I stand firm in my sequins and tights.
I make doe-eyes at Dadda; tap-dance,
do the splits. When the globus hystericus
swells in my throat, I swallow my tongue.

I testi inglesi sono tratti da Hare Soup, Faber and Faber, London 2004. La Jonathan Williams Literary Agency ne ha autorizzato riproduzione e traduzione.
La traduzione di Grandma’s Zoo è inedita. Per Family Circus  cfr.  La tesa fune rossa dell’amore. Madri e figlie nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese, a cura di L. Magazzeni, F. Mormile, B. Porster, A. M. Robustelli, La Vita Felice 2015.
La riproduzione dell’opera Fiduciosa, la bambina è stata autorizzata dall’autrice Franca Rovigatti.





venerdì 24 novembre 2017

Strane storie di cani



Oggi abbiamo presentato da Plautilla il libro di Maria Teresa Carbone 111 cani e le loro strane storie pubblicato dalla casa editrice Emons, nota soprattutto per i suoi audiolibri, ma anche per i gialli tedeschi e appunto per le guide 111. C'erano molti amici di Monteverdelegge, tanti padroni e padrone di cani che si sono conosciuti nei vialetti alberati di Villa Sciarra e c'era pure Barnie, il bianco cane con le orecchie nere che porta i libri in bicicletta nel logo di Plautilla. Consigliando a tutte e a tutti di leggere questo libro, fatto di  brevi storie che si possono spiluccare a colazione, in tram o la sera, prima di andare a letto, perché ricche di ironia, curiosità e affetto per gli amati quadrupedi, vi anticipiamo, a mo' di assaggio gustoso, la premessa dell'autrice:

Maria Teresa Carbone
Se noi - noi umani si intende – siamo oggi quello che siamo, lo dobbiamo anche ai cani, che ci accompagnano da decine di migliaia di anni nella buona e nella cattiva sorte. Nei loro musi pelosi ci siamo specchiati per secoli, indovinando tratti comuni, che a seconda dei casi abbiamo accolto o tenuto a distanza:  siamo cani sciolti, ci guardiamo in cagnesco, facciamo una vita da cani...
Nel tempo i cani hanno imparato a capirci, quasi certamente più di quanto noi riusciamo a capire loro. Si sono adattati agli ambienti dove abbiamo vissuto insieme e ai lavori – molti, spesso faticosi – che abbiamo chiesto o imposto loro di fare: per questo hanno forme e dimensioni diversissime, come non accade a nessun'altra specie sulla terra.
Tanti di loro sono diventati celebri presso noi umani, e di alcuni troverete le storie nelle pagine che seguono. Ma qui vorrei ricordare dei cani che all'apparenza non hanno fatto niente di speciale: non hanno corso centinaia di chilometri per ritrovare i loro compagni umani, non hanno praticato sport eccentrici, non hanno combattuto in guerra, non sono diventati stelle del cinema, della televisione o dei social network.
Per nessuno di questi cani, che per alcuni anni si sono ritrovati giorno dopo giorno lungo i viali di Villa Sciarra, a Roma – Lilli, Barnie, Tempesta, Tessie, Camilla, Indy, Sofia, e la lista potrebbe continuare a lungo – sarà eretto un monumento. Sono vissuti (e alcuni ancora vivono) quietamente, anche quando erano – o sono – famosi per i loro latrati penetranti o per la loro impenitente tendenza a lanciarsi all'inseguimento degli amanti del jogging mattutino.
Chi però ha avuto la fortuna di conoscerli e di condividere insieme a loro un pezzetto della propria vita sa che ciascuno è stato, ed è, unico e irripetibile. Come unici e irripetibili sono i cani senza storia che popolano il mondo.
Ai cani di Villa Sciarra, e ai milioni di loro compagni senza storia, è dedicato questo libro. 

