sabato 16 novembre 2013

Dove vanno a finire i libri (e i bestseller)? Un reportage fotografico

Imprescindibile
Libri. Libretti. Libruzzi. Librini. Libercoli. Dati Istat 2010: 63.800 titoli prodotti e immessi sul mercato (sessantatremila/800) per un totale di 213.000.000 di copie (duecentotredici milioni).
Non volevo crederci. Sono cifre colossali. Talmente colossali che il Presidente dell’Associazione Librai Italiani, Paolo Pisanti, nel luglio 2011, se ne lamentava duramente. Il succo di quelle considerazioni potete leggerlo qui, ripubblicate nella rivista digitale Alfabeta2, sotto un titolo rasserenante: “Salva un libro, uccidi un editore”. Ecco una graziosa anticipazione; queste le bordate iniziali:

“[Tutti quei titoli] sono inutili per i lettori che comunque non li leggono; sono inutili per i librai che comunque non li vendono; sono inutili per i tipografi che comunque non glieli pagano. Tutti questi titoli l’anno - 60.000! - sono persino dannosi: perché inquinano il mercato; perché è colpa di quei 60.000 se poi abbiamo l’impressione che i libri nessuno li compra; è colpa loro se i lettori disorientati di fronte a tanta profferta sono ridotti a comprarne in media uno l’anno; perché in fondo basterebbe pubblicare solo quei 100 o 200 titoli che davvero vendono, che davvero il pubblico vuole comprare a tutti i costi in libreria, che il pubblico è persino disposto ad andarsi a cercare al supermercato, o all’autogrill, per dire quanto è motivato al loro acquisto questo pubblico. Che bisogno c’è di fare ogni anno gli altri 59.800 libri? A pensarci bene davvero nessuno. 60.000 titoli l’anno sono un inquinamento fisico e morale …”.


E così via.
Considerazioni simili le ha proposte Alceste in due differenti scritti. L’uno concepito in antipatia al nuovo maître à penser Fabio Volo; l’altro, invece, consisteva d’una poesiola in rima baciata che volgarizzava ciò che Pisanti ha asserito, indisturbato, e con più micidiale durezza, un paio d’anni fa.
Se non credete ad Alceste, insomma, credete a Pisanti. O ancora: se ve la pigliate con Alceste, mandate prima una mail a Pisanti (Presidente Associazione Librai Italiani).
Morale: la letteratura e la lettura non possono essere separate. Punto e basta. Se questo comporta una riduzione dell’industria, amen. Si riduca l’industria.
Ma non è questo l’argomento della nostra nuova divagazione.
L’argomento, terribile, è un altro: 213.000.000 di copie, moltiplicate per il volume medio di un singolo libro (m. 0,23 x m. 0,16 x m. 0,02; mi tengo basso) producono 235.132 metri cubi di carta(ccia).
All’anno!
(A scanso di equivoci: i tre quarti e più della roba di lettura cola giù dalle grandi case editoriali).
All’anno. Non ci dormo la notte. Dove va a finire tale massa cartacea (cui andrebbe sommato il simmetrico Moloch d’inutilità dei periodici)?
Ci hanno detto che Malagrotta è intasata per le bucce di banana. Sarà vero? Non potrebbe darsi che, sotto quei cumuli fumanti di diossina, si nascondono pile di Scalfari e Denbraun?
Servirebbe una conferma. Occorrerebbe investigare. Per ora sappiamo che una parte marcisce nei magazzini; un’altra affatica le scaffalature Ikea delle case; altra ancora si riversa, fiume in piena, sulle bancarelle dei remainder o, in piccolo numero, nelle librerie d’occasione. La parte più interessante, tuttavia, quella che esamineremo, è il malloppo che si vende conto terzi presso i mercatini dell’usato: interessante perché qui possiamo palpare con mano la differenza vera tra letteratura e lettura. Di letteratura, nei mercatini, se ne troverà poca, al massimo ristampe di classici in edizioni che stomacherebbero persino gli scaffali in resina delle cantine; di roba da lettura (lettura industriale) se ne troverà a tonnellate: roba da lettura nata e concepita proprio per tenere in costante lavorio le rotative di stampa, al di là della qualità: inesistente; la roba da lettura un tanto al chilo, insomma, la cui tiratura ingrossa al vento d’una pubblicità invasiva e sfacciata; la roba da lettura che annacqua il gusto, i concetti, le menti e la direzione ideologica; la roba da lettura che gl’Italiani si guardano bene dal rileggere (ammesso che l’abbiano mai letta) e che rifiutano subito dopo ammollandola al mercatino, vero orfanatrofio di questi figli degeneri.
Ecco un breve resoconto fotografico. Le immagini, per essere gustate nel loro formato originale, vanno cliccate. Attenzione: alcuni scatti sono piuttosto forti.

