Nebraska (2013)
Regia: Alexander Payne
Sceneggiatura: Bob Nelson
Interpreti: Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Bob Odenkirk, Stacey Keach
Patrizia Vincenzoni
Nebraska
e' l'ultimo film di Alexander Payne (che ha al suo attivo Election, About Schmidt, Sideways, Paradiso amaro):
un lungo viaggio in automobile che un padre e un figlio intraprendono dal
Montana fino al Nebraska, percorrendo quelle strade incorniciate dai
paesaggi rurali e brulli di vegetazione e di aggregati urbani, ai quali la
scelta di girare in bianco e nero si aggiunge come forte e determinante
elemento narrativo-visivo. Anche le esistenze ritratte, così anonime, sembrano
diventare elementi naturali e necessari di tali ambienti, tanto vi somigliano.
Payne ama rappresentare le vite ordinarie di figure umane anonime, sapendo
cogliere la malinconia di fondo e la staticità delle loro vite, affacciate
oltre i bordi della strada dritta che attraversa questi piccoli aggregati
urbani, che si ripetono uguali nelle costruzioni e nella logica toponomastica.
La demenza senile di cui soffre Woody, settantasettenne ex meccanico ex reduce
della guerra di Corea, e la sua irreale convinzione di possedere il
biglietto milionario vincente di una lotteria, diventano l'opportunità per
intraprendere il viaggio, un percorso all'indietro, per andare avanti, che
rispolvererà frammenti di memoria della vita vissuta da Woody,
esperienza che si rivelerà importante per Will, il figlio. Mettendosi nella
condizione di accontentare il padre, intraprende con lui questo tragitto
che lo distoglie da un'esistenza spenta e schiacciata sull'abitudine e sulla
incapacità a rischiare un benché minimo cambiamento.
Will, inoltre, riesce
a concedersi una tenerezza e un'attenzione verso il genitore che si muove in
modo confuso e disorientato, stabilendo con lui un rapporto più alla pari.
L'epicentro narrativo è proprio questo legame padre/figlio inteso come
possibilità di ricostruire trame di significato laddove non se ne trovavano,
celate da un mutismo affettivo che azzera specificità e uniforma le storie
personali e familiari. Questa possibilità si determina gradualmente,
mentre attraversano la distanza geografica fra i due stati, intervallo che ha
determinato una cesura mnestica non solo 'fisica' ma soprattutto simbolica. Il
passaggio ad Hawthorne, città dove Woody è vissuto e si è sposato prima di
trasferirsi in Montana, punto di giunzione che vede la moglie e l'altro figlio
raggiungerli, ci presenta l'incontro raggelante con il fratello e la sua
famiglia, ritratti nella loro immobilità, una fissità dei sentimenti che si
coniuga con la realtà dei luoghi e della storia comunitaria e familiare. Il
regista non rinuncia a miscelare, riuscendovi, aspetti malinconici e
un'ironia amara, sempre in equilibrio fra loro, mostrando inoltre gli aspetti
assurdi che fanno parte dell'ordinarietà delle situazioni umane
rappresentate. La sortita in macchina di Woody e dei suoi alla ricerca di ciò
che resta della casa natia, abbandonata e mai rivisitata, sottolinea
l'importanza di concedersi il ricordo e la memoria trasmessa come testimonianza
di ciò che è stato, dono che riattiva e solidifica il legame fra le generazioni,
dando al figlio la possibilità di immaginare e ricercare nuove e necessarie
prospettive personali.
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