Franca
Rovigatti
Tutto
parte da Lisiana, un’assolata mattina che al fresco del tavolo di
marmo della sua ombrosa cucina si chiacchierava, e lei mi fa: “Fra’,
vo’ giù du’ minutini a governa’ le bestioline”. Le
bestioline erano sei vacche nella stalla sotto casa, e governarle
significava, come vidi, pulirle e cibarle. Pulirle, igiene, e
nutrirle, cibo.
Da
quel momento, ed era Maremma ed era l’estate di quindici anni fa, e
ora da tempo purtroppo Lisiana è morta, da allora spesso mi sono
trovata a pensare a quella accezione di governo, che in sostanza
significava prendersi cura. Non avevo mai guardato bene la parola
governo, l’avevo sempre percepita solo come significante del
significato istituzionale: il governo italiano, il capo del governo,
il partito che governa, ecc., e improvvisamente mi ritrovavo a
ricordare i gesti di Lisiana con le sue bestie.
Allora,
mi veniva in mente il Buon Governo che Ambrogio Lorenzetti, alla fine
degli anni trenta del Trecento, aveva squadernato nelle sale del
Palazzo Pubblico di Siena: città prospere, campagne coltivate,
benessere, ricchezza, armonia. Cittadini puliti e cibati, fervidi e
lieti: Buon Governo.
E
poi pensavo al corrispondente negativo, l’Allegoria del Cattivo
Governo, o malgoverno: e rivedevo l’affresco notturno di una
campagna abbandonata, desolata, attraversata da lugubri bande di
pallidi zombi; rivedevo le città piene di mendicanti, di storpi,
di malati, le case cadenti, le strade luride; e il gigantesco algido
diavolo messo a capo della baracca, circondato da cupi accoliti.
(Perché mi viene in mante Andreotti?).
Diavolo,
pensavo, stessa radice di diabàllo, verbo greco che significa
mentire, calunniare: etimologicamente, il diavolo è colui che
imbroglia le carte, è il gran bugiardo, il re dei mentitori, colui
disattende i patti. Perché già allora – Trecento già un po’
rinascimento, già abbastanza fuori dal medioevo, già comunale –
quello che legava gli abitanti di città e contado ai loro governanti
era il patto del buon governo appunto: il perseguimento e
raggiungimento del bene comune. Il malgoverno deriva dal tradimento
di questo patto.
Continuando
a pensare: da quando posseggo un minimo di coscienza civica e critica
(il che è avvenuto piuttosto tardi, ma questa è un’altra storia)
la mia netta e continuativa sensazione è stata di essere cittadina
di uno stato di malgoverno. Il malgoverno privilegia pochi (che nel
tempo diventano pochissimi) e deprime, stritola, ingannandolo, il
popolo: lesina e nega i servizi, continuando a promettere lotterie ed
eldoradi. Privilegi io ne ho visti (e anche vissuti) nei miei primi
vent’anni. So di cosa si tratta. Essermene tolta non mi toglie
ancora il senso di ingiustizia che mi opprimeva anche mentre godevo
dei vantaggi che il privilegio offriva. La sensazione, poi la
convinzione, non è stata solo di vivere in uno stato di
malgovernanti mossi da lucro, da brama di potere e di pre-potere (che
significa: potere assoluto), ma poi, via via – e negli ultimi
vent’anni in modo paradossale – mi sono resa conto che sono anche
inetti, che mancano di ogni possibile larghezza di visione, che sono goffi crapuloni, che hanno una straordinaria corporatività, e
dimestichezza con l’inganno e con la truffa, e negare di aver detto
quello che si è detto, e un’infinità di altre belle cose.
Tornando
al sostantivo governo (senza ulteriori qualificazioni), metto qui di
seguito la definizione che il Vocabolario Etimologico della Lingua
Italiana di Ottorino Pianigiani (1907) dà del lemma “governare”
governàre
prov. e port. governar; fr. gouverner; sp. Gobernar: dal lat.
GUBERNARE e questo dal gr. KYBERNÂN propriam. dirigere una nave
(onde gubêrnatèr = lat. gubernàtor piloto, gubèrnêsis, direzione
della nave) formato su KŸBERNOS, capitano, che tiene a KŸBÊ,
testa, capo, o, come altri vuole, nel senso figurato di parte
principale o più alta della nave, che darebbe il significato di quei
che sta sull’alto della nave per dirigerla.
Propriamente
vale Condurre tra gli scogli e le secche, fra le tempeste ed i venti
contrari, salva in porto la nave; e metaforicamente è Reggere il
timone dello Stato, e fra le commozioni politiche procurare ai popoli
la maggiore sicurezza e prosperità possibile.
Più
generic. Reggere, Temperare, Regolare, Custodire, Provvedere ai
bisogni, Fornire del necessario, specialmente dell’occorrente al
vitto; Operare, Fare.
Visto?
Provvedere ai bisogni, fornire del necessario, aveva ragione Lisiana!
Visto? Tra scogli e secche condurre salva in porto la nave. Perché
mi viene in mente Schettino? E ancora: reggere il timone dello Stato,
e procurare ai popoli la maggiore sicurezza e prosperità possibile:
come da noi, come all’Aquila, a Pompei.
Dal
liceo mi ricordo anche kybernètes, il gubernator, il
governatore, colui che governa. Il capitano (Capitano! Mio
Capitano!), l’ultimo a lasciare la nave che affonda, l’unico che
non ha conti alle Cayman, o in Lussemburgo, o in Svizzera, che non
prende mazzette, che non corrompe perché non è corrotto. Il
kybernètes, il prode capitano, salva la nave e i passeggeri,
non li affonda.
Il
nostro povero paese affondato, spolpato, succhiato nel suo midollo
dai caimani, necessita in modo urgente di un vero governo: ma nel
senso di Lisiana.
Se
ormai non è troppo tardi, ma io cerco sempre di essere ottimista.
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