Nelle
puntate precedenti: mentre il Capitano Giona Missing, uscito a sorpresa
dalle pagine dei suoi romanzi, scopre l'amore, Teo Marlo riceve una
telefonata.
Franca Rovigatti
ALTRE MALATTIE
"Alice!" disse
Teo (altroché se se la ricordava!).
"Sono qua, a un
passo da casa sua..." esitò la voce: "Posso salire?..."
"Alice... Qui no,
c’è troppo casino... Scendo io, piuttosto! Sono felice di
vederla!"
"D'accordo, Teo.
Sono al Bar Lume. Lo sa dov’è?"
"Certo! Mi aspetta
solo cinque minuti? Arrivo!"
Spazzolò capelli e
denti, infilò una giacchetta, scrisse un biglietto a Sommaire e al
Capitano, lo attaccò alla porta degli amanti (che tubavano come
tortore, gemevano come gatti), e corse giù.
Il Bar Lume stava
all'angolo, cento metri più in su. Marlo si mise a correre.
Dal giardinetto con
tavolini Alice gli sorrideva. Aveva un libro tra le mani, e gli
sembrò bellissima.
"Ho fatto una
corsa..." ansimò Teo.
"Ah, lo vedo! Ma non
era necessario che si affannasse tanto... Come sta?"
"Ah, amica mia!
Bene, credo. Anzi, benissimo." dovette ammettere Teo.
"Lo vedo.”
confermò Alice: "Lo sa Teo che, rispetto all'altra sera, lei
sembra quasi un altro uomo?"
"Ah, può essere...
Sì, in realtà ci sono successe un po' di cosette..."
Arrivò un cameriere
rigido come un gufo, altrettanto solenne. Portò la caraffa di
limonata che i due avevano chiesto. Volò via.
"Io ero rimasta
incuriosita, sabato," riprese Alice: "sulla sua
recentissima conversione letteraria... Le dispiace se ne parliamo un
po'?"
"Ne possiamo parlare
tanto, quanto vuole!" esclamò Teo, che si sentiva pieno di
coraggio: "Ma prima, mia cara, le vorrei chiedere qualcosa
anch’io..."
"Giusto,
giustissimo. Da dove cominciamo?" chiese lei.
"L'altra sera,
quando le chiesi se anche lei si occupava di letteratura, mi ha detto
che sì, ma ora un po' marginalmente... Che intendeva?"
"Dritto al punto!
Bravo, complimenti. Ma va bene, così sia. Del resto," mormorò
"chissà poi che il parlarne non serva... Devi sapere, Teo (ti
dò del tu, essendo le cose che sto per dirti tanto intime da esigere
una maggiore vicinanza), che io scrivo da quando ho imparato a
scrivere, a cinque anni. Fin da allora, scrivere è stata la mia vera
ragione di vita. Non che intanto non facessi anche il resto. Andavo a
scuola, prendevo i miei bravi brevetti di nuoto, frequentavo
l'università, mi fidanzavo due, no, tre volte, mi sposavo, avevo un
figlio, mi separavo... Tutto normale, come vedi. In realtà, gli
avvenimenti esterni erano solo facciata. Io ero viva solo mentre
scrivevo. Ho scritto fiumi, cascate, laghi, mari. Un flusso senza
fine. Inarrestabile. Ossessione, malattia, dirai. Per me non poteva
essere altrimenti. Concepivo il mio interno come uno sterminato
magazzino di parole, la mia vita come un'infinita scrittura di me
stessa. E tutto in segreto. Nessuno, né la mia severa e buona madre,
né mio marito, o gli amici o gli amanti, nessuno ha mai sospettato
nulla. Scrivevo di notte, durante le lunghe mattine di casalinga, di
nascosto mentre lavoravo. Erano poesie, aforismi, racconti,
romanzi... Nascondevo i manoscritti, come un'alcolista le bottiglie,
sotto il letto, dentro i fustini di detersivo... Sono stata brava.
Nessuno si è mai accorto di nulla. Solo, certo, si sentivano non
amati. Lamentavano una vaghezza, una vacuità degli affetti. Mio
figlio ora è grande. Fa il fotografo in giro per il mondo. E' molto
bravo, le sue foto sembrano toccare un senso che sfugge sempre,
tuttavia. Sono immagini malinconiche..."
