giovedì 29 agosto 2013

Parola di Capitano / 29


Nelle puntate precedenti: "L’incantesimo operato dalla parola ‘amore’ riempiva, finalmente!, un vuoto infinito, una voragine, un buco del cuore"...

Franca Rovigatti
IL TESORO
La rabbia sparì tutta dalla mente di Teo, spazzata via dalle fresche manine che gli spolveravano l'anima.
Svolazzava intorno all’abbraccio dei nuovi amanti una parola che, per quanto antichissima, si sentiva appena nata. Ch'era appena sbocciata fuori, tenera, da un freddo guscio calcareo. Benediceva e ridacchiava, ingenua e burlona. Parola con consonanti sanguigne e robuste, che spingevano Alice tra le braccia tremanti dell'amante. Con vocali alate e grassocce, che si rincorrevano tra le bocche, facevano il solletico tra i capelli, sotto i lobi.
Amore! Amore, amore!

Intanto Sommaire e Giona avevano aperto l’armadio di Teo alla ricerca di panni per il Capitano: detentore ormai di una testa che faceva ammontare il totale della sua altitudine sul livello del suolo a quasi due metri. E' vero che c'era ancora poco da coprire, un uccello e due alluci. Tuttavia, Giona aveva espresso il desiderio di vedersi uscire il collo da una bella camicia. Ma i lisi completi di Teo erano stati confezionati nelle più scadenti fabbriche taglia e cuci della regione, famose per la cattiva qualità del tessuto e per il pessimo taglio. E tutti taglia small...
Sommaire salì a frugare nei ripiani alti dell'armadio in corridoio. Là, tra la vecchia Enciclopedia dei Ragazzi (cui mancava da sempre il terzo volume), tra la plastica incrostata di un areosol mai restituito alla Farmacia Stenti (via del Plebiscito), le sue mani incrociarono un voluminoso pacco avvolto in vecchi giornali.

Vedi la provvidenza? Il pacco era pieno di vestiti. Bei vestiti antichi (del nonno di Teo? del bisnonno?): cappe di panno nero, un tight, uno smoking, uno stiffelius. E una quantità di camicie. Di piquet, seta, con sparati a piegoline, colli alti e flosci, polsini di ricambio... La cosa entusiasmante era che questo nonno (o bisnonno, o prozio) era stato altissimo, sicché i suoi abiti sembravano fatti su misura per la taglia extralarge del Capitano.
Giona, per la prima volta nella sua vita, era ben vestito. Camicia di seta a collo floscio, gilet damascato sui toni del bruno e rosso, pantalone nero che cadeva a pennello, calzini di seta grigio fumo, scarpe di vitellino nero, tutte un bottone. Era bellissimo, il Capitano. Sembrava un poeta avventuriero, un dandy, lord Byron.
L'immaterialità c’era sempre, ma stava modificandosi. Il corpo, anche se non c’era, tendeva gli abiti. La cintura non poteva stringersi oltre il terzo buco, la camicia poggiava su qualcosa di palpabile. Diciamo che le future membra stavano intensamente pensando a come occupare il proprio spazio.
Gli abiti erano stati cuciti a Londra sulle prime Singer: rifiniture a mano, bottoni di avorio e madreperla. L'etichetta diceva Turlington & Spencer, London, e si fregiava di una coroncina. Il che stava a significare che quell'atelier aveva avuto l'onore di misurare le membra di qualche componente della famiglia reale.
"Aveva i nonni ricchi, Teo?" chiese Giona a Sommaire.
"Credo che il nonno di sua madre Angelica fosse ambasciatore o qualcosa del genere..." mormorò Sommaire, intenta a scartare l’ultimo involto: "Oddio santo, Giona! Vieni qui!".
Liberate degli strati di vecchia carta velina, le gemme scintillavano. Anelli di diamanti, smeraldi, zaffiri e rubini. Un collier di perle e brillanti, un diadema. Bracciali a forma di serpente, pesanti catene d'orologio, orecchini, una cintura a scaglie d'oro, medaglioni...
"Questo è un vero tesoro, Sommaire" mormorò Giona: "E ci giurerei che Teo non ne sa niente..."
Il più piccolo dei medaglioni, in forma di quadrifoglio, recava inciso in bel corsivo inglese:
Al suo amato Gionata
per sempre
Somma
Londra, 1898.

"Sommaire," disse Giona: "lo vedi? Siamo noi! Io con una sillaba in più, tu privata delle -ire... Ma i nomi sono troppo simili per rappresentare una pura coincidenza..."

Teo cadde dalle nuvole. Non aveva mai nemmeno sospettato di avere in casa un tesoro. Figurarsi, dentro l'armadio...
Anzi, sua madre gli diceva che lui era tale e quale al bisnonno Gionata, gran chiacchierone e nient'altro. Che, una parola tira l'altra, vai e vai, aveva dilapidato le sostanze di famiglia. Non lasciando una sola briciola.
" E Somma chi era?" chiese Sommaire: "La tua bisnonna?"
No, la bisnonna s'era chiamata Agata. Una donna grassa, stupida e maligna. Genere gemelle.
Forse (ricostruì Teo), forse Somma era stato il grande amore infelice del bisnonno. Si sussurrava di una bellissima fanciulla, perdutamente innamorata di lui, ma promessa ad un ricco mercante, vecchio e dissoluto. Era scappata, dicevano, in Inghilterra per non dovere sottostare alle nozze.
Forse i gioielli erano suoi. Forse s’era ritrovata con Gionata a Londra, dove lui per qualche anno era stato al Consolato. Il medaglione diceva 1898. Gionata doveva essere allora sui trent'anni, già sicuramente sposato con Agatina...

Teo donò ad Alice l'anello di fidanzamento: uno smeraldo per sperare circondato di rubini perché il fuoco bruciasse ancora, per sempre.
Giona offrì a Sommaire il piccolo brillante giallo paglierino che era stato di Somma.
Si fecero belli. Alice scappò mezz’ora a casa a prendere qualche abito anche per Sommaire, che finalmente smise la divisa.
Intanto, Teo saccheggiava un negozio di primizie, portando a casa cuori di palma e ananasso, avocado e mango, champagne, salmone...
Accesero candele, misero in sottofondo Boccherini, profumarono l'aria, comprarono fiori.
Insomma. Fecero una Memorabile Festa di Fidanzamento.
Ecco. Basta.
Quando una storia raggiunge il porto della felicità, è bene che la scrittura venga ammainata, ripiegata in buon ordine, stivata.
Quando una storia raggiunge quel porto, finisce.

(29 - continua)

Poeta, artista visiva, organizzatrice culturale, Franca Rovigatti ha fondato nel 1997 il festival RomaPoesia e nello stesso anno ha pubblicato per Sottotraccia il "romanzo di viaggio immaginario" Afàsia.

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