Residuati bellici. Guerra Fredda e dintorni.Il piacere delle riscoperte inattese, come d'un lontano parente. Raisa Maksimovna Gorbačëva (1932-1999), eroina e icona pop della liquidazione del gelo ideologico del comunismo. A suo disdoro: non riuscì a liberarci dalle simmetriche canicole dell'anticomunismo.
Un libro sull'orlo del suicidio. Notare le arricciature, segno d'una depressione in atto che prelude al fatal gesto. Alberto Asor Rosa, da sotto, assiste impotente al dramma.
L'uovo di Colombo. La finta libreria

Arrogante e impettito, il libro di Bruno Vespa domina gli altri. Come quei vecchi generali che, in ospizio, sbrodolati e impotenti, continuano a cicalare: "Ai miei tempi caro Lei ...".
La copia è, ovviamente, intonsa.Sbarazzino il marchietto Eri-Rai, a ricordarci che le perdite vanno, da buoni compagni, socializzate.
L'orrore. Bestseller ammassati come nei peggiori incubi di Charles Dickens. Che barbarie. Deaver, Grisham, Wilbur Smith, Higgins Clark, il mio amatissimo e mai letto Clive Cussler.
Comprendo. Le rotative non s'hanno mai da fermare. C'è bisogno, però, di scendere a tali inferni di abiezione?

Ancora una scena da Oliver Twist: la camerata dei bestseller. C'è un Patterson. E un micidiale uno-due: Zafon-Falcones. Non manca Patricia (Svelti! Svelti! Oh! che bel/Ho il libro della Corwell!)
Malinconici cascami di 'Che tempo che fa'. Quattro copie quattro di Gomorra, entrate in una giornata. Neanche la macchina della fonduta, il dono matrimoniale più regalato e rifiutato, gode di un simile insuccesso. Fazio-Pavlov: suona la campanella e i cani sbavano, pur in assenza del cibo. Fazio dice Pincopallo e gli spettatori, occhio pincopallato, già sfiorano il bancomat avidi di una botta di midcult. Si legge la Szymborska e, il giorno dopo, in libreria: "Che per caso ciai la simbosca?". "Eh, no, quella nun se fa trovà, s'imbosca".Notare l'irridente posizione del sopraelevato Max Pezzali.

Plutarco, aristocratico di Cheronea, marcato stretto. 'Che nessuno lo compri!', sembrano ammonire le due Strigidi
Goldoni e Volo. Passato e presente. E il futuro? 'Au cabinet!' direbbe cupo Alceste



Danielle rules. E pure Sveva. Rimpianti: chissà cosa scriverebbe, della coppiola, Karl Kraus

Fallita l'ultima ratio (abbindolare nuovi lettori e farsi adottare),
i best seller si predispongono alla loro meta naturale

4 commenti:

  1. Ma che sarebbe questo eccelso blog senza l'Alceste, molierano Misanthrope (ora anche in veste fotografica), alias GLC, approdato a Monteverde?

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    1. monteverdelegge concorda: l'approdo di Alceste nei territori di monteverde è stata una manna calata dal cielo

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  2. Ottimo il reportage, degno di Alceste/GL/Vlad. Una nota doverosa, però: temo che il presidente dell'Ali PIsanti, quando auspica una riduzione della massa cartacea che arriva in libreria, abbia in mente una selezione ispirata a criteri ben diversi da quelli che ha in mente Alceste/GL/Vlad. Per questo Ilaria Bussoni, in rappresentanza dell'Odei, Osservatorio Editoria Indipendente, su Alfabeta2 risponde a Pisanti in modo ironico, lasciando capire che in effetti, proprio grazie alla quantità di titoli in circolazione, è possibile andare incontro ai lettori che disdegnano le DanielleSteel e i FabioVolo.

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