Di Jaufre
Rudel (1125? - 1148), sappiamo pochissimo. Di lui rimangono solo sei
componimenti. Sei. Nonostante tale scarno raccolto, l’opera e la vita di Jaufre
Rudel, nativo di Blaye, nell’Aquitania, Francia meridionale della costa
atlantica, hanno commosso i cuori e le menti di decine di poeti. Perché? La
risposta è semplice: egli visse quando uomini, sentimenti e azioni possedevano
ancora i contorni favolosi e liquidi necessari alla creazione del bello. Dell’uomo
Rudel sappiamo quasi nulla, come detto; il suo ricordo sopravvive, però, in una vida, biografia anonima in prosa occitanica
(propria della Francia meridionale del tempo), che precedeva la compilazione delle
sei liriche. E fu la breve vida, redatta circa un secolo dopo, a tramandarne la figura: non già dell’uomo Rudel, che non
conosceremo mai, ma del Rudel eterno, stilizzato come in quelle miniature medioevali
in cui i colori (oro, azzurro, rosso) delineano una vicenda simbolica, sospesa,
ineluttabile. Eccola:
“Jaufre
Rudel di Blaia fu persona assai nobile, principe di Blaia. E s'innamorò della
contessa di Tripoli, senza averla vista, per il bene che ne udì dire dai
pellegrini che venivano da Antiochia. E scrisse su di lei parecchie poesie con
bella musica e semplici parole. E per il desiderio di vederla, si fece crociato
prendendo il mare, e sulla nave fu colto da malattia e condotto in un albergo a
Tripoli come morto. E lo si fece sapere alla contessa, ed ella si recò da lui,
al suo capezzale, e lo strinse fra le braccia. E quando egli seppe che era la
contessa, recuperò subito l'udito e il respiro, lodando Iddio per averlo tenuto
in vita finché l'avesse vista: e così morì fra le braccia di lei. Ed ella lo
fece seppellire con grande onore nella casa del Tempio; e poi, in quello stesso
giorno, si fece monaca a causa del dolore che ebbe dalla morte di lui”.
Rudel è
meno un uomo che una metafora vasta e totale; una metafora definitiva, che
comprende tutto: l’Amore indomabile e la Morte senza scampo. E che divenne assolutamente perfetta poiché s’arricchì e affinò,
nei secoli, per l’ammirazione e la lode delle anime più sensibili; per sempre:
e questa è la poesia immortale, non altro.
Pisanello |
È impossibile ricostruire a parole lo stato d’animo di Allor che i giorni: forse solo alcune immagini possono ricomporre,
a distanza di secoli, le antiche sensibilità; un quadro del Pisanello, per la
componente medioevale (San Giorgio e la
principessa; con quell'incredibile paesaggio sullo sfondo) o uno del romantico Caspar David Friedrich, per la malinconia del
viaggiatore di mare che non appagherà mai il suo amore (Monaco sulla riva del mare).
Una Stimmung
che si nutre di nostalgia, ovviamente, e della passione per Melisenda, insoddisfatta
e soffusa d’una quieta malinconia fatalista, amplificata dai nomi colmi di
meraviglia della vida (Tripoli,
Antiochia, Blaia): ecco ciò che affascinò in nove secoli.
Caspar David Friedrich |
Tra i tanti, Francesco
Petrarca ne Il Trionfo dell’Amore:
Giaufrè
Rudel, ch'usò la vela e 'l remo/a
cercar la sua morte
E poi
Heinrich Heine (1797-1856) nel Romancero -
letze Gedichte:
La
contessa che Rudel
sulla
spiaggia ormai morente
vide, e
il volto riconobbe
d'ogni
suo sogno struggente …
E Algernon Charles Swimburne (1837-1909) in The death of Rudel:
Ah! lei non mi ha ancor visto,
Ma le palpebre - bianche perle - sembrano bagnate;
Mi amerà o mi dimenticherà?
Ma le palpebre - bianche perle - sembrano bagnate;
Mi amerà o mi dimenticherà?
E poi Robert Browning (1812-1889), in Rudel to the Lady of Tripoli:
Oh,
Angelo dell’Est, un solo sguardo dorato, uno!
Attraverso
le acque, verso il tramonto, a questo cantuccio!
- Le
acque, lontane e tristi. A questo cantuccio, Angelo mio!
E ancora
cantarono la vicenda di Rudel e Melisenda da Tripoli: Ludwig Uhland (1787-1862),
Giosué Carducci (in Rime e ritmi),
Edmond Rostand (La princesse lointaine),
Amin Maalouf et cetera.
Ed ecco
una delle sei poesie di Jaufre:
Allor
che i giorni son lunghi a maggio,
amo il
dolce canto degli uccelli, di lontano,
e
quando poi di là io parto
mi ricordo
di un amore lontano.
