Nelle puntate precedenti: "L’incantesimo operato
dalla parola ‘amore’ riempiva, finalmente!, un vuoto infinito,
una voragine, un buco del cuore"...
Franca Rovigatti
IL TESORO
La rabbia sparì tutta
dalla mente di Teo, spazzata via dalle fresche manine che gli
spolveravano l'anima.
Svolazzava intorno
all’abbraccio dei nuovi amanti una parola che, per quanto
antichissima, si sentiva appena nata. Ch'era appena sbocciata fuori,
tenera, da un freddo guscio calcareo. Benediceva e ridacchiava,
ingenua e burlona. Parola con consonanti sanguigne e robuste, che
spingevano Alice tra le braccia tremanti dell'amante. Con vocali
alate e grassocce, che si rincorrevano tra le bocche, facevano il
solletico tra i capelli, sotto i lobi.
Amore! Amore, amore!
Intanto Sommaire e Giona
avevano aperto l’armadio di Teo alla ricerca di panni per il
Capitano: detentore ormai di una testa che faceva ammontare il totale
della sua altitudine sul livello del suolo a quasi due metri. E' vero
che c'era ancora poco da coprire, un uccello e due alluci. Tuttavia,
Giona aveva espresso il desiderio di vedersi uscire il collo da una
bella camicia. Ma i lisi completi di Teo erano stati confezionati
nelle più scadenti fabbriche taglia e cuci della regione, famose per
la cattiva qualità del tessuto e per il pessimo taglio. E tutti
taglia small...
Sommaire salì a frugare
nei ripiani alti dell'armadio in corridoio. Là, tra la vecchia
Enciclopedia dei Ragazzi (cui mancava da sempre il terzo volume), tra
la plastica incrostata di un areosol mai restituito alla Farmacia
Stenti (via del Plebiscito), le sue mani incrociarono un voluminoso
pacco avvolto in vecchi giornali.
Vedi la provvidenza? Il
pacco era pieno di vestiti. Bei vestiti antichi (del nonno di Teo?
del bisnonno?): cappe di panno nero, un tight, uno smoking, uno
stiffelius. E una quantità di camicie. Di piquet, seta, con sparati
a piegoline, colli alti e flosci, polsini di ricambio... La cosa
entusiasmante era che questo nonno (o bisnonno, o prozio) era stato
altissimo, sicché i suoi abiti sembravano fatti su misura per la
taglia extralarge del Capitano.
Giona, per la prima volta
nella sua vita, era ben vestito. Camicia di seta a collo floscio,
gilet damascato sui toni del bruno e rosso, pantalone nero che cadeva
a pennello, calzini di seta grigio fumo, scarpe di vitellino nero,
tutte un bottone. Era bellissimo, il Capitano. Sembrava un poeta
avventuriero, un dandy, lord Byron.
L'immaterialità c’era
sempre, ma stava modificandosi. Il corpo, anche se non c’era,
tendeva gli abiti. La cintura non poteva stringersi oltre il terzo
buco, la camicia poggiava su qualcosa di palpabile. Diciamo che le
future membra stavano intensamente pensando a come occupare il
proprio spazio.
Gli abiti erano stati
cuciti a Londra sulle prime Singer: rifiniture a mano, bottoni di
avorio e madreperla. L'etichetta diceva Turlington & Spencer,
London, e si fregiava di una coroncina. Il che stava a significare
che quell'atelier aveva avuto l'onore di misurare le membra di
qualche componente della famiglia reale.
"Aveva i nonni
ricchi, Teo?" chiese Giona a Sommaire.
"Credo che il nonno
di sua madre Angelica fosse ambasciatore o qualcosa del genere..."
mormorò Sommaire, intenta a scartare l’ultimo involto: "Oddio
santo, Giona! Vieni qui!".
Liberate degli strati di
vecchia carta velina, le gemme scintillavano. Anelli di diamanti,
smeraldi, zaffiri e rubini. Un collier di perle e brillanti, un
diadema. Bracciali a forma di serpente, pesanti catene d'orologio,
orecchini, una cintura a scaglie d'oro, medaglioni...
"Questo è un vero
tesoro, Sommaire" mormorò Giona: "E ci giurerei che Teo
non ne sa niente..."
Il più piccolo dei
medaglioni, in forma di quadrifoglio, recava inciso in bel corsivo
inglese:
Al suo amato Gionata
per sempre
Somma
Londra, 1898.
"Sommaire,"
disse Giona: "lo vedi? Siamo noi! Io con una sillaba in più, tu
privata delle -ire... Ma i nomi sono troppo simili per rappresentare
una pura coincidenza..."
Teo cadde dalle nuvole.
Non aveva mai nemmeno sospettato di avere in casa un tesoro.
Figurarsi, dentro l'armadio...
Anzi, sua madre gli
diceva che lui era tale e quale al bisnonno Gionata, gran
chiacchierone e nient'altro. Che, una parola tira l'altra, vai e vai,
aveva dilapidato le sostanze di famiglia. Non lasciando una sola
briciola.
" E Somma chi era?"
chiese Sommaire: "La tua bisnonna?"
No, la bisnonna s'era
chiamata Agata. Una donna grassa, stupida e maligna. Genere gemelle.
Forse (ricostruì Teo),
forse Somma era stato il grande amore infelice del bisnonno. Si
sussurrava di una bellissima fanciulla, perdutamente innamorata di
lui, ma promessa ad un ricco mercante, vecchio e dissoluto. Era
scappata, dicevano, in Inghilterra per non dovere sottostare alle
nozze.
Forse i gioielli erano
suoi. Forse s’era ritrovata con Gionata a Londra, dove lui per
qualche anno era stato al Consolato. Il medaglione diceva 1898.
Gionata doveva essere allora sui trent'anni, già sicuramente sposato
con Agatina...
Teo donò ad Alice
l'anello di fidanzamento: uno smeraldo per sperare circondato di
rubini perché il fuoco bruciasse ancora, per sempre.
Giona offrì a Sommaire
il piccolo brillante giallo paglierino che era stato di Somma.
Si fecero belli. Alice
scappò mezz’ora a casa a prendere qualche abito anche per
Sommaire, che finalmente smise la divisa.
Intanto, Teo saccheggiava
un negozio di primizie, portando a casa cuori di palma e ananasso,
avocado e mango, champagne, salmone...
Accesero candele, misero
in sottofondo Boccherini, profumarono l'aria, comprarono fiori.
Insomma. Fecero una
Memorabile Festa di Fidanzamento.
Ecco. Basta.
Quando una storia
raggiunge il porto della felicità, è bene che la scrittura venga
ammainata, ripiegata in buon ordine, stivata.
Quando una storia
raggiunge quel porto, finisce.
(29 - continua)
(29 - continua)
Poeta, artista visiva, organizzatrice culturale, Franca Rovigatti ha fondato nel 1997 il festival RomaPoesia e nello stesso anno ha pubblicato per Sottotraccia il "romanzo di viaggio immaginario" Afàsia.
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