Tommaso
Cicolini
Una
biblioteca comunale di Roma nord. Periferia, al limite del suburbio.
Chiedo:
“Cosa si ruba nelle biblioteche comunali?”
“Il
Trovaroma di Repubblica, sicuramente”.
“Davvero?
E poi?”
“Quattroruote”.
“Ancora?”
“Tex,
il Corriere della Sera, Focus”.
La
fonte è certa. A parlare, infatti, è una bibliotecaria comunale; una di quelle
vere, una giovane donna che ha affrontato lunghi anni di studio e addestramento
per acquisire la tempra e il cipiglio necessari a diventare, abbastanza
incredibilmente, una bibliotecaria comunale.
Insisto:
“Sì, benissimo, ma poi?”
“Dimenticavo:
siamo stati oggetto di circa venti furti con scasso ... venti. Come? Da quando?
In un anno circa ...”
“Mi
sembra gravissimo. Computer, stampanti, enciclopedie ... merce di valore ... un
danno enorme ...”
“No,
no, nulla di tutto questo. Entrano per scassinare la macchinetta del caffè ...”
“La
macchina del caffè?”
“E
delle merendine”.
“Ho
capito”.
“Abbiamo
visto i filmati di sorveglianza. Lo stesso tipo di sempre. Arriva di notte,
berretto calato sugli occhi, entra con facilità irrisoria, ammolla due scossoni
alla macchinetta e si prende venti o trenta euro ... in tutto impiegherà circa
trenta secondi, al massimo quaranta ...
“Mmm
...”
“Viene
a intervalli regolari, ogni tre settimane circa”.
“Segue
i corsi lunari?”
“Non
saprei”.
“Ma
subite anche furti tipici di una biblioteca?”.
“Gli
spazzolini del bagno, la carta igienica, le saponette, la tavoletta del wc ... siamo
stati costretti a mettere la chiave della toilette al front office così
sappiamo chi usufruisce dei servizi”.
“Benissimo,
ma i libri li rubano?”
“Sì
e no”.
“Più
sì o più no?”
“Soprattutto
testi legati agli esami universitari: medicina, arte, scienze sociali. Le
scienze sociali vanno forte. Ma i libri proprio, no, interessano poco. Solo
quelli di utilità, per lo studio”.
“Testi
classici, letteratura inglese, narrativa russa ...”
“No,
macché”.
“Ricciardi,
Utet, Olschki?”
“No”.
“I
Meridiani di Shakespeare?”
“No,
no. Forse La locandiera ... va forte
fra i ragazzi delle medie ... ma neanche quella ... la restituiscono sempre.
Una volta, al culmine della febbre, spariva Dan Brown ... arrivammo ad averne
cinque copie ...”
“Stephen
King? Connelly? Francesco Piccolo?”
“Non
danno problemi. Forse un Camilleri qua e là, ma è in ribasso pure lui”.
"Un
bel furto me lo ricordo". Nel discorso interviene un utente. Alto,
segaligno, occhialuto, capelli brizzolati a spazzola, ribalda mancanza di
decoro borghese nel vestire; sta seduto con la gamba mancina accavallata su
quella destra, il volto animato da un sorriso divertito: le lunghe dita delle
mani nodose sono intrecciate come vimini attorno al ginocchio sinistro, in una
rilassata composizione yoga. Interloquisce amabile: “Sì, un bel furto me lo
ricordo ... l'intera opera omnia di Freud .... sparì da una biblioteca del
centro qualche anno fa ...”.
“Qualcuno
interessato alla lettura, finalmente”.
“Eh
no, non la vedo a questo modo ... credo più a una sottrazione libraria per
intenti d'arredamento ... uno studio di psicologia appena aperto ... sì, sì, la
Bollati Boringhieri fa un certo effetto schierata nei suoi dodici volumi ...” infierisce
ridendo a tutta dentiera.
“Ma
come hanno fatto a rubarla?”
“Come
al solito: un po' alla volta ... tanto, chi se ne accorge ...” ridacchia ulteriormente.
“La
lettura e la letteratura sono, insomma, al nadir della considerazione ...”,
argomento.
“Così
pare. Mi ricordo, peraltro, di un altro furto, avvenuto su scala cittadina ... un
furto parecchio interessante; e istruttivo - istruttivo almeno - come dire? -
da un punto di vista eminentemente psicologico ...”
