San Silvestro – Arco di Travertino
Sembrava che ubbidisse a un comandamento di gioia
la folla
sull’autobus, quell’ampia vasca
di lamiere fosfate e ventricoli
in moto: all’interno
del parallelepipedo rosso e arancio
un volume variabile di estranea bellezza
era scosso all’unisono
a causa dei salti delle gomme sui dislivelli
dell’asfalto,
così dal fondo della carne umana affioravano i dettagli
della vita
che altrimenti scorre misteriosa – le unghie
quadrate e bianche di un ragazzo, la sciarpa
della ragazza con le scarpe rosse, qualche improvviso
rischiararsi del volto nascosto
da uno zainetto a fiori – e altre cose
improvvisamente evidenti
di corpi destinati a non conoscersi
ora emergevano dall’indistinto come sonagli
d’amor proprio
ma sopra tutto era la gentilezza
a rivelarsi, l’invincibile e definitiva
gentilezza umana
Maria Grazia Calandrone
Roma, all’improvviso, notte
buio improvviso. il sole
splende sui tetti e non al suolo. il giorno
si capovolge come uno scarabeo
d’oro. sfolgora il metallo delle gru,
i meccanismi e i giunti unti di sole
colano pioggia d’oro.
una grandine chimica, innaturale, incrina
il contratto sociale del cielo
con gli uomini. i palazzi di Roma popolare, della mia bella Roma
contro il sereno: un paradiso caduto
sotto la fiamma liquida del cielo. il cielo butta
da una piaga sulfurea
un rovescio squillante di gabbiani: un luccichio scontento
di ali fatte per capire il mare
batte
pochi metri più in alto
del suolo, quasi che le nuvole si siano chinate
a calare uno sconforto solo terrestre e l’azzurro ne resti tutto
indifferente, scosceso di luce
nel gelo imperscrutabile del padre
Maria Grazia Calandrone
Serata in ghetto (il Greco)
Il blu incastrato di lato nella notte
come un ala o un auto parcheggiata male
la bocca del divieto, tonda
e sbarrata, muta nel buio
come l’infrazione
un’auto blu sotto la lettera di dio sul sonno
del carabiniere, un’auto nera maritata al muro: sotto
c’è l’argine e poi il fiume
hai benedetto schiuma
sul fiume tossico
e furioso, basso nella sua corsa
come un topo, tu, luna del ghetto, e il disco
gemello del semaforo che è rotto, e il ponte
che per metà è in rovina. Tu splendi fino ai morti e sai cosa si lascia
vivendo: perciò ha un breve sorriso il tuo silenzio. Sai che la luce brilla
come il buio: perciò gli scemi la cercano
nel buio. Il Greco, il sopravvissuto, il mentitore
nel lungo viaggio dalla guerra a dove, a quale tempo imboscato
nella sera, a quale presente
o cronaca
o finzione
a quale topo annegato in questo fiume
Sonia Gentili
Porta Latina (i bastioni del mondo)
Nello sbiancato agosto, alti sul moto
cieco delle automobili, i bastioni
del mondo sono bianchi
bianchi essi soli, nel pallore
di stracci o metalli che tornano alla polvere
del sole, alti come il silenzio tra i tralicci, tra le braccia
morte dei lampioni, ed essi soli rifugio
degli uccelli, dei fatali ritorni
dalle guerre, dell’orina
preistorica di cani che fiutano presagi
di battaglie, dei volti asciutti
di antiche soldataglie che stanno ancora, invisibili, al piantone: morte
sentinelle che scrutano guerre
di polvere e luce
all’orizzonte
una colonna di polvere
e luce: il glicine
è lo scettro del balcone
prossimo al crollo
il viola quasi bianco del suo fiore annuncia
Porta Latina
il grande volto bianco della porta
rivolto all’orizzonte, a eterni fragori di luci
che sono polveri di morti, non sa che dalla sua bocca
vuota è sorta come un castello infero la strada: vuota
perché affollata di sepolture, di perdite
di attese
Porta Latina di polvere
e luce
Sonia Gentili
Questo testi introducono il tema che verrà trattato nel pomeriggio del 7 aprile 2014 dalle ore 17.00 da Plautilla nell'incontro del Laboratorio di Officina Poesia, come sempre coordinato da Sonia Gentili. Parteciperà Mariagrazia Calandrone.
Intorno alla tematica della città prenderà corpo il progetto collettivo finale dei Laboratori di Officina poesia 2014.
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