domenica 25 agosto 2013

Parola di Capitano / 24


Nelle puntate precedenti: mentre il Capitano Giona Missing, uscito a sorpresa dalle pagine dei suoi romanzi, scopre l'amore, Teo Marlo riceve una telefonata.



Franca Rovigatti
ALTRE MALATTIE

"Alice!" disse Teo (altroché se se la ricordava!).
"Sono qua, a un passo da casa sua..." esitò la voce: "Posso salire?..."
"Alice... Qui no, c’è troppo casino... Scendo io, piuttosto! Sono felice di vederla!"
"D'accordo, Teo. Sono al Bar Lume. Lo sa dov’è?"
"Certo! Mi aspetta solo cinque minuti? Arrivo!"

Spazzolò capelli e denti, infilò una giacchetta, scrisse un biglietto a Sommaire e al Capitano, lo attaccò alla porta degli amanti (che tubavano come tortore, gemevano come gatti), e corse giù.
Il Bar Lume stava all'angolo, cento metri più in su. Marlo si mise a correre.
Dal giardinetto con tavolini Alice gli sorrideva. Aveva un libro tra le mani, e gli sembrò bellissima.
"Ho fatto una corsa..." ansimò Teo.
"Ah, lo vedo! Ma non era necessario che si affannasse tanto... Come sta?"
"Ah, amica mia! Bene, credo. Anzi, benissimo." dovette ammettere Teo.
"Lo vedo.” confermò Alice: "Lo sa Teo che, rispetto all'altra sera, lei sembra quasi un altro uomo?"
"Ah, può essere... Sì, in realtà ci sono successe un po' di cosette..."
Arrivò un cameriere rigido come un gufo, altrettanto solenne. Portò la caraffa di limonata che i due avevano chiesto. Volò via.
"Io ero rimasta incuriosita, sabato," riprese Alice: "sulla sua recentissima conversione letteraria... Le dispiace se ne parliamo un po'?"
"Ne possiamo parlare tanto, quanto vuole!" esclamò Teo, che si sentiva pieno di coraggio: "Ma prima, mia cara, le vorrei chiedere qualcosa anch’io..."
"Giusto, giustissimo. Da dove cominciamo?" chiese lei.
"L'altra sera, quando le chiesi se anche lei si occupava di letteratura, mi ha detto che sì, ma ora un po' marginalmente... Che intendeva?"
"Dritto al punto! Bravo, complimenti. Ma va bene, così sia. Del resto," mormorò "chissà poi che il parlarne non serva... Devi sapere, Teo (ti dò del tu, essendo le cose che sto per dirti tanto intime da esigere una maggiore vicinanza), che io scrivo da quando ho imparato a scrivere, a cinque anni. Fin da allora, scrivere è stata la mia vera ragione di vita. Non che intanto non facessi anche il resto. Andavo a scuola, prendevo i miei bravi brevetti di nuoto, frequentavo l'università, mi fidanzavo due, no, tre volte, mi sposavo, avevo un figlio, mi separavo... Tutto normale, come vedi. In realtà, gli avvenimenti esterni erano solo facciata. Io ero viva solo mentre scrivevo. Ho scritto fiumi, cascate, laghi, mari. Un flusso senza fine. Inarrestabile. Ossessione, malattia, dirai. Per me non poteva essere altrimenti. Concepivo il mio interno come uno sterminato magazzino di parole, la mia vita come un'infinita scrittura di me stessa. E tutto in segreto. Nessuno, né la mia severa e buona madre, né mio marito, o gli amici o gli amanti, nessuno ha mai sospettato nulla. Scrivevo di notte, durante le lunghe mattine di casalinga, di nascosto mentre lavoravo. Erano poesie, aforismi, racconti, romanzi... Nascondevo i manoscritti, come un'alcolista le bottiglie, sotto il letto, dentro i fustini di detersivo... Sono stata brava. Nessuno si è mai accorto di nulla. Solo, certo, si sentivano non amati. Lamentavano una vaghezza, una vacuità degli affetti. Mio figlio ora è grande. Fa il fotografo in giro per il mondo. E' molto bravo, le sue foto sembrano toccare un senso che sfugge sempre, tuttavia. Sono immagini malinconiche..."
