Il sociologo Vincenzo Moretti, che presto avremo il piacere di incontrare da Plautilla quale autore del libro Testa, mani e cuore, pubblica spesso articoli assai interessanti anche su "Rassegna sindacale", il settimanale della CGIL. L'ultimo, Lavoro e socialità, comparso sul n. 34 del 2 ottobre 2013, merita - a mio giudizio - una lettura e una riflessione. (Lorenzo Carlo)
Vincenzo Moretti
Non ho mai avuto la memoria di Ireneo Funes, di Simonide o di
Metrodoro, eppure quella volta lì me la ricordo. Era il 1999, o forse il 2000,
cosa importa, e Hans George Gadamer, nel corso di una memorabile conferenza
all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, disse che se avesse dovuto
scegliere due parole per raccontare il novecento, sì, avete letto bene, due
sole parole per rappresentare un intero secolo, il secolo di due guerre
mondiali, di Hitler e di Stalin, della caduta del muro di Berlino e di
internet, avrebbe scelto “pazienza” e “lavoro”.
Rimasi affascinato dalla verità e dalla forza di quelle due parole,
non a caso da allora ci sono tornato e ritornato su ogni volta che ho potuto.
Le carte mi si sono sparigliate qualche giorno fa, mentre raccontavo
questa stessa storia a Michele, mio giovane amico e blogger per genio e per
caso. Socialità e lavoro, gli ho detto a un certo punto, correggendomi subito
dopo, ma ormai la frittata era fatta.
Sì, perché poi a Michele socialità e lavoro è piaciuto, e mi ha detto
che se la politica si occupasse di lavoro e socialità le ragazze e i ragazzi
della sua età non ne starebbero così lontani, che in questo nostro mondo
dominato dalla crisi dei soggetti erogatori di valori stabili - partiti, famiglia,
stato, ma sì, anche la Chiesa, che solo da quando è arrivato Francesco I si sta riprendendo un po' -, a
fare la differenza sono proprio quelle due cose lì: un lavoro che ti faccia
avere dignità sociale e rispetto di te, il lavoro che fa rima con diritti,
qualità, innovazione, e la capacità - possibilità di costruire legami, di
intessere relazioni, di far parte di reti sociali e civiche, di costruire
rapporti destinati a durare nel tempo.
Non so a voi, ma a me le cose che ha detto Michele mi hanno riportato
alla mente un bellissimo libro di Salvatore Veca, (Dell'Incertezza,
Feltrinelli, 1997) e così sono andato a riprenderlo dallo scaffale e mi sono
messo a sfogliarne le pagine fino a quando ho ritrovato questa frase
sottolineata con la matita e anche l'evidenziatore: “Chiedersi quale sia il
significato di qualcosa equivale a chiedersi come questa cosa sia connessa con
altre cose”.
Giuro che non lo so se lavoro e socialità saranno le parole di questo
secolo, magari bisognerà che chi può aspetti che finisca per saperlo, penso
però che la politica che vuole dire, e fare, qualcosa di sinistra, non possa
fare a meno di quelle due parole lì.
Lavoro. E socialità. Per cambiare l'Italia. E l'Europa. Io penso che
Michele ha ragione. E voi?
-------------------------------
Se ora qualcuno volesse leggere altre cose di Vincenzo Moretti, oltre al suo libro sopra citato naturalmente, troverà su Google numerose possibilità fra le quali suggerisco di non mancare http://leviedellavoro.wordpress.com e lì non mancate il documentario La tela e il ciliegio. Buon divertimento e... propizie riflessioni! (l.c.)
Nessun commento:
Posta un commento