“Mi
dica ...”
“Sparirono
tutte le grammatiche e i dizionari
giapponesi da parecchie biblioteche della città”.
“Mi
suona incredibile”.
“Ah
certo, eppure è la verità. Io stesso ho controllato”.
“Me
lo conferma?”
“Eccome!”
“E
cosa se ne facevano di tutte le grammatiche e dizionari giapponesi?”
“Secondo
me era un solo ladro”.
“E
cosa se ne faceva, questo ladro, di tutte le grammatiche e dizionari
giapponesi?”
“Non
ne ho la più pallida idea!”
“E
il ladrocinio librario più singolare che abbia mai sentito”.
“Sicuramente.
Tenderei ad escludere un giapponese, comunque”.
“Intuizione
ottima. Il cerchio si stringe”.
“Forse
un cicerone. O uno studente di lingue orientali”.
“O un cinese vendicativo. O un reduce da Pearl Harbour, chissà”.
“O un cinese vendicativo. O un reduce da Pearl Harbour, chissà”.
“Oppure
solo un tizio bislacco. Le biblioteche, come le stazioni e i cimiteri, attirano
gli individui borderline”.
“Su
questo non ho dubbi. Ma perché stazioni e cimiteri?”
“Ovvio,
sono luoghi di passaggio”.
* * * * *
Se
esiste una malformazione dello spirito umano che muove il mio sdegno, quella è
la tendenza al furto. E quella che raddoppia la mia riprovazione morale è il
furto di libri.
Tale
devianza dell'anima infiamma così il mio cuore da ingenerarvi le voglie più
terribili di punizione e destare l'immaginazione di pene e sofferenze sadiche ;
i ladri e, soprattutto, i ladri di libri vanno esclusi dal consorzio umano e
bollati con il marchio della crudeltà: come si può, infatti, separare un libro
dal proprio genitore? Non è tale atto non dico biasimevole, ma sintomo d'un
cuore efferato? I ladri di libri, insomma, vanno additati alla vituperazione
più truce.
È,
però, assolutamente vero che queste canaglie recano gradi diversi di colpa.
I
peggiori sono i bibliocleptomani nababbi: i collezionisti, i bibliomani, i
riccastri soverchiati da un impulso incontrollabile, ma svincolato dall'amore
verso il contenuto spirituale che il libro stesso racchiude. Quasi sempre tale
perversione muove dal desiderio del libro in sé, quale opera d'arte: la
preziosità delle rilegature, l'erotìa sottesa al vestimento, la ricercatezza o
la nettezza dei caratteri grafici; oppure la pulizia delle pagine, liberate
dall'onere dell'interlinea grazie all'ampia spaziatura dei margini; o la
bellezza incontrastabile d'una miniatura o d'un illustrazione; e non citiamo
gli exlibris, le dediche, le annotazioni a margine di pensatori insigni et
cetera
Diverso
è il caso dei bibliocleptomani sostanziali: costoro, pur non indifferenti alla
bellezza dei volumi (ovvio), rubano libri perché innamorati della pregnanza del
contenuto o dello stile d'un autore; il tizio sorpreso a sgraffignare trentadue
Simenon trentadue (Biblioteca Adelphi) presso una celebre catena romana di bookstore
(i volumi erano dissimulati entro ingegnose tasche interne dell'impermeabile)
rimane uno degli eroi di tale nobile parafilia.
C'è una buona edizione, insomma, ma c'è pure Georges Simenon.
Applausi
al Nostro!
Bravo!
E
io?
Per
quanto mi riguarda non ho mai rubato libri. Li ho solo eclissati (per sempre,
lo confesso) dalla coscienza del proprietario, ma questo non è certo equiparabile
al furto, almeno nel mio caso.
Capisco.
Comprendo.
Qualcuno
di voi già rumoreggia. Altri potrebbero essere disorientati da tale
affermazione, specie alla luce di quanto detto poco prima. Mi basteranno,
tuttavia, poche righe per render temporanei disappunto e sconcerto e farli
svanire come uno sbuffo di fumo al vento della logica.
(Attenti,
però! Dovete seguirmi per bene).
Appartengo
infatti a un terzo tipo di ladro: il robiniano.
Tanto
nobile da non essere neppure ladro, ma un paladino arturiano.
