giovedì 31 ottobre 2013

I racconti di MVL - Quadriglia


 Simona Baldelli
«Avanti, Cam, controlla meglio». L’addetto al check-in ripassò per la terza volta la lista.
«Mi dispiace Set, sono 18.486». Numero pari quindi. Che, aggiunto ai 14.784.972.623 già presenti, significava che al momento di far le coppie lui sarebbe rimasto fuori.
«Sei sicuro?» Cam gli mostrò l’elenco dei nuovi entrati della settimana: incidenti, malattie, guerre, avvelenamenti, omicidi, suicidi, overdose, annegamenti … tutti i modi e le maniere in cui si possono stirare le zampe. La somma di tutte quelle colonne dava un numero pari.
Perciò, niente quadriglia di Halloween e, per il terzo anno consecutivo, sarebbe stato lo zimbello del limbo. Ciò che gli faceva uscire fumo dal naso, e non solo metaforicamente, non era tanto la punizione, del tutto meritata, essendo stato lui l'autore di un'infinità di marachelle, come far pipì sulla fiammella del boiler del fuoco eterno (spegnendolo con grande scorno di tutta l’azienda) o distribuire sex toys nel girone dei lussuriosi e vagonate di cioccolata fra i golosi (trasformando l’anticamera dell’inferno in un luogo di delizie ben più che paradisiaco), no, quello che gli rodeva davvero era di fare ancora una volta da tappezzeria, mentre tutti gli altri avrebbero ballato, gozzovigliato, goduto, di quella festa davvero indiavolata.

Ma Belzi era stato chiaro: «Sei in punizione Set», aveva sentenziato «niente Isola dei Dannati per un lustro e se ad Halloween non raggiungerò una cifra pari di anime, quello che rimarrà fuori dalla quadriglia sarai tu».
Come al liceo, quando stava sulla terra. Per tutti i cinque anni aveva provato a invitare Bella, che si divertiva a tenerlo sulla corda fino al pomeriggio del ballo della scuola per poi preferirgli, invariabilmente, il fustone di turno, lasciandolo ad ammuffire per tutta la sera vicino al tavolo dei panini e del punch.

Nel limbo, frattanto, fervevano i preparativi.
Miriadi di scheletrini spolpati fino all’osso adornavano graziosamente il salone delle feste, gomitoli di ragnatele abbellivano la volta e le pareti. Crisantemi avvizziti agonizzavano nei vasi e sorci, pantegane; vermi, camole e scarafaggi scorrazzavano liberi rotolandosi in ogni genere di lordure.
Le satanasse sfilacciavano con cura gli stracci che avrebbero indossato per il ballo e nelle cucine arrostivano ogni genere di leccornie: bachi fritti, topi in salmì, crocchette di sterco, carogne in bellavista col loro ripieno di larve e ancora bignè di escrementi, il tutto annaffiato da sangue putrefatto in barrique, distillati di pus, e poi zucche, zucche e ancora zucche.
Zucche fritte, zucche lesse, zucche arrostite e zucche candite.
Set odiava le zucche, ma ancor di più odiava l’idea di essere escluso da tutto quel ben di demonio.
Non restava che una soluzione: andare al di là del fiume di lava, al di sopra la crosta di magma, al di fuori dell’antro sepolcrale e andare da solo a recuperare quell’anima numero 18.487 che avrebbe rappresentato il suo biglietto d’ingresso all’indemoniata quadriglia.
Ma lì, erano diavoli amari.
Se Belzi l’avesse beccato l’avrebbe condannato a languire in solitudine per l’eternità.
«Animo», si disse Set, «Meglio un giorno da demonio che un’immortalità da ignavo».
Ma come uscire dal limbo?
L’idea gli venne subito e gliela indicarono proprio le zucche.

C’era un vecchio laido e bavoso che ad ogni imbrunire giungeva col suo carrettino fino al ponte che valicava il fiume di fuoco, lì deponeva il suo carico di cucurbitacee per i fornelli luciferini, raccoglieva il sacchetto con le monete che gli era dovuto e se ne tornava a rilento verso la sponda dei vivi. Set si appostò fra alcune rocce ed aspettò l’arrivo dell’uomo.
«Ehi vecchio» lo apostrofò mentre era chino a raccogliere il denaro, «Nascondimi nel tuo carretto e portami con te».
«Non ci penso nemmeno» fu la risposta
«Ti darò un mucchio di oro»
«Ho già tutto quello che mi serve» gli disse il vecchio sputando un mozzicone di sigaro in direzione di Set.
«Farò in modo che ti trattino coi guanti bianchi quando passerai da questa parte»
«Me ne frego» gli rispose con un ultimo scaracchio.
«Ti porterò nel bagno turco delle diavolette» tentò infine Set.
Al vecchio gli si distesero le rughe.
«Sono delle vere porcelline, sai?»
La bava si intensificò all’angolo della bocca sdentata
«Non puoi neanche immaginare cosa riescono a fare con quelle loro codine a punta».
Prima che se ne rendesse conto, il vecchio l’aveva avvolto in una lercia coperta e caricato sul carretto.

Là fuori era tutto esattamente come se lo ricordava. Il solito inferno di sempre.
Finì fra le dune di una zona deserta dove, nelle buche disseminate qua e là, stavano appostati alcuni uomini, imbracciando dei fucili. Poco distante donne e bambini si davano un gran daffare a tirar fuori un po’ d’acqua da un pozzo esausto.
«Merda» disse uno dei soldati al compagno di buca «Siamo già ad Halloween, fra un po’ sarà il giorno del ringraziamento, poi verrà Natale e noi saremo ancora in questo buco del diavolo».
Set si considerò chiamato in causa e, con un soffio, fece volare un po’ di polvere verso la buca. «Merda» disse ancora il primo soldato dopo aver fatto un potente starnuto «Ci manca solo che mi raffreddo».
«Merda» disse l’altro «mi hai così tanto spaventato che mi è partito un colpo».
Vicino al pozzo, si sollevò una nuvola di polvere.

La quadriglia stava per partire e Belzi stava formando freneticamente le coppie quando Cam entrò trafelato sventolando la sua lista d’imbarco.
«Aspettate, aspettate! Set, è arrivato il numero 18.487!» gridò spingendo avanti un ragazzino coperto di stracci e con un secchio in mano «Non avevo controllato l’ultima colonna: Fuoco Amico».
La quadriglia poteva finalmente cominciare.

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