Pochi oggi ricordano L'alcòva d'acciaio, romanzo futurista pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti poco dopo la fine della prima guerra mondiale che al libro stesso fa da sfondo. In questo 2014 che segna il centesimo anniversario dall'avvio del conflitto - un conflitto sanguinosissimo, la cui ombra lunga si è proiettata per tutto il Novecento, pubblichiamo oggi la prima pagina, a ricordo anche che di nuovo nel 2014 cadono settant'anni dalla morte di Marinetti.
Francesco Tommaso Marinetti
La sera del primo giugno 1918 nella baracca
dei bombardieri piantata spavaldamente a sghimbescio
sopra una cresta montana di Val d’Astico,
si mangiava e beveva allegramente. Le lunghe lunghe
forchette rosse del tramonto s’intrecciavano
con le nostre, arrotolando gli spaghetti sanguigni
e fumanti. Una ventina di ufficiali, tenenti,
capitani, colonnello Squilloni giocondo e pettoruto
a capo-tavola. Fame da bombardieri dopo una
giornata di lavoro duro. Silenzio religioso di bocche
che masticano preghiere succolente. Teste chine
sui piatti. Ma i più giovani non amano le pause,
e vogliono ridere, agire. Sanno la mia fantasia
feconda in beffe e mi eccitano con occhiate. C’è
troppo silenzio a tavola, e il buon dottore è troppo
gravemente assorto nel rito della pasta asciutta.
Con quattro bocconi io placo il mio stomaco poi
mi alzo e brandendo una forchettata di spaghetti,
dico ad alta voce:
—Per non impantanare la nostra sensibilità,
spostamento di due posti a destra, march!
Poi tirando su alla meglio piatti, bicchiere, pane, coltello, spingo brutalmente il mio compagno
di destra, che a malincuore cede, tira su tutto anche
lui e spinge a destra. I giovani, pronti, eseguiscono
l’esercizio, ma il dottore sbuffa, brontola,
grida. Lo sollevano di peso. Il piatto di maccheroni
gli si rovescia sulla giubba. Crollo di bicchieri
Inondazione di vino. Risate, urli, schiamazzo. Tutti
spingono il dottore, lo pigiano come l’uva. Schizzano
le sue urla.
Dominando il tumulto, io comando:
—Spostamento riuscito! Tutti seduti! Ma guai,
guai a chi lascia ancora impantanare la propria
sensibilità!... E tu, caro dottore, non dimenticare
che la più alta e preziosa delle virtù è l’elasticità.
Come potresti, senza elasticità, curare un bubbone,
un callo, una sifilide, una otite, o il rammollimento
di certi superiori? Con elasticità, abbiamo
abbandonato il Carso dopo Caporetto, abbiamo riso
mentre il cuore piangeva nella ritirata. Come potremmo,
senza elasticità, schiacciare il passatismo
austro-ungarico, rinnovare integralmente l’Italia
dopo la vittoria? T’impongo, caro dottore, d’interrompere
con elasticità futurista la tua spanciata
passatista!
Tutti ridono. Il dottore mi guarda spaventato.
Minacciandolo burlescamente, impongo:
—Per non impantanare la nostra sensibilità,
piatti e bicchieri nelle mani! Giro totale della tavola,
in corteo!
Il frastuono diventa infernale. Urti, scossoni,
«Basta!» «Finiamola!» pugni, capitomboli, «Accidenti!».
Vortice rullio e beccheggio. Ma i giovani
sono tenaci e con forza imprimono alla ressa
un giro tumultuoso intorno alla tavola. Piace molto
al colonnello il gioco bizzarro. Soltanto il dottore
non si diverte. Dov’è, il dottore? Dov’è?
Tutti lo cercano. E’ fuggito sulla terrazza col suo
piatto di pasta asciutta.
Fuori, fuori all’assalto! e si finisce il pranzo alla
rinfusa, sbandati, con grande scrosciar di risate
nella risata fulva del Tramonto, tutto nuvole di cristallo
incandescente, bottiglie spumeggianti d’oro,
cirri di porcellana viola affastellati, luminoso banchetto
aereo sospeso a picco sulla pianura veneta
crepuscolare.
I miei amici cantavano intorno al dottore l’inno
della burla futurista:
Irò irò irò pic pic
Irò irò irò pac pac
Maa — gaa — laa
Maa — gaa — laa
RANRAN ZAAAF
Uccidevano così le nostalgie.
Riviste Futuriste http://www.criticipercaso.it/2014/04/03/pablo-echaurren-marinettiano-chi/
RispondiElimina