Oggi alle 15 presso il Liceo Morgagni si terrà una conversazione fra Filippo La Porta e gli studenti sui temi del suo libro Poesia come esperienza. Una formazione nei versi, Fazi 2013, da cui sono tratte le righe che seguono.
Filippo La Porta
La poesia di Giorgio Caproni, piena di vento marino, di luce, di azzurro, mi travolse quando avevo trent’anni. Anche perciò lo incontrai con il cuore emozionato nella casa romana di via Pio Foà, una casa in salita, proprio come la sua ventosa Genova. Con il suo sguardo timido e arguto mi chiese quasi con apprensione: «Ma davvero il computer potrà sostituire il cervello umano?». Ovviamente la risposta alla domanda stava nella sua poesia. L’intelligenza artificiale è solo una metafora della mente umana. Non ha motivazioni né emozioni.
Se è concepibile un computer in grado di scrivere romanzi e poesie (è già stato fatto), si tratta di romanzi e poesie che già in sé hanno una desolante vocazione alla riproducibilità. Non riesco invece a immaginare alcun software in grado di comporre versi lontanamente comparabili a quelli caproniani, nei quali il pensiero più denso, verticale si fa quasi naturalmente verso, poiché è emozione
diretta delle cose (la poesia come «pensiero emotivo» e ipertesto, di cui parla Giorgio Manacorda, seguendo la neuroscienza). Poi Caproni mi disse di essere sommerso dai dattiloscritti di poeti esordienti: «Il livello medio è buono ma proprio questo è il punto: a volte ci vorrebbe una piccola imperfezione, un errore, che almeno denoti una personalità, la presenza di una “voce”».
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