Di
desiderio vado curvo e mesto,
che né
canto né fior di biancospino
mi
giovan più dell'inverno gelato.
Io
dell'amore mai più godrò
se non
godrò di questo amor lontano,
perché
non so donna più nobile e buona
in
nessun luogo, vicino o lontano;
tant'è
vero e squisito il pregio suo
che là,
nel regno dei Saraceni,
fossi
per lei tenuto prigioniero!
Triste
e felice me ne partirò,
pur di
vederlo, l'amore lontano:
ma non
so quando la vedrò,
ché le
nostre terre son troppo lontane:
Son
tanti i valichi e i cammini!
Indovinar
io non so ...
ma sia
tutto secondo la volontà di Dio!
Mi sarò
certo felice quando le chiederò,
pregando Dio, l'amor nato lontano,
e, se
lei vorrà, presso di lei,
dimora
prenderò, benché sia di lontano:
Sarà
perfetto il nostro incontro,
quando,
amante lontano, sarò così vicino,
che
dalle belle parole verrò consolato.
So bene
che il Signore è veritiero,
per
questo io vedrò l'amor lontano;
ma per
un bene che ne traggo
ne ho
due mali, tanto sono lontano.
Ahi!
ch'io sia laggiù da pellegrino,
che il
mio saio e il mio bastone
visti
fosser da' suoi begli occhi!
Dio che
fece tutto ciò che viene e va
e
accese questo amor lontano
mi dia
potere - io certo lo voglio -,
di veder
questo amore lontano;
ma
veramente, in luogo che s'addice,
che la
camera e il giardino
mi
ricordino sempre un palazzo!
Dice il
vero chi mi chiama ingordo
e
bramoso dell'amor lontano,
che non
v'è gioia che più mi piace
come il
godere dell'amor lontano.
Ma ciò
che voglio mi è negato,
così mi dette in sorte il mio padrino,
che io
amassi e non fossi amato.
Maledizione
ne venga al mio padrino,
che
così mi dette in sorte
l'amar
e il non esser amato (1)
(1) Lanqan li jorn son long en mai
m'es belhs dous chans d'auzelhs de lonh,
e quan
me sui partitz de lai
remembra.m
d'un amor de lonh;
vau de
talan embroncx e clis,
si que
chans ni flors d'albespis
no.m
platz plus que l'iverns gelatz.
Ja mais
d'amor no.m jauzirai
si no.m
jau d'est'amor de lonh,
que
gensor ni melhor no.n sai
ves nulha part, ni pres ni lonh;
tant es sos pretz verais e fis
que lay, el renh del Sarrazis,
fos ieu per lieys chaitius clamatz!
Iratz e jauzens m'en partrai
s'ieu
ja la vei, l'amor de lonh:
mas no
sai quoras la veyrai,
car trop son nostras terras lonh:
assatz
hi a pas e camis,
e per
aisso no.n suy devis:
mas tot
sia cum a Dieu platz!
Be.m
parra joys quan li querrai,
per
amor Dieu, l'alberc de lonh;
e s'a
lieys platz, albergarai
pres de
lieys, si be.m de lonh:
adoncs
parra.l parlamen fis,
quan
drutz lonhdas er tan vezis
qu'ab
bels digz jauzira solatz.
Be tenc
lo Senhor per verai
per
qu'ieu veirari l'amor de lonh;
mas per
un ben que m'en eschai
n'ais dos mals, quar tan m'es de lonh.
Ai! car
me fos lai pelegris,
si que
mos fustz e mos tapis
fos pels sieus belhs uelhs remiratz!
Dieus
que fetz tot quant ve ni vai
e
formet cest'amor de lonh
mi don
poder, que cor ieu n'ai,
qu'ieu
veya cest'amor de lonh,
verayamen,
en tals aizis,
si que
la cambra e.l jardis
mi
resembles tos temps palatz!
Ver
ditz qui m'apella lechai
ni
deziron d'amor de lonh,
car nulhs autres joys tan no.m plai
cum jauzimens d'amor de lonh,
mas so qu'ieu vuelh m'es atahis,
qu'enaissi.m fadet mos pairis
qu'ieu ames e no fos amatz.
Mas so qu'ieu vuelh m'es atahis,
qu'enaissi.m fadet mos pairis
qu'ieu ames e no fos amatz.
Consigli
di lettura
La
poesia dell’antica Provenza, Guanda, due voll., 1984-1986 (cura di Giuseppe E. Sansone)
Jaufre Rudel, L'amore di lontano, Carocci, 2003
Jaufre Rudel, L'amore di lontano, Carocci, 2003
Grazie per la leggiadria di questo post...
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