L'Intrepido
(2013) di Gianni Amelio, con Antonio Albanese, Livia Rossi, Gabriele
Rendina, Alfonso Santagata, Sandra Ceccarelli
Patrizia
Vincenzoni
Antonio Pane è un
uomo di quarantotto anni, disoccupato, separato, vive solo in una
Milano che non è più 'da bere', come recitava anni fa una
pubblicità, con i suoi cantieri e gru, moderni dinosauri al lavoro
per l' Expo' 2014, ha un figlio musicista suonatore di sax. I lavori
che un gottoso proprietario di una palestra gli procura,applicando
una significativa percentuale per se stesso, sono rimpiazzi di
lavoratori che si assentano per ore o giorni a causa di motivi vari.
Lo vediamo, seraficamente, indossare e dismettere panni di vari
mestieri; chiedere al 'datore di lavoro di cui sopra il - poco-
danaro che gli spetta, senza averne risposta, con un sorriso che gli
resta appeso in volto laddove sembra opportuno e naturale un altro
qualsivoglia atteggiamento, purché non sia l'acquiescenza e dare per
scontato che le cose vanno così. Antonio risulta un po' irritante e
improbabile, una figura quasi eroica votata alla fuga dalle
responsabilità e a un qualunquismo di sopravvivenza. Lo sfondo
sociale nel quale si muove è quello attuale, il lavoro in nero, il
precariato cronico, l'assottigliarsi dei diritti al lavoro e dei
lavoratori, l'alienazione sociale e individuale, così come la
tendenza, di cui si fa portavoce, a derubricare passione, fiducia,
speranza dalla vita e dal mondo.
Il candore con il
quale viene tratteggiato questo uomo alla fine lo comprime in un
atteggiamento disarmante, fino a farlo sembrare una maschera, un
personaggio nel quale difensivamente identificarsi.
L'Intrepido:
non nel senso della capacità ardimentosa e nonostante tutto nel
voler mantenere viva la necessità di poter uscire tutti i giorni da
casa grazie ai rimpiazzi, chiamati con enfasi lavoro.
L'Intrepido:
una rivista settimanale a fumetti, che celebrava eroi impegnati in
avventure soprattutto esotiche, molto amata in adolescenza da Gianni
Amelio, come ha raccontato in un'intervista, la cui atmosfera
riverbera nel film, dando alla narrazione quella nuance favolistica
che confonde e sovrappone sogno e realtà. Una sospensione dalla
crudezza del reale che non lo trasforma in denuncia sociale.