mercoledì 2 ottobre 2013

mvl Cinema: Una vita nei ritmi del rimpiazzo


L'Intrepido (2013) di Gianni Amelio, con Antonio Albanese, Livia Rossi, Gabriele Rendina, Alfonso Santagata, Sandra Ceccarelli

Patrizia Vincenzoni
Antonio Pane è un uomo di quarantotto anni, disoccupato, separato, vive solo in una Milano che non è più 'da bere', come recitava anni fa una pubblicità, con i suoi cantieri e gru, moderni dinosauri al lavoro per l' Expo' 2014, ha un figlio musicista suonatore di sax. I lavori che un gottoso proprietario di una palestra gli procura,applicando una significativa percentuale per se stesso, sono rimpiazzi di lavoratori che si assentano per ore o giorni a causa di motivi vari. Lo vediamo, seraficamente, indossare e dismettere panni di vari mestieri; chiedere al 'datore di lavoro di cui sopra il - poco- danaro che gli spetta, senza averne risposta, con un sorriso che gli resta appeso in volto laddove sembra opportuno e naturale un altro qualsivoglia atteggiamento, purché non sia l'acquiescenza e dare per scontato che le cose vanno così. Antonio risulta un po' irritante e improbabile, una figura quasi eroica votata alla fuga dalle responsabilità e a un qualunquismo di sopravvivenza. Lo sfondo sociale nel quale si muove è quello attuale, il lavoro in nero, il precariato cronico, l'assottigliarsi dei diritti al lavoro e dei lavoratori, l'alienazione sociale e individuale, così come la tendenza, di cui si fa portavoce, a derubricare passione, fiducia, speranza dalla vita e dal mondo.
Il candore con il quale viene tratteggiato questo uomo alla fine lo comprime in un atteggiamento disarmante, fino a farlo sembrare una maschera, un personaggio nel quale difensivamente identificarsi.
L'Intrepido: non nel senso della capacità ardimentosa e nonostante tutto nel voler mantenere viva la necessità di poter uscire tutti i giorni da casa grazie ai rimpiazzi, chiamati con enfasi lavoro.
L'Intrepido: una rivista settimanale a fumetti, che celebrava eroi impegnati in avventure soprattutto esotiche, molto amata in adolescenza da Gianni Amelio, come ha raccontato in un'intervista, la cui atmosfera riverbera nel film, dando alla narrazione quella nuance favolistica che confonde e sovrappone sogno e realtà. Una sospensione dalla crudezza del reale che non lo trasforma in denuncia sociale.
Le scene notturne nelle quali vediamo Antonio percorrere un ballatoio, aprire la porta di un piccolo e desolato appartamento, lo mostrano finalmente senza sorrisi manierati. E il treno che puntualmente sfila ogni volta, ad ogni ritorno, sullo sfondo, come a sottolineare la rinuncia a misurarsi con se stesso, a intraprendere nuove esperienze per tentare di essere protagonista della sua storia. Non è la partecipazione al concorso, per il quale riempie test ogni sera, ad aiutarlo, almeno non del tutto, ad immaginare la possibilità di una nuova vita non più scandita dai ritmi del rimpiazzo. Il rischio è di essere fuori tempo, di continuare a soddisfare, come fa con l'esaminatrice, il bisogno di sfidare con i suoi modi edulcorati e mostrare la sua competenza, però relativa solo alla sfera intellettuale.
La profonda difficoltà di vivere appieno e in modo non scisso se stesso e le relazioni con gli altri si evidenzia in modo particolare nel legame con il figlio Ivo, impegnato e responsabilizzato a vicariare la funzione paterna assente o perlomeno problematica. Tematica, questa, molto presente e dibattuta al giorno d'oggi, accennata ma presente nell'Intrepido. L'inadeguatezza, la fragilità e il presentarsi come indifeso, l'indisponibilità affettiva ed emotiva così presenti nel rapporto e nella comunicazione con Ivo si attenuano fino a scomparire, mentre rimpiazza, occupa il posto di un altro. Anche la relazione con Lucia, una ragazza vulnerabile e disperata incontrata durante la prova del concorso, lo vede tentare un rapporto che resterà frammentato e inaccessibile.
Gli accadimenti conclusivi vedono infine Antonio farsi carico del suo destino in modo diverso, spinto in ciò da alcuni eventi, diversamente significativi, che costituiscono uno spunto importante per proporsi verso il figlio, in un finale che vorrebbe essere consolatorio, ma che ci lascia dubbiosi sul senso ambivalente che contiene.

Nessun commento:

Posta un commento