giovedì 17 ottobre 2013

Portelli, l'importanza di un racconto "sbagliato"

Micol Drago
E’ stato un pomeriggio di racconti, quello che il 3 ottobre i lettori di Monteverdelegge hanno passato con Alessandro Portelli. Al centro della lunga tavola della biblioteca Plautilla, c’era un gustoso libro da assaporare, Storie orali (Donzelli, 2013), una raccolta di saggi teorici e di ricerca sul campo che spaziano dalla Terni delle industrie al Kentucky dei miracoli, dalla seconda guerra mondiale alla globalizzazione, dalla memoria al mito fino alla letteratura.
Al principio (della chiacchierata con i lettori monteverdini, come del percorso di ricerca di Portelli) fu il rock… E’ stata infatti la passione per la musica, che conduce negli anni sessanta l'allora giovanissimo studioso a scoprire l’America e la storia orale. 
Nel movimento per i diritti civili la musica è fondamentale, gli spirituals diventano canti di liberazione; ma anche in Italia la canzone popolare è  molto spesso canzone di protesta. Proprio andando in giro a raccogliere le canzoni del movimento operaio ternano, Portelli comincia a rendersi conto che i cantori ex-partigiani e operai non si limitano a cantare, sono anche bravissimi a raccontare. Ma c’è un’altra cosa di cui presto Portelli si rende conto: che spesso i racconti sono “sbagliati”, come spiega nel famoso saggio “L’uccisione di Luigi Trastulli” (contenuto in Storie orali).
Luigi Trastulli, operaio delle acciaierie di Terni, morì nel 1949 in uno scontro con la celere durante una manifestazione contro il Patto Atlantico. Eppure sono tantissime le persone che ricollocano questo evento intorno al 1952-53, l’epoca dei licenziamenti di massa nelle fabbriche ternane. Davanti a questa memoria collettiva apparentemente difettosa, Portelli si domanda se i racconti “sbagliati” possano comunque avere un valore e si risponde che, sebbene inesatti storicamente ed anzi proprio grazie a tale caratteristica, essi restituiscono il significato, il senso che le persone hanno attribuito ad un evento storico.
La memoria non è  un deposito, rielabora continuamente i ricordi a partire dal senso, ad esempio dimenticandosi ciò che non ne ha e ciò che ne ha troppo, ci spiega Portelli. In questa continua rielaborazione il ricordo di un fatto storico cambia assieme alle persone e il racconto è diverso ogni volta a seconda di quando viene raccontato e a seconda di chi lo ascolta, oltre che ovviamente di chi lo narra: la storia orale è sempre un incontro ed è un incontro sempre diverso, perché al centro della storia orale ci sono le soggettività e sarebbe assurdo cercarvi l’oggettività (come in tutto ciò che è umano d’altronde). È proprio sul confine tra verosimiglianza e leggenda che si gioca la partita più affascinante: quella del significato. Per questo per uno storico orale è fondamentale chiedersi, di ogni “mito” in cui si imbatte, a prescindere da quanto sia aderente alla realtà dei fatti, che ruolo ha svolto nella costruzione di un aggregato sociale, perché tale “mito” rimane e perché e come cambia.
Sulla scia di una delle domande di Maria Teresa Carbone, per spiegarci il rapporto tra scrittura e oralità Portelli ha proseguito con un altro racconto. Al centro di questa storia c’è l’incredibile relazione tra il grande scrittore statunitense Faulkner e una cucitrice di Terni, ovvero l’incredibile somiglianza tra due storie che parlano di un fidanzamento, una scritta dal primo in Absalom!Absalom! e l’altra narrata oralmente dalla seconda direttamente a Portelli. Oltre al contenuto, ad essere simile è anche la tecnica utilizzata per la narrazione, ovvero la così detta incremental repetition (ripetere un frase correggendo ciò che si è detto poco prima). C’è però una differenza fondamentale: mentre la cucitrice in carne ed ossa usa tale tecnica per aggiustare e fissare il discorso cercando di “controllarlo” come fosse un testo scritto, Faulkner nei panni della cucitrice immaginaria usa la ripetizione per “muovere” il discorso e dargli la vitale dinamicità tipica della performance. Questo esempio mostra il particolare rapporto tra scrittura e oralità, definito da Portelli come un rapporto di rispecchiamento: essendo una specchio dell’altra, oralità e scrittura si esplorano costantemente, nella loro somiglianza ed anche nelle loro diversità.
Portelli ci lascia infine con un accenno al suo prossimo progetto: si torna alla musica, ma questa volta sarà quella cantata dalle donne immigrate ai loro bambini.

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