domenica 19 novembre 2017

Laboratorio di traduzione di poesia: Joy Harjo


Joy Harjo, foto di Karen Kuehn
Fiorenza Mormile
Il laboratorio di traduzione è nato per condividere il piacere della traduzione di poesia dall’inglese.
Si può partecipare anche in veste di semplici uditori, le riunioni sono aperte a tutti. Negli incontri a scadenza quindicinale (ogni due martedì dalle 17:00 alle 19:15) ognuno confronta con gli altri la propria traduzione del testo del giorno, deciso in precedenza dal gruppo. Chi ama tradurre esce dalla sua solitudine per confrontarsi con le soluzioni degli altri, superando limiti, automatismi e personalismi.
La resa finale, collettiva, si sviluppa progressivamente: ogni poesia, prima di essere pubblicata sul blog, richiede più di un incontro. Le tematiche privilegiate finora sono state quelle relazionali, ambientali, interculturali. Anche quest’anno (il sesto) intendiamo occuparci di più autori, a partire dalla poetessa nativa americana Joy Harjo che nella sua poesia dà voce al disagio dei nativi americani, riconnettendosi alla propria tradizione.
Vi aspettiamo il 21 novembre, e comunque, seguiteci sul blog.  

Maria Adelaide Basile
Joy Harjo, nata a Tulsa in Oklahoma il 9 maggio 1951, membro della Mvskoke/Creek Nation, è un’apprezzata scrittrice statunitense. Laureata in scrittura creativa nello Iowa, attualmente insegna Inglese e American Indian Studies all'Università dell'Illinois. Impegnata nella rivendicazione dei diritti dei nativi americani e delle donne è autrice di sette libri di poesia, del memoir Crazy Brave e anche performer, musicista e cantante. Dichiara di non vedere separazione tra le arti così come tra tutto ciò che appartiene al pianeta terra: umani, piante, animali, acqua, cielo... Musica e poesia, pittura e disegno, storie e canzoni costituiscono tutto un insieme che è l’arte, che «replica l’intento della creazione».
La sua è al tempo stesso poesia della memoria e poesia dell'attualità. Come nativa di antica discendenza appartiene a una generazione che oggi è «la porta di accesso alla memoria» (Crazy Brave, cit, p.1); e tuttavia, come osserva in un'intervista del 2008 con Barbara Goldberg, le nuove generazioni sono in gran parte urbanizzate, hanno perso la lingua madre, devono riconquistare le proprie radici e far valere i propri diritti. Lei stessa ha studiato da adulta la lingua del padre, un indiano Creek, e nella sua scrittura la mescola all'inglese, cui pure riconosce il merito di aver permesso la comunicazione tra le tribù.                             
Harjo riesce a far dialogare passato e presente, a conciliare gli opposti come rabbia, dolore e amore. Le istanze di salvaguardia del pianeta nella sua scrittura in versi e in prosa acquistano oggi pregnanza e urgente attualità pur avendo radici nella tradizione degli indiani d'America che dialogavano con il creato consapevoli di esserne parte.
Joy ha sempre un'apertura, il desiderio di non farsi sopraffare, la fiducia interiore nella possibilità di superare i condizionamenti, il dolore, lo stesso pur legittimo risentimento che porta alla dipendenza dalla vendetta e dalla guerra.            


giovedì 16 novembre 2017

IL video RISVEGLIO al Festival Lo Spiraglio al Lido il 16 novembre 2017


Il video Risveglio, realizzato nei laboratori Con il corpo vivo e Con il corpo scrivo tenuti da Maria Cristina Reggio e Maria Teresa Carbone con gli utenti di Cantiere 24, è stato selezionato per partecipare al festival Lo Spiraglio al Lido, rassegna di cortometraggi e documentari sulla salute mentale. La rassegna del festival si svolge il 16 novembre al Teatro del Lido di Ostia.
I testi poetici del video sono  di Antonella Cecchi Pandolfini,  Lamberto Di Fabio, Virginia Valletta, Antonella Venanzi e loro stessi hanno realizzato tutte le azioni filmate, insieme con  Maria Cristina Masotti e Nicola Barricelli.
I laboratori sono stati condotti con la  supervisione della dottoressa Patrizia Vincenzoni e sono il frutto di una  collaborazione tra l'associazione  Monteverdelegge e il Centro diurno Colautti 24. 




