venerdì 16 agosto 2013

Parola di Capitano / 16


Nelle puntate precedenti: Lo scrittore di serie zeta Teo Marlo e l'eroe dei suoi romanzacci, il Capitano Giona Missing, si incontrano e si alleano per produrre libri di migliore qualità, ma li aspetta una discesa agli inferi.


Franca Rovigatti
LE RISORSE DELL'UBIQUITA'
Anche il Capitano ha paura, pensò Teo, mentre, risalendo in ascensore, sentiva l’incorporea voce:


Questo è completamente pazzo! Orribilmente malvagio!

Attento, Teo! Ci puoi giurare che ormai non ti fa più uscire: sai troppe cose...

Oddio, e adesso che facciamo?

L’ubiquità! Sommaire! pensò Teo rapidissimo.

Lei è fuori con te, Capitano.

Se dorme, svegliala!

Portala al telefono pubblico qui di fronte.

Falle chiamare la polizia: dite che sono sequestrato da Orofino.

Se vengono subito possono ancora salvarmi...

Ditegli che nella clinica ci sono molti altri disgraziati condannati a morte certa.

Svelto, Capitano...


Stiamo andando, ok capo. Siamo già qui, alla cabina...

Ecco, sta chiamando... Aspetta... sì: gli ha spiegato tutto.

Dice che vengono, urgenti. Tre volanti.


"Mi vuole dire una buona volta a cosa pensa, Marlo?" Indagò il dottore: "Non è neanche educato, mi consenta... Ha una faccia strana, mio caro, come se stesse macchinando qualche imbroglio... Guardi che qui c'è posto solo per i miei, di progetti..."

"Ma si figuri!" ossequiava Teo: "Sto solo riflettendo su quanto ho visto..."

"Colpito al cuore, eh?!" ghignò Orofino: "Dura da digerire, se non si ha un po’ di pelo sullo stomaco! Ma ne vedrà ancora, stia tranquillo, caro. Ne vedrà e ne vivrà in primissima persona... Esperirà: altroché, carissimo!"

"Ehm, cosa intende con questo, esattamente?"

"Esattamente ancora non lo so" gorgogliò il dottore: "Corrigendi, Catatonici, Dementi... Dipenderà dalle sue attitudini, signor Marlo... Maniaco-depressivi, Border-line, Perversi... Vedremo quale girone le piacerà di più. Non tema, avrà solo l'imbarazzo della scelta... Ci metteremo d'accordo facilmente..."

"Vuol dire che dovrei restare?"

"Sagace! Come ha fatto a indovinare? Del resto, caro, è stato lei a voler entrare. A tutti i costi, vero?"

"Ma era solo un’intervista..." Protestò Marlo: "Solo un’intervistina... Non intendevo fermarmi che un’ora..."

"Un’ora, qualche giorno, qualche anno, che differenza fa? Per le menti superiori come la sua il tempo non esiste..."



Il campanello squillò.

Orofino, che si stava avviando alla classe dei Dementi, si immobilizzò. Nessuno andava ad aprire. Evidentemente il povero Giulietto stava ancora scontando la Punizione Numero Sei.

Il campanello suonò ancora.

Con incerto claudicare (come chiedendosi ad ogni passo se andare o non andare), Serafino Orofino si avvicinò alla porta, sbirciò dallo spioncino, e chiese sgarbato: "Allora, che vuole?"

"Un pacco per il Dottore Toropino" storpiò una voce come di garzone o fattorino.

Aprendo il battente, il dottore strizzava gli occhi al riverbero. E quasi non vide che tre agenti, preventivamente appostati sugli stipiti, scivolavano dentro.

Ma si accorse degli altri quattro, sentì distintamente scandire: "Polizia".



Teo uscì in strada, dove Sommaire lo aspettava vicino al giovane Tenente. Al quale Teo indicò luoghi e percorsi della via crucis che si celebrava in quella casa.

"Come faceva la signora, qui, a sapere esattamente che eravate nell’atrio?” chiese il Tenente, che era giovane ma non stupido.

"Ci eravamo accordati." Improvvisò Teo: "Se avessi tardato oltre un certo tempo, Sommaire vi doveva chiamare: come ha fatto... E io dovevo trattenere Orofino nell'atrio. Già prima di entrare sospettavo che ci fosse del marcio, anche se non fino a questo punto...".

"E chi sarebbe poi questo capitano di cui la signora, qui, parla in continuazione?”

"Un carissimo amico nostro, un eroe." La voce di Teo si inorgogliva: "Ma lei non può conoscerlo, Tenente. Lui non è di qui, è svizzero. Se fosse stato con noi, avrebbe risolto tutto in un lampo!"



Basta. Presero il trenino. Il percorso fu tutto un intrecciarsi di domande e risposte. Il sollievo, l'euforia per lo scampato pericolo donava al vagone l'aura magica della carrozza di fiaba, del cavallo alato.

"Perché, Sommaire, non ci hai detto che era l'inferno?" Chiese Teo: "Come hai fatto a resistere col diavolo?"

"Oh, ma io credevo che fosse normale," sospirò la donna: "pensavo che era così e basta. Sapete, credo d'essere stata molto malata. Anzi, morta. Poi un giorno è arrivato il Capitano. Solo allora sono nata, e oggi, oggi che lui è qui con me, nasco di nuovo... Ma che dicevo? Ah, sì! Ero così, morta, mezzo morta: che differenza faceva una tomba o l’altra?”



Ma Orofino, lui, non ti faceva paura?



"Sicuro! Quella voce terribile, che entrava... Era una voce che ti segava dentro. Certe volte pensavo che mi avesse tagliata tutta a fettine... Ma io ero furba: mi mettevo pezzetti di straccio dentro le orecchie, non si vedevano, li coprivo coi capelli... Lui da noi ci veniva pochissimo. Ma ci faceva lavorare sempre. Mattina, pomeriggio, sera e notte. Sempre a pulire, sempre a sporcare. Era questo il lavoro: pulire e insozzare, lavare e lordare. Non si finiva mai..."



Giunsero al Basso che era già tramonto.



Quando Teo aprì la porta, vide la luce accesa in studio. Anche in cucina. C’era un terribile caos dappertutto. A terra, scatole, libri, carte, biancheria, posate. Qua e là, mobili rovesciati, cassetti spalancati... L'anima inquieta degli oggetti riempiva la casa di un umore impaurito e selvaggio.

"Ladri", mormorò Teo.

(16 - continua)



Poeta, artista visiva, organizzatrice culturale, Franca Rovigatti ha fondato nel 1997 il festival RomaPoesia e nello stesso anno ha pubblicato per Sottotraccia il "romanzo di viaggio immaginario" Afàsia.

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