mercoledì 15 maggio 2013

Scimmie nude, e nuotatrici


Maria Teresa Carbone
Nel 1974 Einaudi pubblicò, nella versione di uno dei più attivi traduttori del tempo, Bruno Oddera, il primo libro di una affermata autrice televisiva britannica, Elaine Morgan. Non si trattava, però, del riadattamento di una serie della BBC da lei curata o di una delle numerose pièces al suo attivo, ma di un saggio in cui Morgan si era avventurata in un campo, la bioantropologia, teoricamente poco consono a una giornalista culturale ultracinquantenne, laureata sì a Oxford, ma in letteratura inglese.
L'origine della donna (The Descent of Woman), questo il titolo del libro, era uscito due anni prima nel Regno Unito ed era il risultato di una vicenda abbastanza singolare. Nel 1967 Elaine Morgan aveva letto con molto interesse una delle opere di divulgazione scientifica di maggiore successo della seconda metà del Novecento, La scimmia nuda (The Naked Ape), dell'etologo inglese Desmond Morris. Ma di fronte alla teoria di Morris, in base alla quale gli ominidi avrebbero perso il pelo per la necessità di sudare durante le loro cacce nella savana, Morgan si impuntò: se davvero fosse andata così, si disse, come spiegare la perdita della peluria cutanea da parte delle donne le quali, secondo questa ricostruzione, non andavano a caccia, ma accudivano i piccoli? Ancora una volta la scienza sposava un punto di vista esclusivamente “maschiocentrico”.
 Insoddisfatta, la giornalista rilesse il libro e scoprì una annotazione che faceva riferimento a un'altra teoria, quella della cosiddetta “scimmia acquatica”, dove, in sostanza, si ipotizzava che gli ominidi fossero calati dagli alberi, su cui avevano vissuto fino ad allora, per trovare dimora non nella inospitale savana, ma lungo corsi d'acqua o sulla riva del mare, aree entrambi molto ricche di cibo. In un simile scenario il passaggio alla stazione eretta sarebbe avvenuto per la necessità di tenere la testa fuori dall'acqua e maschi e femmine in parallelo, stando a lungo a bagno, avrebbero perso il pelo, sostituito dallo strato di grasso sottocutaneo, che ancora adesso caratterizza la nostra specie. Elaine Morgan si mise allora in contatto con Morris, che le consigliò di rivolgersi a colui che per primo, nel 1960, aveva suggerito l'ipotesi della “scimmia acquatica”, il biologo marino Alistair Hardy, carismatica figura di scienziato artista, che negli anni Settanta, dopo avere insegnato a lungo a Oxford, avrebbe fondato un importante centro di ricerca sulle esperienze religiose. Fu dopo avere incontrato Hardy, che Morgan decise di scrivere The Descent of Woman: teoricamente questo suo libro, di taglio divulgativo, avrebbe dovuto fare da apripista al saggio rigoroso e scientifico del biologo. Ma Hardy questo libro non lo scrisse mai, e a sostenere la teoria della “scimmia acquatica” fu proprio Elaine Morgan che a quel primo testo ne fece seguire diversi altri, consacrando alla scienza la seconda parte della sua lunga vita.
Non più tardi di quattro anni fa, nel 2009, la quasi novantenne Morgan ha partecipato a una conferenza Ted per difendere l'ipotesi dell'aquatic ape, una ipotesi che – per quanto confutata dalla maggior parte degli studiosi – si è guadagnata negli anni sostenitori agguerriti, fra i quali, qui in Italia, Jacopo Fo, che le ha dedicato diverse pagine cartacee e non. Molti di loro si sono incontrati a Londra fra l'8 e il 10 maggio in occasione dell'affollato simposio Human Evolution Past, Present & Future che, come ha scritto qualche giorno fa Robin McKie sull'”Observer”, nel corso del quale sono state dibattute le ultime scoperte e congetture: la più recente, avanzata da Peter Rhys Evans, uno degli organizzatori del convegno, fisiologo all'ospedale Royal Marsden di Londra, è che gli ampi seni nasali degli umani, spazi vuoti all'interno della testa la cui utilità apparente risulta oggi pressoché incomprensibile, avrebbero avuto “la funzione di giubbotti salvagente, aiutando a tenere il nostro capo fuori dall'acqua”.
E una piccola riprova del fascino duraturo di questa teoria l'abbiamo anche qui in Italia, sul versante editoriale. Scomparsa da tempo l'edizione Einaudi dell'Origine della donna, il libro ha trovato nuovi ed entusiasti lettori qualche anno fa, quando – forse anche stimolato dalle congetture di Jacopo Fo – uno degli autori di un blog scolastico, San Giovanni Bosco e Cennini, ha cominciato a proporne in rete degli stralci commentati. Tanto che, quasi di certo non casualmente, nel 2012 la casa editrice Castelvecchi ne ha mandato in libreria una nuova edizione. Se poi la copertina (una illustrazione di gusto liberty che ritrae il bacio a fior d'acqua tra una sirena e un distinto giovanotto) aiuterà i lettori a capire di che cosa parla il libro che hanno fra le mani, è un altro discorso.

Questo articolo riprende, con alcune piccole varianti, un testo uscito sul Bo, il magazine online dell'università di Padova

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