martedì 14 novembre 2017

martedì 7 novembre 2017

Un amore in forma di pagina

Maria Teresa Carbone
L'Italia è un paese dove si legge, in media, molto poco. Lo vediamo quando osserviamo i passeggeri di una metropolitana o di un treno, e non possiamo fare a meno di notare quanto siano rare le persone che hanno in mano un libro. E ce lo ricordano impietose le statistiche anno dopo anno, ogni volta che si pubblicano i dati sulla fruizione culturale. Per qualche giorno si piange. Sui media gli esperti osservano come la diffusione della lettura sia correlata al benessere economico di un paese – lasciando intendere che se solo leggessimo un poco di più, saremmo tutti più ricchi. Ma poi, che l'equazione sia vera o no, i dati vengono dimenticati e tutto continua come prima, quasi che la scarsa passione per la lettura fosse un tratto caratteristico e ineliminabile dell'Italia, come la sua forma a stivale o il suo essere una penisola.
Non è così, e lo dimostra il progressivo aumento della lettura in Spagna, dove negli ultimi quindici o vent'anni sono state adottate e attuate in questo senso politiche energiche e, a quanto pare, fruttuose. Politiche che, d'altro canto, qui come ovunque, possono avere successo soltanto se partono dal presupposto che leggere non è scontato, che la lettura non appartiene alle attività “naturali” (per quello che può valere la parola) degli umani, come mangiare o parlare o camminare, ma va appresa e nutrita e praticata e stimolata, esattamente come avviene con uno sport o con uno strumento musicale. Per questo, “i dubbi intorno al piacere, forse anche al dovere, o alla necessità, o perfino alla inevitabilità del leggere, non devono essere mai repressi, o cancellati, o elusi”.
La frase, tratta dal saggio I diamanti in cantina di un pedagogista autorevole come Antonio Faeti, si trova nelle prime pagine di un testo, Il primo libro non si scorda mai, che ha un sottotitolo impegnativo, “Storie e idee per innamorarsi della lettura tra 5 e 11 anni”, e si rivolge a tutti coloro – genitori, insegnanti, bibliotecari – che si pongono il problema di accostare i bambini ai libri (o viceversa). E il fatto che l'autrice, Carla Ida Salviati, fra i maggiori esperti italiani di lettura per l'infanzia, la citi all'inizio di questo suo vademecum, chiarisce subito qual è l'impostazione di base – che appunto non esiste una idea astratta del libro, calata dall'alto e uguale per tutti, ma una pluralità di soggetti e di comportamenti, talora anche contraddittori fra loro e che tuttavia possono coesistere e che – soprattutto quando si parla di bambini – la lettura è un lungo allenamento, ed è un bel guaio se manca l'amore, anzi l'innamoramento che porterà a un amore – si spera – duraturo e senza il quale la fatica è solo fatica.
Così Salviati accompagna i suoi lettori adulti, lasciando intendere tra le righe, ma in modo inequivocabile, che loro stessi dovranno – se già non lo conoscono – scoprire e condividere con i figli o con gli allievi questo incantamento. Potrà accadere attraverso la lettura ad alta voce (“un dono al quale è difficile rinunciare”) o più tardi attraverso la scelta di titoli adatti, i più vari tra loro. In questo percorso, scandito su una architettura amabile e rigorosa (ogni capitolo contiene una parte generale introduttiva, dei puntualissimi consigli di lettura e infine una esperienza concreta in quel dato ambito), ai genitori, agli insegnanti e ai bibliotecari l'autrice non ha paura di mostrare i propri gusti, le proprie inclinazioni, e ricorda che gli adulti possono contare, come alleati formidabili, sui bambini stessi, perché “tutti i bambini, prima di leggere, vogliono imparare a leggere”. Molti, troppi, di loro perderanno questo desiderio e addirittura si dimenticheranno di averlo avuto. Ma non sarebbe ineluttabile.

