La
canzone, assieme ad altre due (Sisters of mercy e Winter lady), può essere
ascoltata nel film di Robert Altman I compari (McCabe and Mrs. Miller, 1971). I
compari è una delle tante gemme dei Settanta americani variamente dimenticate.
La storia è presto detta: un avventuriero, McCabe (Warren Beatty), cerca di
impiantare un bordello nello sperduto centro minerario di Presbiterian Church,
situato in un imprecisato nord del vecchio West. Prima mette insieme tre
prostitute di basso rango, poi, con l’aiuto dell’ambiziosa maîtresse Mrs.
Miller (di cui s'innamorerà; Julie Christie), diviene proprietario di una casa di piacere di prim’ordine.
Gli affari prosperano, il paese si arricchisce. L’attività di McCabe e Mrs.
Miller entra, perciò, nelle mire di una grossa compagnia mineraria: alle prime proposte d'acquisto McCabe oppone un rifiuto (non per orgoglio: in realtà cerca di mercanteggiare per alzare il prezzo); a tali offerte, tuttavia, non farà seguito un rilancio, come sperato, ma l’invio di tre bounty
killer della compagnia.
L'epilogo sarà fatale per tutti.
Il film si può variamente gustare: l’ascesa e la sconfitta di McCabe (scambiato per un sanguinario assassino è, forse, solo un cialtrone) appare simile a quella di molti controeroi degli anni Settanta, a cominciare da Barry Lyndon; il duello conclusivo è uno dei più antiepici che il genere ricordi; il paesaggio e i colori (il direttore della fotografia è il grande Vilmos Zsigmond) costruiscono lentamente il film fotogramma dopo fotogramma: difficile dimenticare gli scorci innevati, la calda consistenza dei materiali (gli interni del bordello, il legno, le pellicce), alcune inquadrature (la croce della chiesa in costruzione stagliata contro la luce del tramonto), alcune scene (l’assassinio sul ponte, di insensata crudeltà).
La canzone di Cohen (maestro di quasi tutti i cantautori italiani) entra in simbiosi perfetta con la pellicola di Altman: entrambe si illuminano a vicenda, perfettamente.
Il film si può variamente gustare: l’ascesa e la sconfitta di McCabe (scambiato per un sanguinario assassino è, forse, solo un cialtrone) appare simile a quella di molti controeroi degli anni Settanta, a cominciare da Barry Lyndon; il duello conclusivo è uno dei più antiepici che il genere ricordi; il paesaggio e i colori (il direttore della fotografia è il grande Vilmos Zsigmond) costruiscono lentamente il film fotogramma dopo fotogramma: difficile dimenticare gli scorci innevati, la calda consistenza dei materiali (gli interni del bordello, il legno, le pellicce), alcune inquadrature (la croce della chiesa in costruzione stagliata contro la luce del tramonto), alcune scene (l’assassinio sul ponte, di insensata crudeltà).
La canzone di Cohen (maestro di quasi tutti i cantautori italiani) entra in simbiosi perfetta con la pellicola di Altman: entrambe si illuminano a vicenda, perfettamente.
Certo, tutti gli uomini che conoscevi
Erano
giocatori che dicevano di farla finita
Col
gioco, ogni volta che davi loro riparo.
Lo
conosco, quel tipo d'uomini,
È
difficile tenere le mani di qualcuno
Che le
mette in alto solo per arrendersi,
Che le
mette in alto solo per arrendersi.
Poi,
raccattando tutti i jolly che s'è lasciato dietro,
Scopri
che non t'ha lasciato molto, neanche le risate.
Da buon
giocatore stava cercando quella carta
Così
alta da esser buona per ogni giocata,
Da non
dover mai più giocarne un'altra:
Non era
che un Giuseppe in cerca di una mangiatoia,
Non era
che un Giuseppe in cerca di una mangiatoia.
E poi,
sporgendosi al tuo davanzale,
Un
giorno ti dirà che sei stata tu
A
indebolirlo col tuo amore, e il calore, e il rifugio.
Tirerà
fuori dal portafoglio
Un
vecchio orario dei treni, e ti dirà:
Te
l'avevo detto, al mio arrivo, che ero un straniero
Te
l'avevo detto, al mio arrivo, che ero un straniero.
Ma ora
sembra che un altro straniero
Voglia
che tu ignori i suoi sogni
Come fossero
il fardello di qualche altro.
L'hai
già visto prima, quell'uomo
Che
dava le carte col suo braccio d'oro
Ora
arrugginito dal gomito alle dita,
Vuole
scambiare la sua mano di carte con un rifugio,
Scambiare
la mano di carte conosciuta con un rifugio.
E
detesti vedere un altro uomo stanco
Posare
giù le sue carte
Come
abbandonasse il sacro gioco del poker.
E
mentre dice ai suoi sogni di andare a dormire
Ti
accorgi che c'è una specie di autostrada
Che si
snoda come fumo sopra la sua spalla,
E
all'improvviso ti senti un po' più vecchia.
E gli
dici di entrare, di mettersi a sedere
Ma c'è
qualcosa che ti fa voltare,
La
porta è aperta e non puoi chiudere il tuo rifugio.
Provi
la maniglia della strada,
Si apre,
non avere paura,
E sei
tu, amore mio, la straniera,
E sei
tu, amore mio, la straniera.
Bene,
ti aspettavo, ero sicuro
Che ci
saremmo incontrati fra i treni che attendevamo,
Credo
sia tempo di salire su un altro.
Ti
prego di capire, non ho mai avuto una mappa segreta
Per
arrivare al cuore di questa o quella cosa;
E
quando ti parla così non sai che stia cercando,
Non
t'importa nulla di che cosa stia cercando.
Incontriamoci
domani, se ti va,
In riva
al mare, sotto il ponte
In
costruzione su qualche fiume infinito.
Poi
lascia il binario
Per il
calore d'un vagone letto
E
capisci che non fa che réclame a un altro rifugio,
E
capisci che non era mai stato un straniero,
E dici: va bene il ponte o un altro posto, dopo.
Poi,
raccattando tutti i jolly che s'è lasciato dietro,
Scopri
che non t'ha lasciato molto, neanche le risate.
Da buon
giocatore stava cercando quella carta
Così
alta da esser buona per ogni giocata,
Da non
dover mai più giocarne un'altra:
Non era
che un Giuseppe in cerca di una mangiatoia,
Non era
che un Giuseppe in cerca di una mangiatoia.
E
sporgendosi al tuo davanzale,
Un
giorno ti dirà che sei stata tu
A
indebolirlo col tuo amore, e il calore, e il rifugio.
Tirerà
fuori dal portafoglio
Un
vecchio orario dei treni, e ti dirà:
Te
l'avevo detto, al mio arrivo, che ero un straniero
Te
l'avevo detto, al mio arrivo, che ero un straniero.
Traduzione di Riccardo Venturi (con varianti).
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