G. Luca Chiovelli
Qualcuno
avrà capito che queste raccolte di poesie sull'autunno non sono raccolte di
poesie autunnali. Sono porte attraverso cui accedere a universi inesplorati e,
nella loro complessità, quasi inesplorabili in una vita. Dobbiamo prenderli
alle spalle, a poco a poco, questi autori, riconosciuti grandi a parole, ma, di
fatto, negletti: ed ecco allora l'autunno di Yeats, il cane di Petrarca,
l'antibibliomania di Seneca, una citazione dell'Anonimo Romano, gli auguri di
non compleanno a Gadda ... Dura la vita del divulgatore nel 2013; gli tocca
dissimulare dissimulare ...
I
trenta versi autunnali di Yeats William Butler (Dublino, 13 giugno 1865 -
Roquebrune-Cap-Martin, 28 gennaio 1939), grandiosi, confermano alcuni luoghi
comuni della poesia di ogni tempo. Uno è questo: per essere un grande poeta
occorre avere un proprio solido sistema metafisico attraverso cui filtrare la
realtà: Weltanschauung; uno qualunque: l'aristotelismo, lo stoicismo cristiano,
l'idealismo trascendentale, il misticismo occidentale, oppure, nel caso di
Yeats, un'intricatissima architettura magica, mutuata dal folclore celtico e
dalla cabala. Una lente particolarissima che colora di sfumature nuove il
caleidoscopio folle della storia. Altro luogo comune: l'infelicità e la
passione non soddisfatta conducono l'uomo al canto. I cigni selvatici a Coole fu composta nel 1916; e si riferisce ad
eventi di diciannove anni prima, 1897. "Yeats trascorse l'estate del 1897
a Coole; aveva allora trentadue anni. Era innamorato di Maud Gonne, ma i suoi
sentimenti erano ricambiati solo dall'amicizia. Dopo la morte del marito di
Maud [nel 1916] ... Yeats le chiese di nuovo di sposarlo, ma ottenne un altro
rifiuto. A.N. Jefferies racconta che Maud Gonne gli disse di credere che Yeats
ne fu sollevato ...". Ovvio, se Maud avesse risposto di sì, questa poesia
non esisterebbe; anzi qualche raccolta di poesie non avrebbe mai visto la luce.
La
passione insaziata si scaricò oggettivamente in queste cinque stanze: l'amore
dei due cigni, Yeats e Maud, poté quindi rimanere puro, eterno e caricarsi, in
più, di nuove suggestioni: quelle della mitologia irlandese (il dio dell'amore
Aengus che muta gli amanti Baile e Ailinn in cigni) o dei mandala celtici,
richiamati, nei loro armoniosi e complessi intrecci, dalle traiettorie di volo
degli uccelli (la stessa Maud Gonne disegnò, per un volume di racconti, una
sfera simbolica che includeva due cigni intrecciati, quali anime affini e
complementari).
E
può l'amore rimanere senza la sorella Morte? "Al risveglio" annuncia
il cinquantenne Yeats nell'ultimo verso, ovvero alla propria morte, poiché, secondo
il motto di Maria Stuarda, il sonno breve della vita ci prepara al risveglio
dell’oltremorte: "Nella mia fine è il mio principio", nell'omega
riposa l'alpha.
William
Butler Yeats, I cigni selvatici a Coole
Gli alberi sono nella
loro bellezza autunnale
Asciutti i sentieri del
bosco
L'acqua nel crepuscolo
d'ottobre
Riflette un cielo
immobile;
Sull'acqua che cola fra
le pietre, sono
Cinquantanove cigni.
Diciannove autunni mi
raggiunsero
Dal tempo primo che li
contai;
Li vidi, prima di finir
la conta
Improvvisi levarsi
E sperdersi ruotando in
grandi cerchi franti
Sulle ali rumorose.
Ho ammirato quelle
creature splendenti
E ora è triste il mio
cuore.
Tutto è mutato da
quando, al tramonto,
Su questa riva, la prima
volta,
Udii scampanare le loro
ali sul mio capo
Quando con passo più
lieve andavo.
Ancora insaziati, amata
e amante
Remano nelle correnti
Fredde e amiche, o
scalano l'aria;
I loro cuori non sono
invecchiati;
Passione o conquista,
dovunque vadano,
Raminghi, ancora li
accompagna.