Carla Ida Salviati
Il primo libro non si scorda mai
Giunti

pp. 144, euro 16

Questo articolo è uscito su alfabeta2 il 3 novembre 2017

venerdì 3 novembre 2017

Marco Giovenale, Due testi da Oggettistica

Marco Giovenale, Sibyls

Proponiamo qui alcuni testi inediti di Marco Giovenale, finalista al premio Pagliarani 2017 con la raccolta Strettoie (Arcipelago Itaca). Giovenale sarà tra i partecipanti di un ciclo di incontri di poesia che Monteverdelegge sta organizzando per i prossimi mesi.

Tutta vita
Dopo il semaforo è tutta campagna. Dopo il semaforo è tutta enciclopedia. Da qui in poi è tutta campagna, da qui in poi è tutta enciclopedia. Da qui in avanti è tutto cambiato, è tutto cambiato negli ultimi trent’anni. Da qui in avanti è tutta enciclopedia, da trent’anni è tutta enciclopedia. Passata l’enciclopedia è tutta campagna. Dopo l’enciclopedia c’è soltanto la campagna, la campagna con il suo sapere enciclopedico diretto, eterodiretto, le erbe, gli uccelli, gli insetti. È tutta campagna. Poi dopo trent’anni non c’è più campagna. Da qui in avanti è solo enciclopedia. I nomi, da qui in avanti cominciano i nomi, gli insetti, le erbe, cominciano le ruberie, cominciano i ti faccio vedere, gli assessori, da qui in avanti è tutto assessori, trent’anni, tutto assessori, trent’anni fa non c’era neanche qui. Prima qui era tutta campagna. Città con macchie di campagna. Nella preistoria, prima, lo dice la parola. Prima neanche a parlarne. Prima della parola, neanche a dirlo, o a parlarne. Adesso nel cortile ci sono le galline, razzolano in sei sette. Sono grasse e marroni. Solo adesso. Da qui in avanti è tutto cenozoico, animali ibridi, pezzi di vegetali, staccati mischiati, una spora lì un ramo qui, un corallo nel becco, una scansione inattuabile irrealizzabile, dei pezzi, pezzi che restano sconcertati sul tavolo, il tavolo anatomico, sull’inameno tavolo anatomico. Tra i pezzi respirano, c’è il respiro grosso, nel cenozoico, si respira male, ballano le galline, bollono, nella campagna, passano il vitto, passa uno, due, è tutta enciclopedia, c’è poco cibo, si stanca, tre. Si vede come intorno. Come fosse intorno, saranno sei sette, saranno quattro. Si vede come intorno a un disco tutto è diventato enciclopedia. Forse anche in meno di trent’anni. Il disco si vede come intorno al disco.

* * *

N.
È seduta in giardino compostamente
Non è un giardino
È un orto
Ci sono piante da frutto
Con i loro frutti
Non la vedo seduta
Sta dietro lo steccato in piedi
Osserva i polli i pulcini le galline
No sono oche
Osserva le oche
Fanno un verso impettito
E vanno impettite da un capo all’altro
Quasi veloci per il becchime
Non sono veloci
È la loro andatura
Non so se è la loro non si può dire
Potrebbe essere il passo del video
È l’andatura che hanno oggi
Neanche questo è certo
Se fosse la stessa di ieri
Chi può mai dirlo non eravamo qui ieri
Non saremo qui domani
Lei dallo steccato lancia bocconi
Era prevedibile
Qualcosa
Le oche si avvicinano
Non sembra anzi le sfuggono
Hanno paura allora
Forse e non sono bocconi ma sassi lanciati
Ha in sé dello schietto sadismo forse
Sembrava seduta con le gambe accavallate
Invece è ritta allo steccato osservando lo spettacolo
Sembrava piegata
Deprimente sciatta semmai
Forse uno spettacolo ambiguo
Non direi anzi chiaro forse
Donna nel sole con oche
È nuvoloso e peggiora
Non sono oche se vedi bene
Nel sole
È un film dunque sono filmate
Ma il film fa riferimento al vero
Chi può verificarlo
Sinceramente