Il viso di Alice era diventato duro. Taceva, risucchiata dentro i suoi pensieri.
"Alice,” la chiamò Teo: "e poi cosa ti è successo? Perché è successo qualcosa, vero?"
"Beh, sì." riemerse lei: "Come ti ho detto, m’ero separata. Ero sola. Mio figlio fuori casa e per il mondo... Libera. In un'orgia di scrittura. Senza dover più nascondere i fogli. E' cominciato allora, più o meno cinque anni fa. Prima è successo che mi dovevo fermare su alcune frasi, che non potevo andare avanti. Dovevo rileggerle più volte, fino a perdere il senso. Poi, via via, la cosa si è estesa a tutto. Ogni frase, capisci? Paralisi. Adesso è ancora peggio: scrivo solo una parola per volta. Appena messa giù sul foglio, la parola mi guarda, esige che io le dedichi tutta la mia attenzione. E' obbligatorio, non mi posso sottrarre. Così, obbedisco. E la parola mi inghiotte. Mentalmente, intendo. Ecco: la mente della parola inghiotte la mia mente, e mi tiene dentro di sé per un'eternità. Stamattina sono rimasta almeno tre ore in 'olismo'. Ma l'altra notte l'ho passata tutta dentro 'tempo': che è una parola di potenza agghiacciante..."
"Dio mio, Alice..." boccheggiò Teo: "Si stanno vendicando... E' come se volessero farti fuori..."
"Al contrario, Teo, vogliono farmi dentro. Mi considerano natura della loro natura: mi rapiscono, seducono per farmi diventare parola... Non credere, non è poi così terribile... Sapessi quante volte vorrei cedere... Solo, comincio a temere di essere diventata matta. Che presto, magari domani, non riuscirò più a uscire da una parola particolarmente avida... Che ne sarà di me? Ora, quando mi libero, trovo centinaia di fogli scritti dalla mia mano in cui la parola è ripetuta mille volte. L'altra notte, non è bastata la carta: ho graffito l’intera parete..."
"Basta!" Teo aveva preso nelle sue le mani gelide di Alice: "D'ora in poi tu non scrivi più! E' troppo pericoloso! Ma non lo capisci, Alice: sei drogata. Questa è dipendenza!..."
"Ah... Non ci avevo mai pensato in questi termini, Teo... Forse è così... Ma come faccio?! Io non ci riesco, a non scrivere! Piuttosto muoio..."
"Ti aiuterò io, Alice" la rassicurò Teo: "Ti aiuteremo io, il Capitano e anche Sommaire. Sapessi che cose magiche e prodigiose mi stanno accadendo, grazie al Capitano! Io, che ero un poveraccio, uno scrittorucolo infelice, da lui sto imparando a vivere, a scrivere… E sapessi che potenza d’amore ha Sommaire… Vedrai che tra tutti e tre la troviamo, una soluzione... Ma ora ascoltami: sentirai che i prodigi, al mondo, accadono… Altroché!”

Uno in fila all’altro, con minuzia, Teo raccontò ad Alice tutti i mirabili fatti occorsi a lui e al Capitano. Tutto quanto, fino all’ultimo miracolo: di Giona innamorato che comincia a prendere corpo...
"Ah, Teo, mi si allarga il cuore!" esclamò Alice: "Che storia meravigliosa! Dovresti scriverla, ne verrebbe fuori un libro divertentissimo! Ho fatto bene a seguire il mio istinto, a chiamarti! Ma non vedi che i nostri casi rappresentano due estremi? Malattie complementari... Io da un lato divorata dalle parole, tu dall’altro salvato da parole costellate in forma di Capitano... Ah, sì, Teo, se c'è qualcuno in grado di salvarmi, quello sei tu!"
"Anche perché, Alice," disse d'un fiato Teo, che finalmente ce l’aveva chiaro: "io ti amo."

 (24 - continua)

Poeta, artista visiva, organizzatrice culturale, Franca Rovigatti ha fondato nel 1997 il festival RomaPoesia e nello stesso anno ha pubblicato per Sottotraccia il "romanzo di viaggio immaginario" Afàsia.


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