Diritto alla Città: Territori Spazi Flussi
è il titolo di un convegno promosso dalla Fondazione per la Critica
Sociale con il patrocinio della rivista “Il Ponte” che si terrà domani e
dopodomani a Roma, 24 e 25 novembre 2016 presso la Facoltà di
Architettura Sapienza Aula Magna di Fontanella Borghese. Questo link al testo della relazione del sociologo urbano francese Jacques Donzelot pubblicato in rete oggi da Alfabeta2.
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mercoledì 23 novembre 2016
sabato 16 novembre 2013
Dove vanno a finire i libri (e i bestseller)? Un reportage fotografico
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Imprescindibile |
Libri.
Libretti. Libruzzi. Librini. Libercoli. Dati Istat 2010: 63.800 titoli prodotti
e immessi sul mercato (sessantatremila/800) per un totale di 213.000.000 di
copie (duecentotredici milioni).
Non
volevo crederci. Sono cifre colossali. Talmente colossali che il Presidente
dell’Associazione Librai Italiani, Paolo Pisanti, nel luglio 2011, se ne
lamentava duramente. Il succo di quelle considerazioni potete leggerlo qui, ripubblicate nella rivista digitale Alfabeta2, sotto un titolo rasserenante: “Salva un libro, uccidi un editore”. Ecco
una graziosa anticipazione; queste le bordate iniziali:
“[Tutti
quei titoli] sono inutili per i lettori che comunque non li leggono; sono
inutili per i librai che comunque non li vendono; sono inutili per i tipografi
che comunque non glieli pagano. Tutti questi titoli l’anno - 60.000! - sono
persino dannosi: perché inquinano il mercato; perché è colpa di quei 60.000 se
poi abbiamo l’impressione che i libri nessuno li compra; è colpa loro se i
lettori disorientati di fronte a tanta profferta sono ridotti a comprarne in
media uno l’anno; perché in fondo basterebbe pubblicare solo quei 100 o 200
titoli che davvero vendono, che davvero il pubblico vuole comprare a tutti i
costi in libreria, che il pubblico è persino disposto ad andarsi a cercare al
supermercato, o all’autogrill, per dire quanto è motivato al loro acquisto
questo pubblico. Che bisogno c’è di fare ogni anno gli altri 59.800 libri? A
pensarci bene davvero nessuno. 60.000 titoli l’anno sono un inquinamento fisico
e morale …”.
sabato 19 ottobre 2013
John Berger, instancabile indagatore delle topografie del male
Paola Splendore
Quanto mai opportuna un’antologia come questa a cura di Maria
Nadotti, per presentare – soprattutto ai più giovani – una figura
poliedrica di scrittore e intellettuale fra le più interessanti del
nostro tempo. Berger scrive con altrettanta acutezza di arte, politica,
letteratura e attualità; e lo fa con lo sguardo dell’artista, la parola
del narratore e l’impegno del testimone.
I materiali raccolti nel volume – soprattutto saggi ma anche stralci
da romanzi, poesie, lettere, diari, resoconti di inchieste, appelli
militanti ecc. – coprono un arco di sessant’anni, dal 1958 al 2012. Non
sono presentati in ordine cronologico né tematico, ma secondo un ordito
che rivela via via la straordinaria vivacità e tenuta di questo autore
che ancora oggi,
a quasi novant’anni, ha voglia di scrivere, viaggiare, testimoniare, inviarci i suoi messaggi dal mondo.
a quasi novant’anni, ha voglia di scrivere, viaggiare, testimoniare, inviarci i suoi messaggi dal mondo.
Quando nel 1972, dopo l’assegnazione del Booker Prize al romanzo G.,
Berger decise di trasferirsi in un villaggio di contadini dell’Alta
Savoia, dove vive tuttora, volle esprimere il rifiuto dell’establishment
letterario inglese, nei confronti del quale era stato comunque sempre
un outsider. A Quincy, Berger comincia a fare il contadino, a occuparsi
di fienagioni, di api e vitelli, ma continuando a scrivere, a disegnare,
a partecipare a suo modo alle vicende del mondo.
giovedì 8 agosto 2013
Lo scrittore in cucina, la torta ricciolina
Dal bel ricettario estivo che Alberto Capatti cura ogni giorno per tutto il mese di agosto su Alfapiù, supplemento online della rivista Alfabeta2, prendiamo in prestito la pagina molto letteraria dedicata alla torta di taglioline dolci, detta anche torta ricciolina.
Le ricette oggi si trasformano in fotografie, film, foodblog, show. In passato diventavano letteratura, insinuandosi in una trama e arricchendola di spunti, assegnandole un secondo fine, pratico. Per raggiungere tale scopo, occorreva che lo scrittore praticasse la cucina, o ne fosse degustatore avvertito, come Alfredo Panzini.
Romagnolo, non rifugge dalle miserie e dalle delizie della sua terra, e descrive, con due personaggi, la cuoca e il letterato, la torta di taglioline dolci. Pellegrino Artusi, ne La scienza in cucina, la chiamava torta ricciolina, e diamo di seguito copia della sua versione. Panzini sin dal 1905 è stimatore della lingua e del cibo artusiano. Riproporre la pasta all’inizio e alla fine del pasto, e i taglierini anche fra i dolci, era un vezzo maniacale e un gioco ordito e consumato fra le mura domestiche, portato in tavola come una sorpresa.
Lei pesta, fine fine, le mandorle dolci e qualcuna di amare, ma poche; si che venga tutta una bella manteca.. Poi lei fa una bella spoglia come per i tagliolini, e li taglia, ma fini fini.
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