domenica 26 novembre 2017

Inferno di famiglia in due poesie di Dorothy Molloy


    Fiduciosa, la bambina, ©Franca Rovigatti, 2011
Fiorenza Mormile
In occasione della giornata contro la violenza sulle donne presentiamo una denuncia  nella forma inconsueta ed efficace della poesia.
In Hare Soup dell’irlandese Dorothy Molloy (Ballina, Co. Mayo 1942 - Dublino 2004) il tema della violenza ricorre soprattutto sotto forma di abuso contro minori, spesso compiuto nell’ambito familiare. Il luogo abitualmente deputato alla protezione si trasforma in un incubo caratterizzato dalla ripetizione senza scampo. 
I testi, intrisi di una violenza raggelata non priva di humour nero, sono scarni e perturbanti. L’allusione compensa la sottrazione: lo stesso titolo della raccolta, Zuppa di lepre, già rimanda a sapori forti e al sacrificio di una preda. Il lettore, sempre in allarme, è chiamato a decifrare la falsa calma di relazioni familiari ambigue. Lo zoo di nonna s’incentra su una bambina abusata, che mostra suo malgrado la consapevolezza di un’adulta. La nonna intuisce, ma non parla? Non è chiaro. Si limita a fornire amuleti: animaletti selezionati tra quelli più inclini alla copula, che sembrano suggerire, più che esorcizzare, la rumorosa aggressione dell’uomo-elefante. Che giunge alla fine, introdotta per gradi dal rimbombo delle sirene da nebbia (ma foghorn nel linguaggio colloquiale ha pesanti implicazioni sessuali) e dall’immagine intrusiva e altrettanto sonora della locomotiva. 
In Circo di famiglia madre e figlia sono entrambe vittime del marito/padre villoso e muscoloso pur se in modalità diverse. La bambina per difendere la madre crollata sotto i colpi di lui gioca l’arma della seduzione e si immola alle sue richieste, intuibili sotto il camuffamento della performance “circense”. La bambina quindi non solo non trova protezione, ma si sente in dovere di offrirla, nello stravolgimento di ruoli generato dal terrore.  

Lo zoo di nonna

C’è uno zoo nella tasca di nonna:
cavalli e tori, pesci e uccelli,
cervi, maiali e conigli. Segugi.

Quando sto da nonna,
lei tira fuori un animale dalla tasca
e me lo dà:

un amuleto contro le sirene da nebbia
che rimbombano sul molo;

un amuleto contro le locomotive
che fischiano nel buio;

un amuleto contro l’uomo-elefante
che arriva al mio letto barrendo.
(traduzione di Fiorenza Mormile e Anna Maria Robustelli)

Grandma's Zoo

There's a zoo in Grandma's pocket:
horse and bull, fish and bird,
stag, pig and rabbit. Hound.

When I stay with Grandma,
she takes an animaI out of her pocket
and gives it to me:

a charm against the foghorns
booming on the pier;

a charm against the steam-engines
whistling in the dark;

a charm against the elephant-man
who comes bellowing to my bed.


Circo di famiglia

Papi gonfia i muscoli. I suoi bottoni
tintinnano. Il vello del torace spunta fuori
dalla canottiera. Io siedo muta quando colpisce mamma.
Mamma si accascia sulla sedia. Con gli occhi
chiama la sua artista in erba, la sua spalla di scena,
il suo puntello. Resto ferma in lustrini e calzamaglia.
Faccio a papi gli occhi dolci; il tip tap,
la spaccata. Quando il bolo isterico
mi cresce nella gola, inghiottisco la lingua.
(traduzione di Fiorenza Mormile)

Family Circus

Dadda flexes his muscles. His buttons
go ping. His chest-hair springs out
of his vest. I sit mute as he lashes at Mamma.
Mamma slumps in the chair. With her eyes
calls her infant performer, her stage-hand,
her prop. I stand firm in my sequins and tights.
I make doe-eyes at Dadda; tap-dance,
do the splits. When the globus hystericus
swells in my throat, I swallow my tongue.

I testi inglesi sono tratti da Hare Soup, Faber and Faber, London 2004. La Jonathan Williams Literary Agency ne ha autorizzato riproduzione e traduzione.
La traduzione di Grandma’s Zoo è inedita. Per Family Circus  cfr.  La tesa fune rossa dell’amore. Madri e figlie nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese, a cura di L. Magazzeni, F. Mormile, B. Porster, A. M. Robustelli, La Vita Felice 2015.
La riproduzione dell’opera Fiduciosa, la bambina è stata autorizzata dall’autrice Franca Rovigatti.





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