Vi proponiamo la versione italiana di Failure, la poesia che dà il titolo alla raccolta con cui Philip Schultz ha vinto nel 2008 il premio Pulitzer. La traduzione è stata elaborata nel corso del Laboratorio, che in questo ciclo ha come oggetto appunto i testi del poeta statunitense. Il gruppo si incontra questo pomeriggio alle 18 da Plautilla (via Colautti 28-30). Qui il testo originale, preceduto da una breve nota di Fiorenza Mormile.
Per pagare il
funerale di mio padre
mi feci prestare
soldi da gente
cui lui già
doveva soldi.
Uno lo chiamò
una nullità.
No, dissi io, lui
era un fallito.
Nessuno ricorda
Il nome di una
nullità, perciò
sono chiamati
nullità.
I falliti sono
indimenticabili.
Il rabbino che
lesse un elogio di rito
su un uomo che
non apparteneva
e non credeva in
niente
era lui un
fallito e una nullità.
Non riuscì a
immaginare il figlio
e la moglie del
morto
umiliati da ogni
sua parola.
A capire che non
credere e non
appartenere
a niente
richiedeva una sorta
di fede e
spavalderia.
Uno zio, che
contava sulle dita
gli affari
falliti di mio padre-
un parcheggio che
allevava oche,
un motel che
arriffava lune di miele,
un bowling con
Mariachi itineranti-
non riuscì ad
amare e onorare suo fratello,
che gli aveva
insegnato a fischiare
di nascosto, a
rubare mele
con la destra o
la sinistra. In realtà,
mio padre era
comico.
I suoi orologi
pizzicavano, inciampava
nel risvolto dei
calzoni e russava
forte al cinema,
dove
la stanchezza
alla fine
lo vinceva. Lui
non credeva a:
risparmio
assicurazioni giornali
verdure bene e
male fragilità
I parenti ci
evitavano
come la peste.
Lasciai la città
ma non riuscii a
andare via.
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