Ora galleggiano
nell'aria immobile,
Bellissimi e misteriosi.
Quali giunchi
eleggeranno a nido,
O su quali rive, di lago
o stagno,
Allegreranno occhi
umani, quando,
Al risveglio, capirò che
son volati via? (1)
Anche
la poetica di William Blake (Londra, 28 novembre 1757 - Londra, 12 agosto 1827)
è assai difficile; irta di simbolismi, forse astrusa. To Autumn, una delle sue prime composizioni, inclusa nella raccolta
Poetical sketches (edita in cinquanta
copie), non risente di tale complessità. Potete gustarla in maniera rilassata.
Se vorrete (io lo spero) addentrarvi nell'opera di William Blake, il poeta,
incisore e veggente William Blake, fareste bene a guardare prima un film, Dead man, di Jim Jarmusch, un western
del 1996 con musiche di Neil Young. Il protagonista è Johnny Depp, all'epoca non ancora imbolsito. Un
cittadino di Erie, Michigan, di nome William Blake, arriva, per un posto di
contabile, nella brutale città di Machine. Ne è rifiutato. Incolpato di un
delitto, viene braccato da tre feroci bounty killer. Nella fuga incontra un
indiano, Nessuno. E questi, che, anni prima, era stato deportato in Inghilterra, e
aveva conosciuto i dolci versi del grande William Blake, rivede in lui una
reincarnazione del poeta settecentesco. E la magia si opera. Il contabile
William Blake, respinto da Machine, si tramuta nel polo opposto: diviene il
poeta William Blake. Così come Machine, "l'attivo che scaturisce
dall'Energia", è il Male (l’assassinio, la meccanizzazione, l'esperienza, la
volontà di possesso), Depp/Blake è ora il Bene, tradizionale, eterno, passivo (la
comunità, la natura, l'innocenza, i simboli) in uno scontro senza mediazioni, simbolico,
dai toni sacrali. William Blake opera contro la modernità, lo sviluppo senza
ragione; William Blake, come Yeats, come Baudelaire, come Kavafis, è un
decadente e uno sconfitto, inascoltato.
William Blake,
All’autunno
Oh Autunno, carico di
frutti, e asperso
Del sangue della vite,
non scorrere, ma siedi
Sotto il mio soffitto
ombrato; lì potrai restare
E accordare la tua
gioiosa voce alla mia candida cornamusa
E tutte le figlie
dell’anno danzeranno!
Intona ora il tuo
vigoroso canto di fiori e frutti.
Lo stretto bocciolo
spiega le proprie bellezze
al Sole, e l'amore scorre
nelle sue tremanti vene;
I fiori decorano la
fronte del Mattino e
Prosperano lungo la
brillante gota della placida Sera,
Prima che l'Estate,
ricolma di grappoli, prorompa in un canto,
E le piumate nubi le
cospargano il capo di fiori.
Le essenze dell'aria
risiedono nel profumo dei frutti,
E la Gioia, con ali
lievi, vaga tra i giardini
O siede cantando tra gli
alberi.
Così cantò il gioioso
Autunno mentre sedeva,
Si levò poi,
richiudendosi su se stesso, e oltre le cupe colline
Fuggì dalla nostra vista;
ma lasciò il suo prezioso raccolto (2)
Folgóre
da San Gimignano (1270 - 1332), al secolo Giacomo o Jacopo da San Michele, è
uno dei nostri grandi minori del Duecento. Per conto d'un nobile di Siena, tal Nicolò
de' Nisi, egli approntò una serie di sonetti dedicati ai mesi. Qui presentiamo
i due sul novembre e il dicembre. Folgore non è un decadente: crede nella
poesia e canta con l'innocenza e la ribalderia propri di un Cecco Angiolieri o
di un Rabelais. Canta, assecondando lo schema del plazer provenzale, la
goliardia di un'allegra brigata, dedita ai piaceri carnali più vari: il cibo,
il gioco, le donne. La sua è poesia cortese, ma riadattata al ritmo delle città
del Centro Italia del tempo, dove il tessuto urbano si sfibra impercettibilmente
nella campagna. I sonetti dei mesi sono calorosi, sinceri, d’un cameratismo
birbone e felice, e hanno un breve empito favolistico, medioevale, come nella
celeberrima Guido i' vorrei (notate
la bellezza di quei "grandissimi fochi" o dei "cappucci smisurati").