D’altra
parte Rinaldo non aveva notoriamente la mani lunghe?
Andiamo
avanti. Da sempre sono mosso da un sentimento di giustizia inestinguibile, e il
motto "ruba ai ricchi per donare ai poveri" significa al mio cuore
più di qualsiasi altra mozione dell'animo; il caso, tuttavia, (e qui, son certo,
i maligni insinueranno il coltello della maldicenza), vuole che il sottoscritto
si ricomprenda (per quelle giravolte della sorte su cui una pur ferrea onestà
d'intenti non ha presa) nella categoria dei poveri; quasi sempre, quindi, per
una spietata concatenazione logica a cui non sono in grado d'opporre sillogismi
validi, dono il bentolto a me stesso. Uno schema che applico anche ad altra e
volgare oggettistica (vestiti, granaglie, confetti, companatico, latte, scarpe,
carta moschicida), ma sempre in ossequio all'aurea legge summenzionata, da
robbing hood, la cui valenza, già eterna, riceve, in tempi d'austerità,
l'ulteriore sublimazione dell'afflato evangelico.
Ma
tali ultime minutaglie non servono che ai bisogni squallidi e ineludibili
dell'esistenza. È il libro, e solo il libro, a muovere il desiderio. Il libro,
il libro, il libro! Devo insistere? Quella regola è tale solo per il libro;
solo per noi, cacciatori di libri di un nuovo ordine: i robiniani, appunto.
Rubare
ai ricchi, grassi, bibliotecari, agli opulenti antiquari, ai fortunati e distratti
possessori di archivi patrizi per donare ai poveri: ovvero a noi, pauperisti
della copertina rigida e dell'edizione cucita.
Perché
noi, amanti del bello e del ricercato (ma, attenti!, non dell'inutile sfarzo)
dovremmo ridurci a godere di brossure e edizioni infami che, appena dischiuse,
s'arricciano come penne d'una gallina scarruffata?
Cosa?
Ladri? Giammai! Rifiuteremo sempre tale qualifica, come detto; sono l'amore e
il bisogno, come detto, a trascendere tale volgare qualifica e a nobilitarci
quali templari della parola scritta.
Chiarite
tali fondamentali differenze, la mia coscienza, ne son sicuro, ai vostri occhi
risulterà monda da qualsiasi senso di colpa; e il mio cuore vivificato da un
sentimento schietto ed equanime che rischiarerà il cammino della vita futura,
spesso incerto e accidentato: in ispecie di questi tempi bui e calamitosi.
Viceversa
sono stato vittima (vittima!) di furti, questi sì, odiosissimi:
Precetti di rettorica e
poesia dell'abate Antonio Adami (1800 circa; ah, che bella legatura!).
La
prima edizione italiana di Viaggio al
termine della notte (1933).
Il
primo volume de Le presenze invisibili.
Tutti i racconti di Philip K. Dick, edizione cartonata.
Tre
(diconsi tre) affronti che porto nel costato come un Cristo in Croce e che, al
solo ricordo, cominciano a pulsare quali cicatrici d'antiche pugnalate.
Che
dire? Nessuno me li potrà restituire. È vero che già da adesso sono in caccia
per procacciarmi una copia identica dei figli perduti, ma i nuovi arrivi saran
sempre figli bastardi, impossibilitati a sostituire loro, quei teneri
frugoletti strappati alla mia ala paterna, alla mia stessa carne!
Un
libro, infatti, pensateci bene, è unico.
Ogni
volume della biblioteca non è che il tassello di una vasta e complessa
costruzione: la nostra vita, in ultima analisi. E ognun d’essi risalta quale
segnalibro d'una stazione dell'esistenza, con il carico di storia che si porta
appresso.
Ogni
libro, per chi ama i libri, rimane insostituibile.
Devo
aggiungere altro? Chi ha subito lutti ... questi lutti ... ah, solo al
rimembrarli ho un groppo in gola ... ci si comprende, insomma. Chissà, magari
qualcuno di voi potrebbe aiutarmi a lenire
il dolore ... siete persone di buon cuore ... in caso positivo lasciate il
vostro recapito in calce. Sarò felice di recare visita a Voi e alla vostra
biblioteca ... senza impegno ... solo una conversazione fra amici ...
Un
saluto
Sincerely
yours
Tommaso
Nessun commento:
Posta un commento