Nelle puntate precedenti: amorevolmente Sommaire e il Capitano guariscono Alice (e il Capitano, intanto, continua a prender corpo).
Franca Rovigatti
OMNIA VINCIT AMOR
La piega che avevano
preso le cose non gli piaceva affatto.
Andava avanti e indietro
per i pochi metri della cucina come un lupo in gabbia.
Trovava scandaloso
l'esperimento. Inutilmente schifoso. Non riusciva a immaginare come
potesse risultare utile. Una botta di esibizionismo gratuito. Chi
l'avrebbe detto: Sommaire! E il Capitano: che lui stimava tanto!
Ogni suono che proveniva
dallo sconcio talamo, ogni gemito, ogni lamento e guaito gli
accresceva la furia.
Quelle due ore durarono
per Teo una settimana. Una settimana lunga, di quelle che non passano
mai.
Sommaire, splendente, ne
fece capolino, chiamò Teo: "Carissimo, vieni! C’è una bella
sorpresa!"
Brontolando tra sé
(figuriamoci, una sorpresa!), maledicendo il cielo, Teo entrò.
Oddio! Doveva essere
stata una scopata grandiosa: il Capitano stavolta s'era guadagnato
tutta intera la testa! La capoccia, viso, faccia! Davvero: con occhi,
naso, bocca, denti! Con la lingua: perché parlava! Un collo forte,
con delle buone corde vocali, perché la voce rombava, arrampicandosi
allegra per le pareti della stanza!
Alice giaceva a terra,
immobile. La sua amata, che a lui, a Teo, aveva chiesto soccorso!
"Disgraziati! E'
morta! Che le avete fatto?!" urlò Teo.
"Teo!" brontolò
ridendo il Capitano (la cui viva voce, di timbro baritonale, mi
esime, d'ora in poi, dal corsivo): "Possibile che drammatizzi
sempre! Non è morta. Sta meglio, non lo vedi? E’ libera! Dorme.
Guarda meglio, dorme tranquilla..."
Era vero. Alice dormiva
come un angelo. Teo strappò il lenzuolo dal letto e la coprì
amorevolmente, come una madre fa col suo cittino.
Il Capitano, in bagno, si
guardava allo specchio. Faceva conoscenza con se stesso. Perché, in
vita sua, non s'era mai visto (anche quando si era letto nella storia
scritta da Teo, persino quando s’era riscritto da sé, la faccia
non era stata mai veramente a fuoco. Spesso lui compariva di spalle,
era ripreso da lontano. E c'era sempre comunque una sorta di
nebbia...).
Non sapeva, per esempio,
di avere naso aquilino, occhi chiari, ma tanto serrati tra le
palpebre da sembrare fessure. Ignorava di possedere una bella bocca,
un'ampia fronte, capelli grigi e mossi, belle ossa, zigomi alti.
Si guardava, cercava di
scorgere nel vetro una qualche somiglianza con la sua anima: che,
quella sì, la conosceva bene...
Sommaire, lì accanto,
gli forniva i particolari, gli confermava che, sì, quella era la sua
faccia, che lei sempre così l'aveva visto e riconosciuto. Insomma,
da sua esperta, gli faceva una visita guidata sul sembiante.
Teo era rimasto accanto
ad Alice.
Risanata. Guarita, dicono
loro...
Forse guarita per adesso,
pensava, ma poi? Che garanzie…?
E chi lo dice, poi, che è
guarita? Lo dicono Giona e Sommaire, che non pensano che a fottere!
Che si sono esibiti, davanti ai suoi occhi... Mostrando cosce, seni,
copule di sopra e di sotto... Sfrontati! Non ce la facevano ad
aspettare, la foia urgeva... Schifosi! Maiali!
(Ah, questa è la goccia
finale, pensava, il vaso è traboccato! Tutto quello che era mio,
sporcato, rubato...)
Il libro, per esempio:
era suo, no? Suo, come gli altri cinque, non c’è dubbio! Poi un
bel giorno spunta fuori il Capitano, ci mette le mani, riscrive
tutto a modo suo, fa il padrone... E Teo lo ringrazia pure!
Dopo, dal mondo dei
fantasmi, arriva Sommaire (che tra parentesi anche lei era stata
sua...), si porta a letto il Capitano, quello perde la testa, e solo
lei ascolta... Ok, ci siamo giocati anche il Capitano!
Ma ora è troppo! Alice è
il mio amore! E loro non mi vanno a escludere? Non mi mettono in un
angolino, in cucina, buono buono a riposare? E non si portano Alice a
fare orgette, partouze?... E io, Teo, manco mi posso affacciare...
Ma dopotutto questa è
sempre casa mia!, pensò. E tutto era cominciato solo con la
scrittura di un romanzo. Il mio! Tutte le storie erano, sono mie!
Li caccio via tutti!
Fuori, stronzi!
Gli veniva da piangere.
Si sentiva infuriato, abbandonato.
Una vocina dentro gli
uggiolava, lagnosa: "Non è giusto, Teo: non è giusto per
niente..."
Alice si rigirò nel
sonno. Si stropicciò la faccia, si stiracchiò disordinatamente.
Aprì gli occhi.
Vedendo il volto di Teo,
sospirò, sorrise come un coniglio pasquale.
Teo era così stranito,
tanto perso dentro i labirinti del risentimento, che si trovò sulla
punta della lingua l'acido sapore di un: beh, e adesso cosa c'è da
ridere?
Per fortuna si controllò,
e disse: "Come stai? Ti senti meglio?".
"Sto bene, Teo! Le
parole se ne sono andate! Davvero mi hai salvata! Qui con te, ora, mi
sento bene come non mi sono mai sentita! Sono guarita, amore mio!"
E protese le braccia
verso il masticato, illividito volto del suo amante.
L’incantesimo operato
dalla parola ‘amore’ riempiva, finalmente!, un vuoto infinito,
una voragine, un buco del cuore. Alice abbracciò Teo con l'amore che
non aveva ancora mai provato per nessuno al mondo. Mise la testa del
torturato nell'incavo del collo, lo tenne stretto. Senza parlare,
piano, lo consolava della loro solitudine.
(28 - continua)
Poeta, artista visiva, organizzatrice culturale, Franca Rovigatti ha fondato nel 1997 il festival RomaPoesia e nello stesso anno ha pubblicato per Sottotraccia il "romanzo di viaggio immaginario" Afàsia.
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