Il viso di Alice era
diventato duro. Taceva, risucchiata dentro i suoi pensieri.
"Alice,” la chiamò
Teo: "e poi cosa ti è successo? Perché è successo qualcosa,
vero?"
"Beh, sì."
riemerse lei: "Come ti ho detto, m’ero separata. Ero sola. Mio
figlio fuori casa e per il mondo... Libera. In un'orgia di scrittura.
Senza dover più nascondere i fogli. E' cominciato allora, più o
meno cinque anni fa. Prima è successo che mi dovevo fermare su
alcune frasi, che non potevo andare avanti. Dovevo rileggerle più
volte, fino a perdere il senso. Poi, via via, la cosa si è estesa a
tutto. Ogni frase, capisci? Paralisi. Adesso è ancora peggio: scrivo
solo una parola per volta. Appena messa giù sul foglio, la parola mi
guarda, esige che io le dedichi tutta la mia attenzione. E'
obbligatorio, non mi posso sottrarre. Così, obbedisco. E la parola
mi inghiotte. Mentalmente, intendo. Ecco: la mente della parola
inghiotte la mia mente, e mi tiene dentro di sé per un'eternità.
Stamattina sono rimasta almeno tre ore in 'olismo'. Ma l'altra notte
l'ho passata tutta dentro 'tempo': che è una parola di potenza
agghiacciante..."
"Dio mio, Alice..."
boccheggiò Teo: "Si stanno vendicando... E' come se volessero
farti fuori..."
"Al contrario, Teo,
vogliono farmi dentro. Mi considerano natura della loro natura: mi
rapiscono, seducono per farmi diventare parola... Non credere, non è
poi così terribile... Sapessi quante volte vorrei cedere... Solo,
comincio a temere di essere diventata matta. Che presto, magari
domani, non riuscirò più a uscire da una parola particolarmente
avida... Che ne sarà di me? Ora, quando mi libero, trovo centinaia
di fogli scritti dalla mia mano in cui la parola è ripetuta mille
volte. L'altra notte, non è bastata la carta: ho graffito l’intera
parete..."
"Basta!" Teo
aveva preso nelle sue le mani gelide di Alice: "D'ora in poi tu
non scrivi più! E' troppo pericoloso! Ma non lo capisci, Alice: sei
drogata. Questa è dipendenza!..."
"Ah... Non ci avevo
mai pensato in questi termini, Teo... Forse è così... Ma come
faccio?! Io non ci riesco, a non scrivere! Piuttosto muoio..."
"Ti aiuterò io,
Alice" la rassicurò Teo: "Ti aiuteremo io, il Capitano e
anche Sommaire. Sapessi che cose magiche e prodigiose mi stanno
accadendo, grazie al Capitano! Io, che ero un poveraccio, uno
scrittorucolo infelice, da lui sto imparando a vivere, a scrivere…
E sapessi che potenza d’amore ha Sommaire… Vedrai che tra tutti e
tre la troviamo, una soluzione... Ma ora ascoltami: sentirai che i
prodigi, al mondo, accadono… Altroché!”
Uno in fila all’altro,
con minuzia, Teo raccontò ad Alice tutti i mirabili fatti occorsi a
lui e al Capitano. Tutto quanto, fino all’ultimo miracolo: di Giona
innamorato che comincia a prendere corpo...
"Ah, Teo, mi si
allarga il cuore!" esclamò Alice: "Che storia
meravigliosa! Dovresti scriverla, ne verrebbe fuori un libro
divertentissimo! Ho fatto bene a seguire il mio istinto, a chiamarti!
Ma non vedi che i nostri casi rappresentano due estremi? Malattie
complementari... Io da un lato divorata dalle parole, tu dall’altro
salvato da parole costellate in forma di Capitano... Ah, sì, Teo, se
c'è qualcuno in grado di salvarmi, quello sei tu!"
(24 - continua)
"Anche perché,
Alice," disse d'un fiato Teo, che finalmente ce l’aveva chiaro: "io
ti amo."
(24 - continua)
Poeta, artista visiva, organizzatrice culturale, Franca Rovigatti ha fondato nel 1997 il festival RomaPoesia e nello stesso anno ha pubblicato per Sottotraccia il "romanzo di viaggio immaginario" Afàsia.
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