Qui il vasel in cui sono riuniti i compagni è una palazzotto caldo, ben fornito,
ricco, in cui vige la bisboccia e l'amicizia: il poeta augura soldi,
cacciagione arrosto, bei vestimenti, guarnacchi, tabarri e mantelli, e tappeti
tesi, tavolier e giuochi, cuochi finissimi, appetiti grandi; Folgóre descrive
una corte esclusiva, minuta e aristocratica, ridanciana e composta in una
sintesi favolosa: fuori è "la notte ’l vento e piover a ciel messo",
ma a noi, qui al caldo, "ne le letta ben forniti", cosa importa? La
volgarità della storia, del quotidiano se ne stiano fuori, al freddo, assieme
al dovere e all'annoiosa gente.
Voi
potete apprezzare o meno Folgóre, ma state attenti: è lui che tiene ancora
insieme le mura, i castelli, gli affreschi delle nostre città d’arte; quando
andate in vacanza a Todi, Arezzo, Ferrara è inutile che vi lamentiate, babbei,
se la nostra civiltà si sta sbriciolando nell’incuria; è inutile dar la colpa a
quei grufolosi corrotti che ci governano: la colpa è vostra che non apprezzate Folgóre,
il nostro passato.
Novembre
E di novembre Petriuolo,
il bagno,
con trenta muli carchi
di moneta:
la ruga sia tutta
coverta a seta;
coppe d’argento,
bottacci di stagno:
e dar a tutt’ i
stazzonier guadagno;
torchi doppier, che
vegnan di Chiareta;
confetti con cedrata di
Gaeta:
e béa ciascun e conforti
’l compagno.
E lo freddo sia grande e
’l fuoco spesso;
fagiani, starne, colombi
mortiti,
lèvori, cavrioli rosto e
lesso:
e sempre aver acconci
gli appetiti;
la notte ’l vento e
piover a ciel messo:
e siate ne le letta ben
forniti.
Dicembre
E di dicembre una città
in piano:
sale terrene,
grandissimi fuochi,
tappeti tesi, tavolier e
giuochi,
torticci accesi, star
coi dadi in mano,
e l’oste inebriato e
catellano,
e porci morti e
finissimi cuochi,
ghiotti morselli,
ciascun bea e mandóchi:
le botti sian maggior,
che San Galgàno.
E siate ben vestiti e
foderati
di guarnacch’e tabarri e
di mantelli
e di cappucci fini e
smisurati;
e beffe far de’ tristi
cattivelli
de’ miseri dolenti
sciagurati
avari: non vogliate usar
con elli.
(1)
'The trees are in their autumn
beauty,
The woodland paths are dry,
Under the October twilight the water
Mirrors a still sky;
Upon the brimming water among the stones
Are nine-and-fifty swans.
The nineteenth autumn has come upon
me
Since I first made my count;
I saw, before I had well finished,
All suddenly mount
And scatter wheeling in great broken
rings
Upon their clamorous wings.
I have looked upon those brilliant
creatures,
And now my heart is sore.
All's changed since I, hearing at
twilight,
The first time on this shore,
The bell-beat of their wings above my
head,
Trod with a lighter tread.
Unwearied still, lover by lover,
They paddle in the cold
Companionable streams or climb the
air;
Their hearts have not grown old;
Passion or conquest, wander where
they will,
Attend upon them still.
But now they drift on the still
water,
Mysterious, beautiful;
Among what rushes will they build,
By what lake's edge or pool
Delight men's eyes when I awake some
day
To find they have flown away?
(2)
O Autumn, laden with fruit, and stainèd
With the blood of the grape, pass not, but sit
Beneath my shady roof; there thou may'st rest,
And tune thy jolly voice to my fresh pipe,
And all the daughters of the year shall dance!
Sing now the lusty song of fruits and flowers.
`The narrow bud opens her beauties to
The sun, and love runs in her thrilling veins;
Blossoms hang round the brows of Morning, and
Flourish down the bright cheek of modest Eve,
Till clust'ring Summer breaks forth into singing,
And feather'd clouds strew flowers round her head.
`The spirits of the air live on the smells
Of fruit; and Joy, with pinions light, roves round
The gardens, or sits singing in the trees.'
Thus sang the jolly Autumn as he sat;
Then rose, girded himself, and o'er the bleak
Hills fled from our sight; but left his golden load.
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